La meritocrazia in Italia esiste solo a parole
Il “meritometro” Forum della Meritocrazia fotografa un divario abissale rispetto al resto d’Europa
Fabrizio Patti, 26 feb 2015
Un nuovo indice misura la meritocrazia in Italia e toglie di mezzo un bella patina di melassa nella narrazione del nostro Paese. Siamo la peggiore delle nazioni europee monitorate dal “meritometro” del Forum della Meritocrazia, per almeno sette aspetti: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività dei talenti, struttura delle regole, trasparenza e mobilità sociale. Parole impegnative, che lo studio inquadra e definisce, assieme a una serie di parametri che sono stati adottati per misurare la loro applicazione in Italia. Le fonti sono autorevoli e vanno dall’Ocse all’Eurostat, dall’indice di Trasparency.org sulla corruzione al Glass Ceiling Index dell’Economist relativo alle opportunità per le donne.
Fonte: Forum della Meritocrazia. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui |
Non sono lontani solo i Paesi scandinavi, ma anche Spagna, Polonia e Francia
Se le fonti sono diverse, il risultato è negativo da tutti i punti di vista. Spagna, Polonia, Francia, Austria, per non parlare delle irraggiungibili Germania e dei Paesi scandinavi, sono lontani sia che si tratti di corruzione che della possibilità per chi viene da una famiglia povera di salire di livello nel grado di istruzione. Peggio ancora le cose vanno sul fronte delle pari opportunità soprattuto per i giovani, e su quello della “libertà”, concetto quanto mai ampio, che comprende anche il grado di apertura dei mercati, misurato dall’Index of Economic Freedom elaborato dall’Heritage Foundation con il Wall Street Journal. All’elaborazione hanno partecipato alcuni docenti, tra cui Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia nella Facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Milano (e blogger de Linkiesta), oltre a vari manager di aziende.
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Quel che preoccupa è che la situazione sta peggiorando, a dispetto di tutti gli annunci
Quel che preoccupa è che la situazione sta peggiorando, a dispetto di tutti gli annunci, spiega Giorgio Neglia, consigliere del Forum della Meritocrazia, research manager, esperto di formazione manageriale, docente presso la business school de “Il Sole 24 Ore”. «Pur essendo la prima edizione della ricerca - dice a Linkiesta - abbiamo avuto visione di dati precedenti: purtroppo nell’immediato passato la situazione è stata stazionaria e tendente al peggio. Per esempio, l’indice che misura la corruzione, di Transparency, è peggiorato».
La situazione è migliorata solo sul fronte dell’educazione, per il miglioramento sul fronte dei test “Pisa", anche perché gli insegnanti hanno capito come formare meglio gli studenti in preparazione del test.
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Neglia: «I giovani devono credere in una battaglia che riguarda soprattutto loro»
Nel complesso, però, aggiunge, «il risultato è stato negativo al di là delle peggiori aspettative». Per certi versi un risultato che fa buon gioco allo scopo dell’associazione: «I dati sono preoccupanti, vogliamo diffonderli per fare qualcosa. Faremo delle proposte ai policy maker. Se uno muove i vari parametri, si ottengono degli effetti sulla meritocrazia e, a cascata, sull’economia e poi sulla società. Bisogna far capire che questi ritardi non sono filosofia ma hanno un impatto diretto sulla nostra vita».
Il vero punto dolente sono i giovani, aggiunge: «Sono quelli che hanno il maggiore interesse che questa classifica migliori. Sono il capitale umano su cui investire, per questo sarebbe necessario insegnare a scuola una “educazione civica al merito”, spiegando che cos’è il merito e come si declina. Devono credere in una battaglia che riguarda soprattutto loro».
Tra le proposte avanzate dal Forum c’è un decalogo per la “meritocrazia nel cda delle imprese”
Tra le proposte avanzate dal Forum c’è un decalogo per la “meritocrazia nel cda delle imprese”, che viene sottoposto ai vari consigli di amministrazione per una sottoscrizione. È incentrato sulla trasparenza sui risultati e sul legame tra i risultati e l’elezione negli stessi cda. Una bestemmia in un Paese in cui nei cda si entra, oltre che come logico per il peso delle quote azionarie, perché si è membri della famiglia proprietaria o su nomina politica (soprattutto nel caso delle municipalizzate e altre partecipate pubbliche). Una seconda proposta sono gli incubatori di talenti nelle università. Gli approcci, spiega Neglia, cominciano a riguardare anche i partiti. «Abbiamo visto un’apertura bipartisan», racconta, anche perché «la meritocrazia non è di destra né di sinistra. O meglio, ha degli aspetti più di destra, come la valorizzazione del merito, e altri più di sinistra, come il tema delle pari opportunità».
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Se il presente è pessimo, e la tradizione non certo eccellente, che cosa possiamo aspettarci dal prossimo futuro? «L’anno prossimo ci aspettiamo che saremo più o meno allo stesso punto - risponde Neglia -. Ci potranno essere dei progressi sul fronte educativo, si spera non si peggiori su altri fronti. Per altri processi, i tempi richiesti sono più lunghi».
Neglia: «Il Jobs Act avrà un impatto sul merito indiretto, però può impattare positivamente sul discorso delle pari opportunità per i giovani»Il quadro del Forum della Meritocrazia non è raffigura però solo vacche nere in una notte buia. Anzi, su alcuni provvedimenti recenti del governo c’è attendismo, se non apertura: il Jobs Act e la Buona scuola. «Il Jobs Act avrà un impatto sul merito indiretto, però può impattare positivamente sul discorso delle pari opportunità per i giovani». Quanto alla riforma della scuola, «dobbiamo vedere come sarà. È stato criticato il modo in cui saranno inseriti 150mila docenti in ruolo, senza che sia rispettato un criterio meritocratico. Ma la riforma ha delle cose positive: il fatto che la scuola sia tornata al centro del dibattito, il fatto che siano coinvolti i docenti, i meccanismi futuri di selezione e premialità in base al merito. Ma bisognerà vedere quale sarà la concreta applicazione, sulla scuola così come sui fronti della corruzione e della trasparenza obbligatoria nella Pa. Dalle prime evidenze c’è più forma che sostanza».
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