di
Luigi Zingales (maggio 2010)
Spesso le difficoltà
della vita allontanano anche le coppie più innamorate. Quando le differenze di
vedute diventano insanabili, a nulla serve ricordare l'amore che fu. Cercare di
attribuire la responsabilità del fallimento è controproducente. Non fa che peggiorare
le cose. Meglio una separazione consensuale e, come dicono gli inglesi, move
on.
Lo stesso vale per
l'euro. Fu un matrimonio d'amore. Contro il pessimismo della ragione, i padri
fondatori addussero l'ottimismo della volontà: la speranza (illusione?) che le
ovvie incompatibilità sarebbero state superate in corso d'opera. A chi (gli
economisti americani) diceva che l'area dell'euro non era fatta per avere una
sola valuta, si ribattè che parlavano per invidia o, peggio, per paura che
l'euro avrebbe un giorno soppiantato il dollaro.
Come in molte coppie, l'attrazione fatale nasceva dalla diversità. L'Europa del
Sud cercava un impegno esterno che le desse la disciplina monetaria e fiscale
che non era stata in grado di darsi da sola.
Il Nord dell'Europa sperava che il Sud con il matrimonio mettesse la testa a
posto ed evitasse, con le sue continue svalutazioni, di creare tensioni sul
mercato dei cambi e delle esportazioni. Come in molte coppie, quella diversità,
inizialmente così attraente, è divenuta insostenibile con gli anni.
La teoria economica suggerisce che per condividere la stessa moneta un'area
geografica deve soddisfare due condizioni. La prima è che abbia un'economia
relativamente omogenea, sottoposta agli stessi shock. Se parte dell'economia si
basa sul petrolio e parte su high tech, gli shock saranno molto diversi e la
politica monetaria che si addice a un'area non funzionerà nell'altra.
La seconda condizione, ancora più importante, è la mobilità interna. Se il
Texas (economia tradizionalmente basata sul petrolio) riesce a convivere con la
California (più basata sull'high tech) è perché i californiani si muovono
facilmente in Texas e viceversa, tanto che Austin (Texas) è diventata una delle
capitali dei personal computer.
Lo stesso non vale per l'Europa. Non solo il Nord dell'Europa, basato
principalmente sull'industria manifatturiera avanzata, è molto diverso
economicamente dal Sud, basato sul turismo. Ma la mobilità è molto limitata.
Quella poca che esiste è dal Sud verso il Nord, non viceversa.
Dall'introduzione
dell'euro il Sud ha avuto una crescita dei prezzi più elevata del Nord.
Paradossalmente questa crescita è stata "colpa" dell'euro.
L'introduzione di una moneta unica ha prodotto una riduzione dei tassi
d'interesse per i paesi del Sud Europa che ha favorito un boom immobiliare.
Fossimo stati negli Stati Uniti, gli abitanti del Michigan e del Minnesota si
sarebbero trasferiti in Florida e Louisiana. Così non è in Europa. I tedeschi e
gli olandesi in Grecia e Spagna ci vanno in vacanza, non a lavorare.
Il risultato di questa segmentazione è che i prezzi nel Sud Europa sono
cresciuti per molti anni più che nel Nord, senza che il mercato interno
costringesse a un reallineamento. Ora, finito il boom immobiliare, il Sud si trova
ad essere molto meno competitivo del Nord.
Senza l'opzione di svalutare, ci sono solo tre possibili forme di
aggiustamento. La prima è che i prezzi al Sud crescano meno dei prezzi al Nord.
Il problema è che, con la bassa crescita mondiale e la politica monetaria della
Bce, i prezzi al Nord difficilmente cresceranno più del 2 per cento.
Per recuperare differenziali del 20-30% (tali sono quelli dei paesi
meridionali) il Sud deve subire molti anni d'inflazione a tasso zero o peggio
di deflazione. L'elevato livello d'indebitamento privato di paesi come la
Grecia e la Spagna, però, rende questa deflazione estremamente costosa. Se i
prezzi scendono e il debito rimane fisso in termini nominali, ci saranno
fallimenti a catena. La crisi del governo greco "ce n'est qu'un
début": il problema si trasferirà presto al settore privato.
Un'alternativa è che i paesi del Nord accettino un livello d'inflazione più
elevato, rendendo possibile ai paesi del Sud di recuperare competitività senza
dover accettare una pericolosa deflazione. Ma questo equivale a chiedere al
proprio coniuge di non essere più se stesso per salvare il matrimonio. I
tedeschi non accetteranno. La loro condizione per l'unione era che la Bce
avrebbe seguito la stessa rigida politica monetaria della Bundesbank.
Quest'accordo è stato incorporato nei trattati e difficilmente potrà essere
modificato, soprattutto senza il consenso tedesco. E i tedeschi non vedono
perché debbano accettare l'odiata inflazione per rimediare agli errori altrui.
