domenica 5 febbraio 2017

Il futuro: allo studio una interfaccia cervello-computer...



Un’interfaccia cervello-computer è riuscita a decifrare i pensieri di quattro persone incapaci di muovere anche gli occhi. E nonostante la loro condizione estrema hanno risposto di essere felici

di Cristina Marrone, 1 feb 2017

Leggere nel pensiero può sembrare cosa da fantascienza e forse (per fortuna) non si arriverà mai a farlo come ce lo immaginiamo. Ma qualcosa di simile potrebbe rivelarsi rivoluzionario per quei pazienti completamente paralizzati, definiti dalla scienza locked-in, letteralmente «chiusi» nel loro corpo. Non sono in grado neppure di muovere gli occhi, non possono comunicare in alcun modo con il mondo esterno. Ma sono coscienti, sono in grado di pensare e si presume desiderino farsi capire. Ora una nuova interfaccia cervello-computer è stata utilizzata per leggere il pensiero di quattro pazienti che hanno potuto rispondere a domande di base con un sì o con un no. Addirittura un padre, alla domanda della figlia se poteva sposare il suo amato, ha risposto no. Lo studio, pubblicato su Plo sBiology è stato condotto su pazienti malati di SLA da un team internazionale guidato da Niels Birbaumer del Wyss Center per la Bio e Neuroingegneria di Ginevra.

Come funziona

Da tempo la ricerca sta tentando di tradurre l’attività del cervello in segnali, oltrepassando il sistema nervoso danneggiato e i muscoli. Ed esistono vari sistemi di interfaccia cervello-computer per compiere semplici azioni come prendere un oggetto o mangiare una mela muovendo gli arti con la sola «forza del pensiero» o scrivere con la mente. Si è sempre pensato che i pazienti «locked-in» non avessero abbastanza capacità di concentrazione per utilizzare questo genere di sistemi. Ma questa nuova ricerca sembra dimostrare il contrario. Ai pazienti sono state poste alcune semplici domande di vita quotidiana e dovevano rispondere pensando per alcuni secondi «sì» oppure «no». Mentre i pazienti pensavano la risposta un computer rilevava le loro risposte misurando i cambiamenti di ossigenazione del sangue e di conseguenza il colore del sangue interpretando il segnale come un «sì» o come un «no». Le domande erano del tipo: «Il nome di tuo marito è Joachim?». Il sistema ha raggiunto una precisione del 75%. Le domande erano poste più volte per essere certi della risposta del paziente. In un caso, come detto, una figlia voleva la benedizione del padre totalmente immobile, prima di sposare il suo fidanzato. Ma otto volte su 10 la risposta è stata no. «Non sappiamo perché ha detto no - ha detto alla Bbc il professor Ujwal Chaudhary, uno dei ricercatori, ma naturalmente si sono sposati, nulla può mettersi in mezzo all’amore».

Pazienti «felici»

La sorpresa più grande per i ricercatori è stata che alla domanda «sei felice?» tutti e quattro i pazienti hanno risposto di sì. Il professor Niels Birbaumer, che ha guidato lo studio, spiega così la risposta affermativa: «Tutti e quattro avevano accettato la ventilazione artificiale pur di continuare a vivere. A una persona normale certe condizioni appaiono intollerabili, ma anche un piccolo miglioramento della qualità di vita come quello di poter interagire con i familiari per queste persone costrette all’immobilità è vissuto in modo molto positivo. Per questo credo che se questa tecnica potrà essere sviluppata potrà avere un grande impatto sulla qualità della vita di questi pazienti».

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