Antitrust: “Scardinare potentati economici e lobby, danneggiano economia”
Nella relazione annuale al Parlamento il presidente
dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha attaccato il
"capitalismo di relazione".
Cioè l'intreccio tra potere economico, politica e
pubblica amministrazione, che crea rendite di posizione e genera spesa pubblica
improduttiva aumentando le disuguaglianze.
Spesso però è la legge stessa a
falsare la concorrenza attribuendo privilegi ingiustificati: è il caso di Poste
Italiane e Telecom.
Poi le richieste al governo: riordino "radicale" delle
società pubbliche, riforma della legge sul conflitto di interessi e del mercato
della Rc auto, interventi per ridurre costi dei conti correnti.
E un aumento
degli investimenti nella banda larga, fondamentali per la crescita
Roma, 14 lug 2014
Il capitalismo di relazione “danneggia la parte vitale e competitiva
dell’economia italiana”, favorendo “l’espansione della spesa pubblica” in alcuni
casi “diretta a soddisfare gli interessi particolaristici delle lobbies e dei
cacciatori di rendite”. Le società pubbliche vanno riformate in maniera
“radicale”. La legge sul conflitto di interessi è “insufficiente” e “va
riformata”. Così come il mercato della Rc auto, “dove i prezzi per le polizze
pagati dai consumatori sono tra i più alti d’Europa e la mobilità degli
assicurati da una compagnia all’altra è particolarmente bassa”. Ma servono
interventi anche per ridurre ulteriormente i costi dei conti correnti e ridurre
i tempi necessari per chiuderli. Mentre vanno favoriti gli investimenti
nella banda larga, che sono “fondamentali per la crescita”. Sono solo alcune
delle indicazioni che l’Antitrust ha indirizzato al Senato durante la relazione
annuale tenuta dal presidente Giovanni Pitruzzella.
Giovanni Pitruzzella, Antitrust |
Che ha anche annunciato i risultati dell’attività dell’authority: tra
2013 e 2014 sono state comminate sanzioni per comportamenti
anticoncorrenziali e pratiche commerciali scorrette per un valore di oltre 314
milioni di euro.
Intrecci perversi tra pubblico e privato
per soddisfare “cacciatori di rendite e lobby” – Parlando ai
senatori, Pitruzzella ha descritto il circolo vizioso che implacabilmente avvita
l’Italia nella bassa crescita e rende quasi impossibile, per chi può contare
solo sulle proprie capacità e i propri meriti, migliorare la propria posizione
sociale. Esiste un “capitalismo di relazione”, ha spiegato, “basato
sull’intreccio tra pochi grandi potentati economici, sulle loro
relazioni con il potere politico e amministrativo, sulla ricerca delle ‘rendite
di posizione’”. Un modello che “si basa sui privilegi, piuttosto che sui meriti,
aggrava le diseguaglianze, rende la società chiusa, statica,
poco aperta alla concorrenza e all’innovazione”, sacrificando “l’aspirazione
degli individui di poter migliorare la loro posizione sociale, esclusivamente in
virtù dei loro meriti”. Insomma, “pregiudica quella particolare forma di
eguaglianza che è l’eguaglianza delle opportunità”. E in tal
modo ”danneggia la parte vitale e competitiva dell’economia
italiana”. Non solo: questa distorsione, a sua volta, causa una
“espansione della spesa pubblica improduttiva,
diretta a soddisfare gli interessi dei cacciatori di
rendite e delle
lobbies. Anche per questa via si è creato
quell’enorme debito pubblico che costituisce un
grande ostacolo alla crescita economica ed un fardello ingiustamente caricato
sulle nuove generazioni”. Per questo è assolutamente necessario “scardinare”
questo sistema economico malato e smascherare i
meccanismi ”complessi” che favoriscono “intrecci perversi tra
pubblico e privato”.
Un quadro foschissimo, ma Pitruzzella invita anche a non fare di ogni
erba un fascio. E in coda al ragionamento fa intravedere una
speranza: ”Etichettare l’economia italiana, nel suo complesso, come
esempio di chrony capitalism (capitalismo di relazione, appunto, ndr)
sarebbe ingiusto per quella gran parte di imprese italiane che competono con
successo sui mercati internazionali, che sono capaci di essere leader
nell’innovazione, per le tante che hanno saputo superare la crisi e per quelle
che hanno sofferto anche a causa di un ambiente giuridico-istituzionale poco
amichevole. Piuttosto, il capitalismo di relazione costituisce una componente
del complessivo sistema, che danneggia la parte vitale e competitiva
dell’economia italiana”. L’impegno dell’Antitrust, allora, “si è concentrato, e
continuerà a concentrarsi, su quei settori in cui più forte è stata la presa del
capitalismo di relazione e nei quali da una corretta dinamica concorrenziale c’è
da attendersi una spinta alla competitività ed alla crescita. Si tratta di
settori più volte indicati dalla Commissione europea: energia, trasporti,
servizi, comunicazioni elettroniche, commercio online e servizi
finanziari”.
