Da OrticaLab
di Franco Genzale, 30 mar 2018
Provate a mettervi nei panni di tre persone, tre irpini, tre dirigenti storici della Cgil della provincia di Avellino, tre padri di famiglia con mogli e figli a carico, che un bel giorno, all’improvviso, a quanto pare senza una benchè minima motivazione d’una qualsiasi consumata o consumabile indegnità, si vedono recapitare la lettera di licenziamento - non dal solito datore di lavoro brutto, sporco e cattivo – ma da un “padrone” atipico dal quale mai e poi mai ti saresti aspettato una cosa dal genere: un “padrone” che ha le sembianze del segretario generale della Cigl irpina, Franco Fiordellisi
Buongiorno, amici e lettori di Orticalab.
Secondo voi, le cose virgolettate che leggerete da qui a due righe potrebbe mai averle dette – chessò – un Sergio Marchionne (Fiat Chrysler), un Vincenzo Boccia (Confindustria nazionale), oppure, per restare dalle nostre umili parti, un Pino Bruno (Confindustria irpina)?
Leggiamo insieme.
- “Sono ben consapevole che oggi per voi e per le vostre famiglie non è un giorno felice come invece dovrebbe essere (è il Primo Maggio 2017, ndr)….La scelta della K -Flex di chiudere la procedura e mandare lettere di licenziamento è una dimostrazione di arroganza ma anche di impotenza da parte del Governo e del Mise…Saremo con voi domani e dopodomani e finché ci sarà da lottare per trovare una soluzione. Rinsaldiamo questo legame e questa promessa”. (Primo Maggio 2017).
- “Le crisi aziendali sono tante e sono di aziende importanti….Qualunque caso prendiamo, sono le prime crisi in cui misuriamo gli effetti della legge delega sul lavoro, che avendo tolto gli ammortizzatori determina che questi processi partano direttamente con i licenziamenti collettivi senza la possibilità di costruire tempi e processi, organizzazione, riconversione per i lavoratori senza dargli prospettive”. (14 ottobre 2014).
- “Non abbiamo mai fatto mistero di voler abolire il Jobs Act, però io credo che il tema sia la prospettiva. Noi abbiamo presentato una proposta che è la carta universale dei diritti del lavoro e crediamo che quella sia la direzione. Avere dei diritti in capo alle persone che lavorano, qualunque sia il loro contratto e la loro condizione di dipendenza. Più le divaricazioni sono nel lavoro e più la distanza tra i cittadini e la politica diventerà esplicita”. (24 marzo 2018).
No, no, amici e lettori di Orticalab.
Quelle tre cose non possono averle dette né Marchionne, né Boccia, né Bruno. Quelle tre cose le ha dette, con tanto di motivazioni ideologiche e ideali annesse, una Signora di Sindacalista che si chiama Susanna Camusso, leader della Cigl. La quale può piacere o meno, può essere con divisibile o non, ma di sicuro è una che fermamente crede in ciò che dice.
Tanto premesso, provate a mettervi nei panni di tre persone, tre irpini, tre dirigenti storici della Cgil della provincia di Avellino, tre padri di famiglia con mogli e figli a carico, che un bel giorno, all’improvviso, a quanto pare senza una benchè minima motivazione d’una qualsiasi consumata o consumabile indegnità, si vedono recapitare la lettera di licenziamento - non dal solito datore di lavoro brutto, sporco e cattivo – ma da un “padrone” atipico dal quale mai e poi mai ti saresti aspettato una cosa dal genere: un “padrone” che ha le sembianze del segretario generale della Cigl irpina, Franco Fiordellisi.
Non era mai accaduto prima in Italia. Di provvedimenti disciplinari estremi ce ne sono stati anche in casa Cgil. Ma quando si è verificato, si è certamente trattato di sanzioni inevitabili per la gravità dei fatti accertati. Mai a causa della “necessità di riorganizzazione interna” dovuta alle “mutate condizioni del mercato del lavoro nonché della conseguente riduzione dei tesserati e quindi delle entrate”.
Per carità: se i conti non tornano, qualche provvedimento bisogna pure assumerlo. Ma perché – viene spontaneo chiedersi – quando in questo stato di necessità si trovano i “padroni” propriamente detti” si alzano le barricate, si grida allo scandalo, si sfoglia con la puzza sotto il naso il Capitale d’un tal Karl Marx, e invece tutto diventa burocraticamente normale, politicamente corretto, quando il sindacato, la Cgil in particolare, è “parte” e non “controparte”?
La lettera di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” reca la data del 7 marzo 2018. E’ un preavviso: 90 giorni prima come da norma. Tutt’e tre i licenziati, veterani della Cgil, fanno parte dell’”Area Politica non Elettiva”. Mai nessuna ombra – vale sottolinearlo – sulla estrema correttezza e dedizione del loro impegno lavorativo. Tre dirigenti storici, con famiglie a carico, due dei quali monoreddito.
Per di più, tutt’e tre in età “critica”: non più giovani per aspirare ad inserirsi con qualche seria probabilità di successo nel mondo del lavoro, non anziani abbastanza per potersi traghettare verso il pensionamento con il supporto di validi ammortizzatori sociali. Un dramma nel dramma, insomma, che molto probabilmente avrà come epilogo una dura vertenza sindacale all’interno del sindacato.
Fa specie leggere, nel preavviso di licenziamento, espressioni come questa: “...Dunque l’impossibilità per la scrivente di potere far fronte alla sensibile riduzione dell’entrate, ha determinato la necessità di dover procedere in via definitiva alla soppressione della Sua figura, aal solo fine di evitare ulteriori disagi nella organizzazione del lavoro, non potendola collocare in mansioni diverse”.
“Soppressione della Sua figura...”. Fa un certo effetto, bisogna convenire, leggere un’espressione del genere in una lettera firmata da un sindacalista. Certo, lo impone il burocratese. Ma quanta durezza in quel sostantivo così lontano da una pur labile concessione di speranza: soppressione, un colpo alla tempia, qui e subito. Tre famiglie sul lastrico sono roba da poco. O no?
E tutti i discorsi della buona tradizione culturale cigiellina, che fine hanno fatto. E quelle parole di Susanna Camusso agli operai della K – Flex il Primo Maggio 2017: “Saremo con voi domani e dopodomani e finché ci sarà da lottare per trovare una soluzione”?
Fa specie anche l’ultimo passaggio di quella lettera di preavviso: “...Si ricorda che la soppressione delle mansioni quale presupposto del licenziamento rientra nelle prerogative datoriali in merito alla gestione dell’organizzazione aziendale. Nel caso specifico, peraltro, si ribadisce che la riorganizzazione è stata determinata dall’andamento negativo del mercato del lavoro e del tesseramento...La ringraziano della Sua collaborazione...”.
Proprio così: arrivederci e grazie. Fosse una lettera firmata da Marchionne, da Boccia o da Bruno, nessuna meraviglia: il cinismo è la “valuta” del capitale. Ma scritta dalla Cgil, diciamolo, fa un certo effetto.
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