Storia di un padre e delle sue gemelle, Elena e Silvia, che studiano a Maastricht e in Scozia via da un Paese in cui è stato rubato loro il futuro
di Marco Ventura, 8 ott 2016
Mi dice Elena che lo scorso anno, all’appuntamento degli studenti italiani a Maastricht in Olanda erano in 20, quest’anno in più di 100. Statisticamente, il dato conta poco. Si tratta solo di una singola cittadina olandese. Ma Elena, mia figlia, 19 anni, al secondo anno di Studi internazionali all’University College di Maastricht (UCM), dal quale usciranno per metà diplomatici, per l’altra metà eurocrati, cioè funzionari europei, non rientra negli oltre 107 mila italiani espatriati nel 2015 e censiti dal rapporto Migrantes.
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Temo che il numero sia di gran lunga superiore, considerando quanti ancora non si sono registrati. Elena è solo una goccia di quel fiume di italiani fuori dall’Italia che non sono la generazione Erasmus (6 mesi di scambio tra Università europee, poi di nuovo qui), ma generazioni di connazionali, di nostri figli, che mossi dal desiderio di maggiori opportunità lasciano la casa, la mia casa, la loro città, la mia città, il loro e mio paese. E vivono stabilmente fuori dai confini nazionali.
Elena mi racconta che il rettore della sua Università va la domenica in biblioteca a distribuire biscotti agli studenti che preparano gli esami. Due anni fa, insieme a Silvia, l’altra mia figlia (sono gemelle), Elena era andata all’orientamento della Sapienza di Roma, dov’era atteso il rettore. Che non si è fatto vedere.
Silvia, anche lei, ha lasciato l’Italia. Studia filosofia e psicologia a St. Andrews, in Scozia, e appena arrivata ha indossato il mantello rosso dell’Università e insieme a studenti di tutto il mondo ha fatto il “Pier Walk”, la camminata in cima allo stretto molo teso a strapiombo sul Mare del Nord come iniziazione alle tradizioni universitarie e ingresso nella comunità di studenti.
Poi ha conosciuto la sua “famiglia accademica”, composta da allievi del terzo anno che hanno il compito di introdurla al mondo universitario e cittadino. È continuo il suo contatto con il tutor, un professore, e col titolare della cattedra, e se supera i punteggi più alti le arriva una lettera del preside o rettore che si congratula e la incoraggia.
Per aprire un conto in banca ha vantaggi speciali, più sconti dappertutto, dai negozi ai musei, e l’edificio della Union, l’associazione studentesca, è un intero isolato nel quale trova assistenza per organizzare viaggi, spese, feste, studi, perfino il sabbatico, un anno di giro del mondo.
Lo studente è un re, a St. Andrews, perché è il futuro. E loscambio culturale è planetario, perché dall’America all’Asia passando per l’Europa l’offerta universitaria in Scozia attrae ragazzi di ogni lingua ed etnia.
A St. Andrews gli studenti dell’Unione europea non pagano la retta (a eccezione degli inglesi), solo vitto e alloggio. Alla fin fine, costa meno mantenere un figlio che studia nella prima Università scozzese (e terza assoluta in Gran Bretagna ma prima per molte materie) che non nelle migliori Università private italiane, comunque in basso nelle classifiche mondiali.
A Maastricht, l’UCM che pure è un Ateneo a numero chiuso, non costa di più. La sua sede è dentro un monastero e una chiesa sconsacrati, in biblioteca non si può accedere dall’ingresso principale dopo una certa ora ma soltanto da una porta laterale pernon disturbare nidi di uccelli e lucertole, e gli studenti se vogliono passeggiano nelle ore libere fuori in un parco, tra oche e cerbiatti.
Se sei studente dell’UCM e decidi di frequentare per 6 mesi un’altra Università con la quale c’è interscambio nel mondo, perdi punti perché l’UCM si considera la migliore. Quanto a St. Andrews, c’è un fiorire di società filosofiche, scientifiche, sociali, di scrittura creativa...
Per chi vuole intraprendere la carriera universitaria, la prospettiva è quella di cominciare a guadagnare dopo il baccalaureato, la laurea breve, e le mie figlie mi dicono che l’età media dei loro professori (molto quotati) è bassissima rispetto ai nostri ordinari. A trent’anni, se lo meriti, sei già un luminare.
