Da Google ad Amazon, le big tech contro il remote working: la rivoluzione è già finita?
La sede di Google a Berlino - TOBIAS SCHWARZ/AFP via Getty Images |
Dipendenti negli uffici di Google a New York City – Spencer Platt/Getty Images |
Lavorare da casa, o comunque da remoto in qualsiasi città del mondo, resterà invece un’ipotesi irrealizzabile per la maggior parte dei dipendenti di Google. In una lettera inviata ai dipendenti la settimana scorsa, il capo del personale Fiona Cicconi ha rivelato la prossima strategia di Big G: dal primo settembre partirà ufficialmente il piano di rientro in ufficio. Chi vorrà lavorare da remoto per più di 14 giorni all’anno dovrà presentare formale richiesta, per un periodo fino a 12 mesi, e solo le istanze presentate da chi dimostrerà di trovarsi in “circostanze eccezionali” saranno accolte. “Crediamo fermamente che vedersi di persona, stare insieme, avere un senso di comunità sia molto importante quando si devono risolvere grandi problemi e creare qualcosa di nuovo. Ma pensiamo di aver bisogno di creare più flessibilità e più modelli ibridi”, ha spiegato il ceo Sundar Pichai. In ogni caso i dipendenti di Google dovranno risiedere “a breve distanza” dagli uffici, cioè in località raggiungibili con uno spostamento da pendolari. Vale a dire che, anche se ci sarà maggiore flessibilità rispetto al pre pandemia, molti di loro dovranno rientrare in ufficio, dove troveranno “molte cose diverse da come le ricordate”, ha spiegato Cicconi, ma anche “pasti, snack e altri benefit” per rendere più agevole il rientro, come la campagna Dooglers che consente ai lavoratori di portarsi dietro il cane.
Un approccio in controtendenza rispetto agli annunci di altre big tech, o forse no. Prendiamo a esempio il caso delle dichiarazioni di Jack Dorsey, fondatore di Twitter, che lo scorso maggio aveva annunciato che i dipendenti del social cinguettante avrebbero potuto “lavorare da casa per sempre”. Parole che molti avevano visto come il manifesto di una nuova Silicon Valley, con uffici popolati solo da una piccola parte di dipendenti essenziali e una forza lavoro completamente “agile”, distribuita in tutto il mondo. Come osserva la Bbc, in realtà le frasi usate da Dorsey e da altri dirigenti, se analizzate con attenzione, raccontano un’altra storia. Lo stesso numero uno di Twitter ha infatti precisato che potranno lavorare da casa i dipendenti che si trovano “in un ruolo o in una situazione che glielo permetta”: una clausola non da poco.
Il cofondatore e ceo di Twitter Jack Dorsey – PRAKASH SINGH/AFP via Getty Images |
Lavoro da remoto – Sean Gallup/Getty Images) |
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