L'unica via d'uscita indolore sarebbe che il Sud Europa guadagnasse di
competitività rispetto al Nord aumentando la produttività. Ma questo richiede
riforme, tempo e investimenti. Se le ripercussioni della crisi greca possono
aver aumentato la pressione per le riforme, hanno ridotto drammaticamente il
tempo a disposizione e gli incentivi a investire. Quanti anni di disoccupazione
a due cifre sono disposti a sopportare greci e spagnoli?
La maggior parte degli economisti accetta quest'analisi: perfino il premio
Nobel Stiglitz, che non può certo essere accusato di essere un economista di
destra. Dove nasce il disaccordo è sul rimedio. Molti, tra cui Stiglitz,
sostengono che la soluzione alla crisi attuale è un'ulteriore integrazione
politica e fiscale. Certo che se il governo europeo potesse prendere a prestito
come tale e destinare le risorse raccolte al Sud, la crisi attuale potrebbe
essere alleviata.
Il ragionamento è corretto, ma solleva due grossi problemi. Il primo politico.
Politicamente non è facile spiegare ai tedeschi che devono indebitarsi
maggiormente (e quindi pagare maggiori tasse in futuro) per risolvere i
problemi dei loro cugini greci e spagnoli. Non lo può fare un governo
elettoralmente debole e diviso come quello della Merkel. Ma probabilmente non
potrebbe farlo neppure il governo del miglior leader tedesco.
Noi italiani, che viviamo in un paese che parla la stessa lingua e che, nel
bene e nel male, è unito da 150 anni, stiamo muovendoci verso il federalismo
fiscale, che contribuirà a ridurre i trasferimenti dal Nord al Sud. Come
possiamo aspettarci che le nazioni europee vadano in direzione assolutamente
opposta, nonostante la mancanza di una storia unitaria?
Il secondo problema è economico. I trasferimenti alleviano i problemi economici
nel breve periodo, ma non li risolvono. Anzi li cronicizzano. Grazie ai sussidi
le aree fuori mercato possono permettersi di rimanere tali, senza aggiustare i
prezzi. Il nostro Mezzogiorno ha un livello di prezzi superiore alla sua
produttività media. Sessant'anni di trasferimenti non hanno alleviato questo
problema, lo hanno trasformato in gangrena. Vogliamo forse meridionalizzare il
Sud d'Europa?
L'unica soluzione rimasta è riconoscere le differenze insanabili e spezzare
consensualmente l'area euro. In economia il male maggiore è l'incertezza. La
crisi greca ha seminato il dubbio che uno o più paesi possano uscire dall'euro.
Difficilmente tale dubbio potrà essere fugato. Ma il mercato non ha idea di
come tale uscita possa avvenire. Travolti dalla passione amorosa, i fondatori
dell'euro si rifiutarono di considerare una via d'uscita. L'euro, si diceva, è
irreversibile. Ma perfino la Chiesa, che non riconosce il divorzio, in
situazioni estreme ha una procedura per la separazione. Perché l'euro no?
Questa mancanza di regole sta gettando il panico nei mercati finanziari e
paralizzando gli investimenti. Chi uscirà per primo? Come verranno trattati i
contratti in euro di questo paese? Quali conseguenze avrà sugli altri paesi e
sulle loro banche? Una separazione pilotata e rapida sarebbe il male minore.
Creando due blocchi, ridurrebbe lo stigma su ogni singolo paese e consentirebbe
al Sud di continuare a detenere una valuta liquida. La svalutazione
dell'euro-sud rispetto all'euro-nord ridurrebbe il peso del debito pubblico e
privato e permetterebbe un recupero di competitività che rilancerebbe
l'economia. Eliminata l'incertezza gli investimenti riprenderebbero.
Inconcepibile? Perfino gli Stati Uniti lo fecero negli anni 30. Di fronte ai
costi economici e sociali prodotti dalla Grande Depressione, gli Stati Uniti
abbandonarono la parità aurea e trasformarono tutti i contratti scritti in
dollari-oro in contratti in dollari carta svalutati. Perché gli stati del Sud
Europa non dovrebbero abbandonare la parità con l'euro e trasformare i
contratti scritti in euro in contratti in uno svalutato euro-sud?
Una legittima passione per l'unità europea ha accecato i padri fondatori
dell'euro. Come due innamorati che sperano che il loro matrimonio eliminerà i
rispettivi difetti, i padri fondatori si sono illusi che l'Unione Europea
avrebbe creato lo spirito europeo. In verità, la libera circolazione delle
persone, le borse di studio Erasmus e l'uso sempre più diffuso dell'inglese
stanno lentamente formando uno spirito europeo.
Ma ci vorranno molti decenni, forse secoli, prima che un cittadino finlandese
consideri un greco alla stregua del suo vicino di casa. Più di un millennio di
divisioni non si cancella nello spazio di un decennio. Un'unione coatta non
aiuta l'economia, ma neppure le possibilità di un'unione futura. Per salvare lo
spirito europeo è meglio un divorzio consensuale, che preservi l'unione
economica senza forzare quella monetaria. L'alternativa, uno stillicidio di
litigi e recriminazioni, potrebbe essere devastante.