mercoledì 27 giugno 2018

Cala il Quoziente Intellettivo nell'uomo, generazione dopo generazione?



Un'inversione di tendenza iniziata negli anni '70

Secondo uno studio norvegese, fra i nati a metà degli anni '70 e i ragazzi nati nel 1991, dunque tra due generazioni, ci sono oltre 5 punti di differenza nel quoziente intellettivo a favore dei più anziani

18 giu 2018

Secondo uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica PNAS e condotto dal Ragnar Frisch, il norvegese Centro per la ricerca economica, il nostro quoziente intellettivo (QI), in barba al principio evolutivo, si sta riducendo di generazione in generazione, quantomeno a partire dagli anni ‘70. L’indagine che è pervenuta a questa conclusione è stata condotta, per circa 40 anni, su un vasto campione di dati riferiti al QI di giovani militari norvegesi.

I ricercatori hanno studiato i punteggi di alcuni test volti a stabilire il quoziente intellettivo di 730mila giovani uomini misurati in occasione della visita di leva per il servizio militare norvegese nel periodo che va dal 1970 al 2009. Il campione è stato suddiviso, relativamente all’età, in due sottogruppi: quello dei militari nati fra il 1962 e il 1975 e quello dei più giovani, nati fra il 1975 e il 1991.

E’ emerso che, in media, i valori del quoziente intellettivo dei membri del secondo gruppo erano più bassi di circa 7 punti. Secondo lo studio, fra i nati a metà degli anni ’70 (che oggi hanno 43 anni) e i ragazzi nati nel 1991 (che attualmente hanno 27 anni), dunque tra due generazioni, ci sono più di 5 punti di differenza. Si tratta di un’inversione di tendenza che riguarda gli ultimi anni; più di 30 anni fa, infatti, il ricercatore James Robert Flynn osservò quel fenomeno che successivamente prese il nome di effetto Flynn: l’aumento progressivo e costante, nella seconda metà del ‘900, del valore del quoziente intellettivo medio. A quel tempo l’incremento fu spiegato con i miglioramenti in ambito di salute, alimentazione ed educazione. Così, alcuni conclusero che si potesse progredire infinitamente sulla scala dell’intelligenza. Ora, invece, lo studio norvegese solleva il sospetto che si sia già raggiunta la vetta e sia iniziata la discesa.

Aspetto interessante, su cui si sono soffermati gli autori, riguarda il fatto che in media le differenze nel QI si manifestavano anche all’interno della stessa famiglia, dato che i figli minori hanno riportato punteggi inferiori rispetto ai fratelli più grandi. Questo dato, secondo i ricercatori, implicherebbe che sul fenomeno non pesano particolarmente fattori come la genetica o l’immigrazione, come sostengono altri studi. Al contrario, la spiegazione più probabile sarebbe che responsabili del calo intellettivo siano fattori ambientali esterni, fra cui peggiori sistemi scolastici, il declino dei valori educativi e l’uso crescente di televisione e media.


FONTE : PNAS
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