Da Wired
Vediamo insieme come farsi un’idea di quanto sia difficile essere colpiti da una stazione spaziale che precipita. Spoiler: è molto difficile
di Massimo Sandal, 30 mar 2018
Un palazzo celeste (questa la traduzione del nome cinese della stazione spaziale Tiangong-1) cadrà sulla Terra intorno a Pasqua. Di prassi, il rientro di satelliti e stazioni spaziali è controllato da Terra affinché cadano in pieno oceano, senza danneggiare nessuno.
In questo modo si gestiscono centinaia di rientri l’anno.
In questo caso non è possibile: nel 2016 la Cina ha confermato di aver perso ogni contatto con Tiangong-1, e non ha quindi modo di controllarne la traiettoria.
Come accade per tutti gli oggetti in orbita bassa, l’orbita della stazione spaziale quindi si è lentamente abbassata, frenando contro gli strati più alti dell’atmosfera che, per quanto rarefatta, fa sentire il suo effetto anche a 300 chilometri di altitudine. Quando infine scenderà sotto i 78 chilometri, l’aria è abbastanza densa da surriscaldare e frantumare il relitto in una sorta di spettacolare pioggia di stelle cadenti, sparpagliando detriti lungo un’ellisse lunga anche centinaia o migliaia di chilometri.
Lo spettacolare rientro del veicolo spaziale Atv-1 sopra il Pacifico, che serviva a portare rifornimenti alla Stazione spaziale internazionale.
Quanto è probabile che ci caschi addosso un pezzo di Tiangong-1, allora?
È notoriamente difficile prevedere esattamente dove cadrà un satellite in decadimento orbitale non controllato. Pochi minuti di errore, a quella velocità, possono voler dire migliaia di chilometri di incertezza. (Qui vi raccontiamo come seguire in tempo reale dove si trova Tiangong-1)
Per farci un’idea del rischio però basta prendere carta e matita – e avere qualche dato elementare a disposizione.
Fermo restando che quanto segue è tutto tranne che un calcolo esatto.
Tiangong-1 innanzitutto non è un palazzo, è grande circa come uno scuolabus: è un cilindro di 10,4 metri di lunghezza per 3,35 di diametro. In più ci sono i pannelli solari. Ne viene una superficie di circa 150 metri quadrati. Assumendo che si rompa in pezzi piccoli, in media, 10×10 centimetri, abbiamo 15mila frammenti. 15mila proiettili spaziali.
Schema di Tiangong-1 (Wikimedia Commons)
Ma quanto è facile che ci colpiscano? Per valutare quanto è grande il bersaglio, un essere umano in piedi in media espone un’area di circa 0,1 metri quadri. La Terra ha una superficie di circa 510.000.000.000.000 metri quadri. L’area a rischio – che fino a pochi giorni fa, nel caso di Tiangong, era circa l’intera fascia tra il 43esimo parallelo Nord e il 43esimo paralleo Sud (ovvero, in Italia Tiangong-1 non può cadere più a Nord di Piombino o San Benedetto del Tronto. Se abitate al Centro-Sud, e se questo articolo proprio non vi convince, organizzate una gita pasquale nella Pianura Padana). Si tratta comunque di circa due terzi del pianeta.
Dobbiamo ora calcolare la probabilità che, in questa enorme fascia, proprio una ben precisa area di soli 0,1 metri quadri – quella occupata dal sottoscritto a passeggio, per esempio – venga colpita da un frammento. Per avere un’idea delle proporzioni, è circa come un granello di polvere che deve colpire un altro specifico granello di polvere, in un’area grande più o meno il doppio di Parigi.
Calcolatrice alla mano viene 15.000 / ( 2/3 · 510.000.000.000.000 / 0,1) · 100 = 0,00000000044 % – una probabilità di 1 su 230 miliardi.
Ovviamente si tratta di una stima del tutto rudimentale.
Ma il vantaggio delle stime di questo tipo (dette stime di Fermi, dal fisico italiano che era assai capace in tali esercizi) è che spesso gli errori tendono (grosso modo!) a cancellarsi. Per esempio abbiamo preso in considerazione solo la superficie esterna di Tiangong-1, mentre c’è da considerare tutto l’interno, quindi i frammenti possono essere di più. Viceversa però una buona parte dei frammenti della stazione spaziale brucerà nell’atmosfera: di norma dal 10 al 40% del satellite raggiunge la superficie. Vedremo fra poco di quanto abbiamo sbagliato.
