Da IlSole24Ore
di Davide Colombo, 8 set 2016
I primi giorni di agosto l'Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) in un focus sulla flessibilità pensionistica lo ha spiegato chiaramente: per evitare che l'Ape, l'anticipo pensionistico allo studio del Governo, impatti sull'indebitamento netto dei prossimi anni dovranno essere rispettate tre condizioni. La prima: le norme non dovranno prevedere alcun obbligo per i lavoratori interessati, le banche o le assicurazioni coinvolte nel meccanismo del prestito assicurato. Due: lo Stato non dovrà assumere direttamente alcuna funzione assicurativa diretta (né sull'ipotesi di pre-morienza né per i casi di insolvenza dei beneficiari). Infine il sostegno pubblico previsto per i pensionati più bisognosi non dev'essere incondizionato ma sottoposto a verifiche annuali.
Una rendita prima della pensione
Aumentare la flessibilità di uscita senza toccare i requisiti di legge (e quindi la spesa pensionistica) impone il massimo di creatività. Ed è per questo che oltre all'anticipo pensionistico con finanziamento bancario assicurato rimborsabile in vent'anni, l'Ape appunto, si metterà in campo anche Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata, che consentirà di percepire la rendita prima della pensione obbligatoria. Si partirebbe dai lavoratori rimasti senza contratto e che a gennaio hanno i requisiti per l'accesso all'Ape, ovvero 63 anni e almeno 20 di contributi versati. Ma la misura è stata annunciata come stabile, una sorta di prestito ponte cui i lavoratori che hanno aderito a un fondo pensione possono accedere per garantirsi un reddito nei due o tre anni di attesa della pensione di base.
Le agevolazioni fiscali
L'anticipo con Rita sarebbe agevolato fiscalmente, visto che il prelievo sostituivo è del 15% massimo e del 9% minimo (con un decalage dello 0,3% l'anno per ogni anno di adesione al fondo pensione superiore ai 15 anni). Attualmente se un lavoratore chiede un anticipo della rendita ha un prelievo del 23% se la motivazione è diversa da quella per cure sanitarie o il finanziamento dell'abitazione principale (casi in cui la tassazione è al 15%). Mentre se la rendita complementare si prende con la pensione di base la tassazione è quella Irpef e dipende dallo scaglione di reddito di appartenenza. Morale: arriva una flessibilità anche sul secondo pilastro che rende più conveniente, per chi ancora non lo ha fatto, optare per un'adesione a un fondo.
Facciamo un esempio: se un lavoratore ha ancora 10 o 15 anni davanti prima dei requisiti di pensionamento può decidere a questo punto di destinare il suo Tfr a un fondo negoziale sapendo che potrà avere la rendita anticipata su cui contare in caso scegliesse un ritiro anticipato di un paio di anni o tre.
Le altre novità in vista
In attesa delle conferme di questa Rita stabile in legge di Bilancio, entro i primi di ottobre dovrebbero arrivare altre due novità interessanti per i lavoratori che non hanno mai fatto la scelta di aderire a un fondo complementare. Nel ddl Concorrenza all'esame del Senato ci sono due misure sul tema: 1) la possibilità di accedere in via anticipata alla rendita per i disoccupati di lungo corso (almeno 24 mesi); 2) la facoltà di destinare anche solo una parte del Tfr alla previdenza complementare sulla base di intese collettive.
Se Ape e Rita servono per finanziarsi un ritiro anticipato fino a 3-3,7 anni, le altre misure al vaglio dei tecnici e che verranno presentate in forma definitiva nei prossimi giorni ai sindacati potrebbero garantire uscite flessibili a platee con storie contributive diverse e complesse. Ricordiamole per sommi capi.
Ricongiunzioni - Attualmente per chi ha versato i contributi previdenziali in più gestioni c'è la possibilità di ricongiungerli in una sola andando in pensione con le regole e il trattamento economico applicate dalla gestione in cui viene fatto confluire tutto. Operazione che però comporta oneri fino a 30-40mila euro per il lavoratore, sulla base di età, reddito e contributi da “spostare”. Il governo sta valutando l'ipotesi di renderla gratuita, sia per il trattamento di vecchiaia che per quello anticipato. Si tratterebbe di un'opzione con caratteristiche simili in parte al cumulo e alla totalizzazione già esistenti.
Precoci - La cancellazione della pensione di anzianità e l'adeguamento dei minimi contributivi e anagrafici introdotti nel 2012 hanno penalizzato i lavoratori precoci, quelli che hanno iniziato l'attività prima di aver raggiunto i 18 anni di età. L'intervento al quale sta lavorando il governo prevede il riconoscimento di un bonus sui contributi di 3 o 4 mesi per ogni anno di lavoro svolto da minorenni. A oggi questi lavoratori possono accedere alla pensione anticipata con regole standard che attualmente richiedono almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall'età.
Usuranti - Il governo, anche attraverso alcune semplificazioni, punta a rendere più facile l'accesso alla pensione per chi svolge attività particolarmente pesanti o lavora di notte (attività complessivamente indicate come “usuranti”). Per essi è possibile andare in pensione con il sistema delle “quote”, cioè la somma di età e contributi (quest'anno la quota dev'essere almeno di 97,6 con una soglia minima di 61 anni e 7 mesi e almeno 35 anni di contributi). I paletti da rispettare sono tali da disincentivare questa soluzione, anche perché a volte si arriva prima alla pensione anticipata “standard”.
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