Tutte le spade di Damocle sul gruppo De Benedetti
di Marcello
Zacchè, 20 feb 2014
Come ha rivelato ieri il Giornale (nell'articolo riportato qui sotto, del caporedattore economia del Giornale, Marcello Zacchè, uscito sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti) è allo studio di politica, industria e banche
un salvataggio di sistema delle contrali termoelettriche, attraverso la
creazione di una sorta di Bad Bank dell'energia. Un progetto che può avanzare
solo con l'appoggio del governo.
Le pressioni di Carlo De Benedetti per ottenere qualche
ministero amico nel prossimo governo Renzi sono presunte. C’è
chi, come Fabrizio Barca, le accredita (anche se in circostanze
bizzarre); e chi come lo stesso Ingegnere nega tutto.
Ma al di là di chi ha torto e chi ragione, è difficile ed
ingenuo pensare che un capitano d’industria come De Benedetti – aderente della
prima ora al Partito democratico, presidente del gruppo Espresso da cui dipende
il più rilevante organo di stampa della sinistra del Paese, portatore dei vari
interessi industriali del gruppo Cofide-Cir (ancorché da padre nobile, avendo
donato le quote ai figli) – si disinteressi del tutto alla formazione di questo
esecutivo. Anche perché non si tratta di semplici interessi, ma di vere e
proprie magagne o progetti dall’esito incerto. Parliamo di attività che spaziano
dall’energia, all’editoria, alle telecomunicazioni, con un sovrappiù di almeno
un paio di questioni giudiziarie. Un ministro dell’Economia sensibilizzato va da
sé che sarebbe meglio che niente; lo stesso vale per lo Sviluppo economico, da
cui dipendono l’energia e le tlc (anche attraverso sottosegretari ad hoc,
dipende appunto dalla composizione che nascerà); completa il quadro il
Guardasigilli, essendoci un paio di questioni giudiziarie in sospeso.
Energia significa Sorgenia, il gruppo elettrico che ha
appena dichiarato di avere un mese di cassa di vita: se per fine marzo le banche
non trovano un’intesa sulla moratoria dell’ingestibile debito da 1,8-2 miliardi,
salta tutto. Non a caso, come ha rivelato ieri il Giornale, è allo
studio di politica, industria e banche un salvataggio di sistema delle contrali
termoelettriche, attraverso la creazione di una sorta di Bad
Bank dell’energia. Un progetto che può avanzare
solo con l’appoggio del governo.
Nel campo delle tlc, il gruppo Espresso è alle prese con la
fusione delle sue due frequenze digitali con le tre di TiMedia. Un’operazione
già in cantiere, che si sovrappone all’asta delle frequenze e che, a seconda di
come si svilupperà, potrà avere più o meno valore. Nello stesso tempo un
ministro amico nelle tlc potrebbe riaprire il tema dell’affollamento
pubblicitario televisivo, da ridurre (danneggiando Mediaset e Rai) per favorire
la carta stampata in crisi (tra cui Repubblica ed Espresso). Su questo fronte
pende poi la trattativa tra azienda e sindacato sullo stato di crisi (e
sull’accesso ai fondi pubblici ad hoc) per i 58 prepensionamenti chiesti a
Repubblica che hanno spaccato la redazione in uno scontro senza precedenti.
C’è poi il capitolo giudiziario. Dove sono almeno due le
situazioni critiche per società collegate o controllate dal gruppo Cir. La prima
è la vicenda della ex Genco Tirreno Power, di cui Sorgenia ha il 39%, che oltre
ad avere a sua volta un debito critico di 800 milioni è finita nei guai per
l’indagine sulla centrale di Vado Ligure per possibile «disastro ambientale».
Secondo la Procura di Savona «dal 2000 al 2007 sarebbero da attribuire alle
emissioni della centrale 400 morti».
La seconda questione è civile, e di soli quattrini. Ma non
pochi: pende sul gruppo Espresso un rischio da 225 milioni (più della metà dei
490 versati nel 2013 dalla Finivest alla Cir per il Lodo Mondadori). Si tratta
di una condanna del 2012 per imposte non pagate nel 1991, procedimento pendente
in Cassazione.
Secondo un recente report di Mediobanca, la sentenza minaccia le
finanze dell’Espresso e potrebbe pesare fino al 10% sulle quotazioni del titolo
in Borsa.
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