Gli abusi di Poste, Telecom e
Aeroporti di Roma. Con il concorso del legislatore -
“Soprattutto negli ultimi tempi”, ha detto Pitruzzella, “si
riscontra una notevole sensibilità da parte degli ex monopolisti nei confronti
dei valori della concorrenza a condizione che ci siano regole certe, chiare e
prevedibili”. Ma “talora esistono ancora privilegi attribuiti da norme di legge
che la falsano”. Come dire: la colpa, più che dell’ex monopolista che ci marcia,
è del legislatore. Che continua ancora oggi ad avvantaggiare in maniera indebita
gruppi come Poste e Telecom Italia. Il
successore di Antonio Catricalà alla guida dell’authority ha
fatto esempi circostanziati. ”Esiste una norma”, ha ricordato, “che
riguarda Poste italiane e dà luogo a un vero e proprio privilegio fiscale:
l’esenzione dei pagamenti dell’Iva sui servizi postali che, pur rientrando nel
servizio universale, vengono negoziati individualmente dalla
società. La nostra autorità ha ritenuto che la norma violasse il
diritto europeo come interpretato dalla Corte di giustizia e perciò l’abbiamo
disapplicato; il Tar ha confermato la nostra decisione e adesso aspettiamo la
decisione del giudice d’appello”. In altri casi, come da copione, “l’ex
monopolista ha sfruttato la sua posizione dominante nel mercato per impedire la
penetrazione di operatori alternativi”. Il riferimento è a Telecom Italia e alla
sanzione da 104 milioni di euro comminata per aver “abusato della propria
posizione nella fornitura dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete locale e
alla banda larga ostacolando l’espansione dei concorrenti” in quei mercati. Nel
settore dei servizi aeroportuali, poi, l’autorità è intervenuta nei confronti di
Aeroporti di Roma (gruppo Benetton) “per fermare il tentativo del gestore
aeroportuale di sfruttare la propria posizione dominante richiedendo
corrispettivi per servizi non resi e ostacolando l’offerta di servizi innovativi
in danno dei consumatori”. Adr aveva richiesto a Hertz Italia
(autonoleggio), dalla quale percepiva un canone fisso e royalty legate al
fatturato, anche “corrispettivi ulteriori” per servizi di autonoleggio offerti
dalla stessa società al pubblico tramite internet e svolti al di fuori dell’area
aeroportuale.
E anche la pa concede privilegi.
Il caso dell’autotrasporto – Privilegi ad alcune imprese
piuttosto che ad altre sono stati peraltro riconosciuti anche dalla Pa: questo,
ammonisce Pitruzzella, non deve più accadere. “Tante volte i privilegi e le
condizioni di favore per certi operatori economici sono stati consacrati in atti
di amministrazioni pubbliche. Contro questi atti è intervenuta l’Antitrust
grazie ai nuovi poteri che le sono stati attribuiti”, ha ricordato. Emblematico
è il ricorso proposto dall’Autorità contro le determinazioni del ministero dei
Trasporti che “continuano a mantenere sostanzialmente un’artificiosa fissazione
dei prezzi minimi per le attività di autotrasporto: sulla vicenda si pronuncerà
a breve la Corte di Giustizia europea”.
Il nodo Rc auto: “Prezzi tra i più alti d’Europa,
serve riforma” – “L’Antitrust ritiene ormai necessario un
intervento di riforma nel mercato delle assicurazioni per la responsabilità
civile derivante dalla circolazione di auto e moto”, si legge nella relazione.
“I prezzi per le polizze pagati dai consumatori sono tra i più alti d’Europa e
la mobilità degli assicurati da una compagnia all’altra è particolarmente
bassa”. Parola dell’authority che solo una
settimana fa aveva messo nel mirino anche i contratti di assicurazione
sottoscritti dalla pa, evidenziando come le procedure di gara siano a dir poco
carenti sul fronte della concorrenza.
J’accuse alle banche: “Ancora alti
i costi dei conti correnti. E troppo lunghi i tempi per chiuderli”
- L’Authority, si legge nella relazione, ha anche condotto
un’indagine sui costi dei conti correnti bancari. Risultato: “nonostante
l’evoluzione competitiva del settore registrata negli anni più recenti,
sussistono ancora ostacoli al pieno dispiegarsi della concorrenza nel settore
che impediscono una riduzione dei prezzi a vantaggio del consumatore finale e un
aumento della mobilità della domanda”. I risparmi ottenibili passando da un
conto all’altro dimostrano che “ci sono ancora spazi per ridurre i costi dei
conti correnti. Si tratta, tuttavia, di spazi che i risparmiatori non riescono a
sfruttare, perché privi delle informazioni necessarie che vanno invece rese
disponibili da parte delle banche, anche introducendo vincoli normativi e
regolatori. L’Autorità ha anche sottolineato l’opportunità di intervenire sulle
lentezze incontrate nella chiusura di un conto per aprirne un altro: per quanto
i tempi si siano ridotti, è emerso, infatti, come sia sufficiente avere una
carta di credito o la Viacard per vederli dilatare anche fino a 37 giorni.
