Da ComputerWorld Italia
di Aldo Ascenti19 mag 2015
Il successo troppo rapido può dare alla testa, e come una boy band che litiga di fronte ai primi grossi guadagni, spezzando il cuore alle fan, anche il team originario di Arduino continua a darsele di santa ragione.
Con la differenza che il litigio rischia di far perdere, alla sempre più grande community di sviluppatori open source, qualcosa di ben più importante e duraturo di una manciata di motivetti orecchiabili.
Il mancato accordo sullo sfruttamento del marchio tra la società originaria Arduino Llc, creata nel 2008, e la Arduino Srl che faceva capo al socio dissidente Gianluca Martino, sta infatti arrivando all’epilogo, proprio mentre il mercato dell’Internet of Things si accinge a decollare, e i concorrenti, nazionali come STmicroelectronics o internazionali come Samsung, si moltiplicano. Da qui la decisione di Massimo Banzi e soci di liberarsi della zavorra e cambiare il nome alle schede in ‘Genuino’, abbandonando quello del bar di Ivrea da cui tutto ha avuto origine nell’ormai lontano 2005.
Riassunto delle puntate precedenti
Per tirare le fila di una vicenda resa ancora più confusa dalle lungaggini della giustizia italiana e dalla complessità del diritto internazionale, si potrebbe dire che alla base di tutto c’è la diversa concezione del business tra Banzi e Martino. Il primo ha sempre considerato l’hardware poco importante, rispetto al valore della creazione di un’infrastruttura di servizi, anche in cloud, e di supporto alle imprese e agli sviluppatori, al di là di quella che poteva essere la natura hobbistica del progetto iniziale. Martino aveva invece come riferimento la fabbricazione delle schede, stampate attraverso la sua Smart Project Srl che da quest’anno ha cambiato nome in Arduino srl.
La prima crepa nel sodalizio degli ex amici della scuola d’Ivrea si forma nel 2008, quando i buoni risultati suggeriscono la creazione di una società internazionale, in cui i soci avrebbero dovuto riversare i diritti del marchio. Registrando il brand Arduino negli Stati Uniti si apriva così la possibilità di lasciare la produzione dell’hardware a chiunque, incassando le royalties e concentrandosi sul supporto e i servizi a valore aggiunto. Tutti sembravano d’accordo con l’iniziativa, ma Banzi e i suoi soci scoprirono ben presto che la società di Gianluca Martino si era già intestata il marchio in Italia senza farne parola con nessuno. Malgrado la fiducia incrinata, il gruppo ha continuato a lavorare insieme per qualche anno, durante i quali, secondo il racconto dello stesso Banzi, ci sarebbero stati numerosi infruttuosi tentativi per convincere Martino a cedere i diritti del nome.
Oggi la situazione è diventata insanabile, e vede contrapposte la Arduino Llc, di Banzi e gli altri co-fondatori, a cui fanno riferimento il portale arduino.cc e la community originaria, e la Arduino srl che nel frattempo Martino ha venduto, con il sito, simile nella grafica, arduino.org, stampato anche sulle schede attualmente prodotte in Italia.
In attesa che le due cause civili, in Italia e USA, arrivino a decretare torti e ragioni in punta di diritto, la società di Banzi (di cui Martino resta comunque socio al 20%) stava perdendo gran parte della produzione delle schede.
Da qui la decisione di accelerare la rinascita con un nuovo nome, annunciata a New York nel corso dell’evento Maker Faire, durante il quale è stata presentata anche la partnership con l’americana Adafruit per la produzione dell’hardware.
Il mancato accordo sullo sfruttamento del marchio tra la società originaria Arduino Llc, creata nel 2008, e la Arduino Srl che faceva capo al socio dissidente Gianluca Martino, sta infatti arrivando all’epilogo, proprio mentre il mercato dell’Internet of Things si accinge a decollare, e i concorrenti, nazionali come STmicroelectronics o internazionali come Samsung, si moltiplicano. Da qui la decisione di Massimo Banzi e soci di liberarsi della zavorra e cambiare il nome alle schede in ‘Genuino’, abbandonando quello del bar di Ivrea da cui tutto ha avuto origine nell’ormai lontano 2005.
Riassunto delle puntate precedenti
Per tirare le fila di una vicenda resa ancora più confusa dalle lungaggini della giustizia italiana e dalla complessità del diritto internazionale, si potrebbe dire che alla base di tutto c’è la diversa concezione del business tra Banzi e Martino. Il primo ha sempre considerato l’hardware poco importante, rispetto al valore della creazione di un’infrastruttura di servizi, anche in cloud, e di supporto alle imprese e agli sviluppatori, al di là di quella che poteva essere la natura hobbistica del progetto iniziale. Martino aveva invece come riferimento la fabbricazione delle schede, stampate attraverso la sua Smart Project Srl che da quest’anno ha cambiato nome in Arduino srl.
La prima crepa nel sodalizio degli ex amici della scuola d’Ivrea si forma nel 2008, quando i buoni risultati suggeriscono la creazione di una società internazionale, in cui i soci avrebbero dovuto riversare i diritti del marchio. Registrando il brand Arduino negli Stati Uniti si apriva così la possibilità di lasciare la produzione dell’hardware a chiunque, incassando le royalties e concentrandosi sul supporto e i servizi a valore aggiunto. Tutti sembravano d’accordo con l’iniziativa, ma Banzi e i suoi soci scoprirono ben presto che la società di Gianluca Martino si era già intestata il marchio in Italia senza farne parola con nessuno. Malgrado la fiducia incrinata, il gruppo ha continuato a lavorare insieme per qualche anno, durante i quali, secondo il racconto dello stesso Banzi, ci sarebbero stati numerosi infruttuosi tentativi per convincere Martino a cedere i diritti del nome.
Oggi la situazione è diventata insanabile, e vede contrapposte la Arduino Llc, di Banzi e gli altri co-fondatori, a cui fanno riferimento il portale arduino.cc e la community originaria, e la Arduino srl che nel frattempo Martino ha venduto, con il sito, simile nella grafica, arduino.org, stampato anche sulle schede attualmente prodotte in Italia.
Nuovo nome per ritrovare l’indipendenza
In attesa che le due cause civili, in Italia e USA, arrivino a decretare torti e ragioni in punta di diritto, la società di Banzi (di cui Martino resta comunque socio al 20%) stava perdendo gran parte della produzione delle schede.
Da qui la decisione di accelerare la rinascita con un nuovo nome, annunciata a New York nel corso dell’evento Maker Faire, durante il quale è stata presentata anche la partnership con l’americana Adafruit per la produzione dell’hardware.
Massimo Banzi durante una conferenza del 2010 (credits Arduino Tinkering) |
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