domenica 19 febbraio 2017

Il mercato del lavoro in Italia: fotografia delle tre "società"



di Marco Mariani, 12 feb 2017


La figura dell’ "outsider" racchiude due destini opposti. 

Il primo ha il volto dello sconosciuto che irrompe all’improvviso in una competizione, nello sport come in politica, spariglia il campo degli avversari più titolati e diventa protagonista di un’avventura vincente. Il secondo è quello di chi vive ai margini dal circuito del successo, senza reti di sicurezza e opportunità di risalita.

Chi viene da fuori, incarnando un messaggio di fiducia. E chi resta fuori, arretrando sotto il peso della disillusione.

Nell’affresco dell’Italia tracciato nel rapporto della Fondazione Hume, non c’è traccia del “buon” outsider e della sua promessa di riscatto che si avvera. Tutta la ribalta è occupata da chi è imbrigliato in una condizione “out” e dal suo sogno infranto sulle macerie di un progresso che, per buona parte della popolazione, da tempo si è arrestato.

L’IDENTIKIT



Tra fuori e dentro, è soprattutto il mercato del lavoro a marcare oggi il confine della disuguaglianza. Come spiega l’analisi, il fenomeno centrale del nostro tempo, per il nostro Paese in particolare, è infatti «la formazione di un nuovo segmento sociale che, pur facendo parte della popolazione potenzialmente attiva in quanto disponibile a lavorare, vive una condizione di grave e radicale esclusione dal circuito del lavoro regolare».

La spinta della grande crisi

La nuova Italia che avanza è la Terza società, l’esercito degli esclusi: disoccupati, lavoratori in nero e persone inattive perché non vedono più un contesto propizio per cercare un’occupazione. Si contrappone alla Prima, quella dei garantiti (personale pubblico e dipendenti regolari di aziende medio-grandi). E alla Seconda, quella di chi è esposto alle incertezze del mercato (operai e impiegati di piccole aziende e lavoratori autonomi senza ammortizzatori sociali)

LA RADIOGRAFIA



La Terza società avanza perché, nel vortice della grande crisi che non sembra passare mai, le sue fila si sono rapidamente affollate. In sette anni, dal 2007 al 2014, la sua incidenza sul totale della forza lavoro è balzata, infatti, dal 22,5% al 29,9%,inghiottendo 2 milioni e 600mila nuove persone. La lieve flessione registrata negli ultimi due anni (28,7% nel 2016)non è sufficiente ad allontanare in modo netto il numero degli esclusi da quota 9 milioni, praticamente un terzo della forza lavoro.

Questo segmento sociale si concentra soprattutto nel Mezzogiorno, dove la sua incidenza nel 2014 era del 45,8% soprattutto per la forte diffusione degli inattivi disponibili a lavorare. Nel Nord-Est, invece, sono i lavoratori irregolari la parte più consistente degli esclusi, mentre nel Nord-Ovest pesa la disoccupazione.

La politica sotto scacco

Un’Italia divisa in tre mondi, ciascuno dei quali non se la sta passando bene. Se quello emergente - la Terza società - è portatore di un segnale di acuto malessere, gli altri due vedono assottigliarsi i ranghi e indebolirsi il loro ruolo sociale. Sia con l’erosione di protezioni di lunga data. Sia con la perdita di forza economica.

La Prima società ha visto uscire circa mezzo milione di persone tra il 2008 e il 2014. Il personale della Pa, che ancora nel 2014 contava oltre 3 milioni di individui, sta registrando un declino lento, dall’11,8% della forza lavoro nel 2001 al 10,1% nel 2014.E ancora, sotto la spinta della crisi, i dipendenti privati tutelati dallo Statuto sono scesi dal 26,5% del 2007 al 23,9 per cento.

Quanto alla Seconda società, la sua componente più estesa è rappresentata dal lavoro autonomo: conta più di 5 milioni, circa il 17% delle forze lavoro. Ebbene, sono bastati dieci anni,dal 2004 al 2014, perché la sua consistenza si riducesse del 7,2% con una perdita di oltre 410mila unità. Ciò che più conta, tra il 2009 e il 2014 i redditi di lavoro autonomo sono scesi del 28% circa, molto di più di quello che è avvenuto per quello dipendente (-8%).

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La Terza Società


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