«Boom di corruzione con Serravalle»
22 feb 2014
É una montagna di soldi, il totale dei danni che le amministrazioni pubbliche in Lombardia hanno subito per effetto di corruzione e sprechi, e di cui nell'ultimo anno i colpevoli sono stati chiamati a rispondere: 179 milioni di euro cui la Corte dei conti ha iniziato a dare la caccia, senza illudersi di recuperarli tutti, ma nella speranza di impedire ai colpevoli di godersi in pace il maltolto.
É una cifra enorme soprattutto se confrontata all'anno precedente: erano stati solo 11 milioni nel 2012. Il procuratore regionale della Corte dei conti della Lombardia, Antonio Caruso, nel suo discorso di ieri non ha fornito l'elenco dettagliato delle vicende e degli appalti che hanno portato a dissipare il malloppo, ma ha indicato il buco più profondo scavato nelle casse degli enti locali lombardi: l'affare Serravalle, l'operazione di acquisto delle azioni dell'autostrada deciso dalla Provincia di Milano, che da solo - tra esborsi inutili della Provincia e svalutazione delle quote in mano al Comune - avrebbe provocato un danno di oltre cento milioni.
Fu, come è noto, una operazione fortemente voluta dal Partito democratico, e in primis del leader indiscusso del Pd milanese, il presidente della provincia Filippo Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni. Secondo le indagini della procura di Monza, che per questo ha portato Penati sul banco degli imputati, non fu un caso di incapacità ma di corruzione: dal gruppo Gavio, che cedette le sue quote alla Provincia ad un pezzo robustamente gonfiato, si sdebitò a suon di tangenti, utilizzate per finanziare la campagna elettorale di Penati. Sono passati anni, ma solo ora quei nodi vengono al pettine, e solo ora la Corte dei conti può chiedere ai responsabili di risarcire il danno.
Fu un caso episodico, l'affare Serravalle, o la prova che a vent'anni dall'inchiesta Mani Pulite il sistema della tangente è ancora radicato e diffuso quanto prima? Secondo il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, i paragoni con il passato sono improponibili: «Sono convinto che i fenomeni di corruzione purtroppo continuino ma non c'è più quel sistema corruttivo che Mani Pulite aveva smontato. Oggi ci sono singoli episodi di corruzione, molto gravi alcuni, meno altri, estremamente pericolosi e su cui bisogna tenere gli occhi aperti e i fari accesi ogni giorno». Anche episodi come quelli dei giorni scorsi, con gli arresti di vicesindaco e assessore all'ambiente di Cologno Monzese, accusati di avere imposto tangenti con sconcertante disinvoltura sugli appalti per la nettezza urbana, non hanno convinto il sindaco che la tangente sia tuttora una prassi endemica.
L'analisi che arriva dalla Corte dei conti è più pessimistica: anche se va ricordato che è una analisi fatta col senno di poi, basata su quanto emerso dalle inchieste penali e non da un efficace sistema di vigilanza contabile. Secondo il procuratore Antonio Caruso, «il cammino da compiere appare ancora molto ripido e la velenosa pianta corruttiva è tuttora ben lungi dall'essere non solo estirpata ma anche più semplicemente ridotta in modo apprezzabile». A rendere ostico contrastare il fenomeno c'è anche una certa tendenza all'omertà: «Nella prassi gli illeciti penali e contabili derivanti da fenomeni corruttivi sono connotati da una assai scarsa propensione alla denuncia». In Lombardia, ha concluso Caruso, la corruzione «è liquida, diffusa ovunque e difficile da recuperare»
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