Vanno, infine, scissi i legami tra conti correnti e altri prodotti”. Per
aumentare la concorrenza, il legislatore dovrebbe in definitiva “migliorare il
grado di trasparenza delle informazioni, tagliare il legame esistente tra conto
corrente e altri servizi bancari e ridurre i tempi di chiusura del conto”. Punti
sui quali l’Autorità ha già “formulato suggerimenti puntuali e proposto
possibili soluzioni”.
Internet non sia un far
west – Tra le nuove priorità dell’azione dell’Antitrust a tutela
dei consumatori c’è anche l’e-commerce, settore nel quale si possono annidare
“nuove forme di sfruttamento del consumatore”. Pitruzzella ha ricordato i 160
casi di oscuramento di siti che vendevano prodotti contraffatti e le istruttorie
nei confronti dei big del web (Google, Apple, Amazon, Gameloft, Tripadvisor e
Groupon), riconoscendo che “l’e-commerce offre straordinarie possibilità di
crescita economica” ma “internet non può tramutarsi in un Far West dove tutto è
consentito”.
Il “capitalismo municipale” blocca lo
sviluppo. Riformare la disciplina dei servizi pubblici
locali – “Occorre procedere ad un’opera di riordino
radicale delle società pubbliche, prevedendo
dismissioni o comunque l’impossibilità di rinnovare gli affidamenti per quelle
società che registrano perdite o forniscono beni e servizi a prezzi superiori a
quelli di mercato”. Secondo Pitruzzella “non solo la crescita a livello locale,
ma anche lo sviluppo di utilities che potrebbero produrre ricchezza per il
Paese, sono, in tanti casi, bloccati dal capitalismo municipale, basato sulla
connessione tra apparati e società da essi controllate o partecipate che erogano
servizi pubblici o attività strumentali”. “Sembrano altresì maturi – conclude il
numero uno dell’Antitrust – i tempi per inserire nell’agenda delle riforme la
disciplina dei servizi pubblici locali, superando l’approccio tradizionale
basato su un modello generale ed elaborando discipline particolari adeguate alla
natura dei diversi servizi, in modo da aprire spazi alla concorrenza in quegli
ambiti in cui non trova giustificazione tecnica il mantenimento di diritti di
esclusiva, e valorizzando negli altri casi la concorrenza per il
mercato”.
Separare
nettamente banche e fondazioni e troncare i “legami personali tra istituti”
attraverso i vertici – Per quanto riguarda le banche, secondo
Pitruzzella, è urgente separare in modo più netto le fondazioni dagli istituti
ed estendere ”il divieto di detenere partecipazioni di controllo in società
bancarie anche ai casi in cui il controllo è esercitato, di fatto,
congiuntamente ad altri azionisti”. “Occorre continuare il processo di rescissione dei legami personali
tra diversi istituti, avviato, su suggerimento dell’Autorità, con l’introduzione
del divieto di interlocking directorates”. Cioè la norma, introdotta dal governo
Monti, per cui i vertici di banche e assicurazioni non possono esercitare
cariche analoghe in imprese concorrenti. Sembra scontato, ma non lo era affatto.
E’ in seguito a quel “divieto di cumulo” che Giovanni Bazoli,
presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, ha dovuto
uscire da Ubi (ma
secondo la procura di Bergamo, che lo ha indagato per indagine alle funzioni di
vigilanza, avrebbe continuato a pilotarne le nomine), Alberto
Nagel, ad di Mediobanca, ha lasciato la vicepresidenza
di Generali, e Ennio Doris
(Mediolanum) è stato a sua volta costretto a dire
addio a Piazzetta Cuccia. Mentre Carlo Pesenti, per restarci,
diceva addio a Unicredit.
Ma, appunto, non basta. Ora, ha detto Pitruzzella, “va realizzato un
rafforzamento della separazione tra fondazione e banca conferitaria, estendendo
il divieto di detenere partecipazioni di controllo in società bancarie anche ai
casi in cui il controllo è esercitato, di fatto, congiuntamente ad altri
azionisti”. E il divieto di interlocking va reso effettivo anche
per le fondazioni. Il presidente dell’Antitrust ha citato il caso
di Unipol-Fonsai, nel quale “le misure imposte hanno comportato la rescissione
dei legami finanziari, azionari e personali con alcuni tra i principali gruppi
bancari e assicurativi del Paese”.
Le multe per violazioni della
concorrenza e pratiche commerciali scorrette – Nel 2013
l’autorità ha irrogato sanzioni pari a 112.873.512 euro per comportamenti
anticoncorrenziali, mentre per i primi sei mesi del 2014 il bilancio è di
184.528.819 euro. In sede di accertamento di pratiche commerciali scorrette sono
state invece comminate multe per 9.253.000 euro nel 2013 e per 8.198.500 nei
primi sei mesi del 2014. Il totale ammonta a oltre 314 milioni di euro.
Riformare la legge sul conflitto di
interessi – Pitruzzella ha avvertito che “273 decisioni hanno
riguardato l’applicazione della legge sul conflitto di interessi dei membri del
Governo, la cui insufficienza abbiamo segnalato al Parlamento con la relazione
semestrale inviata a dicembre del 2013, in cui ribadivamo la necessità di una
riforma della materia”. Insomma: quella legge è insufficiente e va riformata.
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