Quando la Gran Bretagna ha votato per la Brexit, a St. Andrews l’Ateneo ha mandato subito una lettera agli studenti stranieri per ribadire che è stato preso un impegno con loro, che le rette non saliranno e che non cambierà nulla. Perché gli studenti sono quanto di più prezioso ci sia nella società. L’assicurazione sul futuro. In fondo, si tratta per i britannici di mantenere anche un grande business. Nulla di ciò che fanno è in perdita. Anzi.
Mi fa orrore pensare che tutto questo sia impensabile e impossibile da noi, e che i miei soldi debbano andare all’estero per sovvenzionare un sistema che trarrà dalla competenza delle mie figlie tutti i vantaggi, ma non per l’Italia. Perché io lo so già, che molto probabilmente Silvia ed Elena non torneranno più, non saranno messe nella condizione di tornare.
Vuoi per mancanza di opportunità nella ricerca, vuoi per scarsità di gratificazioni economiche. So che continueranno ad amare l’Italia, anzi sempre di più, ma sempre più da lontano. Come un sogno, un rifugio, una villeggiatura. Come la terra dei padri. Come da sempre per i nostri migranti in cerca di fortuna. In Italia, la mia generazione e le precedenti hanno rubato il futuro ai nostri, ai miei, figli. E non c’è perdono per questo “delitto perfetto”.
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Secondo il rapporto Migrantes si sono trasferiti all'estero
nel 2016 oltre 100mila connazionali: un flusso in crescita che riguarda
soprattutto i giovani
Sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015 secondo l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire): un numero superiore a 6.232 unità rispetto all'anno precedente, per un incremento del 6,2%.
A fare le valige sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni , 39.410 persone, e il 36,7%) dei nuovi emigranti.
La meta preferita rimane la Germania (16.568), che precede in termini di numero di italiani residenti la Svizzera, la Francia, l'Argentina (oltre 700 mila italiani residenti, +26%), il Brasile, ilBelgio, mentre tra le regioni che hanno subito un travaso più consistente di emigranti verso i Paesi stranieri, ci sono - anche per ragioni demografiche - la Lombardia - con 20.088 unità nel 2015 - e il Veneto, con 10.374 persone che hanno scelto di andarsene.
Ma sono soprattutto le regioni meridionali quelle che, in rapporto alla popolazione, conoscono il travaso più consistente: sono meridionali il 50% degli italiani residenti all'estero.
Il rapporto si chiama Italiani nel mondo 2016 ed è stato presentato oggi a Roma dalla Fondazione Migrantes: un rapporto che è - secondo gli estensori della ricerca - la spia di un depauperamento progressivo del nostro Paese che riguarda - a differenza delle grandi ondate migratorie degli inizi del 900- tutte le fasce sociali, dagli studenti ai ricercatori fino ai tradizionali lavoratori manuali, ma principalmente i millenials, i giovani nati nel nuovo secolo che, spesso, quando l'emigrazione è dovuta a ragioni di studio, scelgono come meta preferita la Gran Bretagna.
C'è un altro fenomeno inedito però che riguarda gli italiani emigranti: quello dei “doppi migranti”, coloro che sono arrivati in Italia da altri Paesi, si sono fermati almeno dieci anni acquisendo la cittadinanza e poi decidono di partire per cercare fortuna altrove. Per lo più sono persone originarie del Bangladesh. La loro meta prediletta è ancora il Regno Unito.
Nel complesso, il conteggio dei connazionali residenti all'estero ha raggiunto al 31 dicembre 2015 quasi quota cinque milioni, un dato che rispetto all'anno precedente è più alto del 3,7 per cento. Significa che poco più di un italiano su 12 è emigrato. Un dato cui deve aggiungersi un'altra percentuale di chi parte per non tornare più: il saldo migratorio tra chi rimpatria e chi parte, che era rimasto quasi costante nel primo decennio del millennio, sta subendo una brusca virata in negativo. Un altro elemento che fa temere un progressivo impoverimento del nostro Paese.
Il rapporto Italiani nel Mondo 2016 by cidigi on Scribd
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