Naturalmente si possono fare stime serie, ma allora diventa molto più complesso da calcolare, come mostrano i metodi di analisi della Nasa. Chi fa modelli di questo tipo tiene conto della densità di popolazione nell’area coinvolta e come varia (un conto è cadere nell’oceano o nel Sahara, un altro in piena Europa o Cina). Va valutata la dimensione dei detriti che arriveranno a terra, la loro forma, e il materiale che li compone, il che dipende dall’oggetto e dalla sua composizione (qui un esempio di modelli sul tema). Infine quante persone sono a rischio in un determinato momento: quanti sono in un edificio? Quanti in automobile (che possono subire gli effetti di frammenti grandi ma non di frammenti piccoli)? Quanti sono seduti o in piedi (cambia l’area esposta, e quindi la probabilità)? Infine, c’è da tenere conto del possibile rimbalzo dei frammenti.
Calcoli di questo tipo confermano che la probabilità di trovarsi un frammento di Tiangong-1 sul collo sia veramente minuscola – e secondo l’Agenzia spaziale europea, ancora più piccola di quella che abbiamo provato a stimare a spanne all’inizio: 10 milioni di volte più improbabile di essere colpiti da un fulmine durante l’anno, il che significa circa una su 7mila miliardi (abbiamo sbagliato di un fattore 30: non troppo male visto quanto era grezza la valutazione!).
Un altro rischio di cui non abbiamo parlato ma che i modelli tengono in considerazione è quello che un frammento colpisca un aereo in volo: il rischio annuale è di circa 1 impatto ogni 3.300 anni– anche qui, possiamo stare tranquilli.
Ovviamente il fatto che qualcosa sia estremamente improbabile non significa che prima o poi non accada.
Esiste a oggi una singola persona che può raccontare di essere stata colpita da un frammento di spazzatura spaziale: Lottie Williams di Tulsa, Oklahoma. Il 22 gennaio 1997, la signora Williams venne colpita da un frammento di metallo, grosso circa come un dvd, probabilmente detrito di un razzo Delta II. Nessuna ferita, neanche un graffio. Arrivò a Terra talmente piano che Williams avvertì giusto un piccolo colpetto, come qualcuno che le toccasse la spalla. Secondo l’Aerospace Corporation, il rischio totale di morti e feriti da rientro di detriti spaziali è circa di una vittima ogni secolo: per intenderci, è dieci volte il rischio medio da impatto di meteoriti…
Se un domani Tiangong-1 si dovesse frantumare proprio sul Sud Italia, quasi certamente nessuno si farà male. Qualcuno però potrebbe incocciare tempo dopo in un rottame passeggiando per la campagna. E questo potrebbe essere il vero rischio (sebbene comunque molto remoto), come fa notare anche la Protezione civile. I resti della stazione spaziale cinese infatti possono contenere idrazina – un propellente chimico infiammabile e estremamente tossico: può danneggiare praticamente tutti gli organi: fegato, reni, sistema nervoso centrale, polmoni, milza, tiroide, pelle ecc. Una curiosità: l’idrazina è anche coinvolta nella tossicità di alcuni funghi velenosi come le false spugnole. Se quindi avete l’eccezionale occasione di incocciare in un rottame spaziale, resistete alla tentazione di avvicinarvi e toccarlo, ma avvertite la Protezione civile.
Ma se il rischio è così piccolo, perché siamo qui a discuterne? La risposta è che noi esseri umani siamo scarsi nel valutare oggettivamente i rischi. Un problema che diventa serio quando si vuole parlare di salute. È il motivo per cui, per esempio, alcuni temono più i vaccini delle malattie da cui proteggono, benché sia l’esatto contrario. O per cui abbiamo più facilmente paura dell’aereo che di salire su un’automobile, benché il rischio sia maggiore in auto. Tutto ciò che è incerto, su cui non abbiamo alcun controllo e di origine artificiale, tende a essere percepito come più rischioso di quanto non sia in realtà. Lo spettacolare schianto di una stazione spaziale tocca tutti questi punti. Viviamo quindi il nostro brivido, serenamente.
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