Da Il Sole 24 Ore
Così il Meridione d'Italia può ripartire davvero
di Valerio Castronovo, 13 dic 2013
A comprovarlo sarebbe il fatto che la caduta del Pil e dell'occupazione al Nord negli ultimi cinque anni, in seguito alla crisi del 2008, ha assunto dimensioni più accentuate nel Mezzogiorno, non essendo in grado, di per sé, di opporre argini alla recessione.
Di conseguenza sono ricomparsi estesi fenomeni di povertà e disagio sociale, quali era dato riscontrare al Sud nel periodo antecedente l'espansione industriale del Nord-ovest, e il divario fra l'economia reale del Nord e quella del Sud, secondo un recente rapporto di Bankitalia, è tornato ad approfondirsi.
Se in passato i risultati del vigoroso exploit del «triangolo industriale» concorsero ad accrescere le risorse disponibili per l'attuazione di politiche pubbliche d'intervento finalizzate a emancipare il Mezzogiorno da condizioni di relativa arretratezza, il motore dello sviluppo industriale del Nord venne alimentato dall'apporto di forza lavoro e dalla domanda addizionale di beni di consumo durevoli proveniente dalle regioni meridionali.
Oggi c'è perciò da chiedersi se e come sia possibile ripristinare, in un contesto diverso da quello di allora e in sintonia tanto con le direttive dell'Ue che con i processi dei globalizzazione, un rapporto «virtuoso» di complementarietà fra le due sezioni del Paese.
Si tratta di una questione ineludibile ma si tende sovente a esorcizzarla confidando, per un rilancio del Sud, in misura preminente se non esclusiva, sul soccorso rappresentato dai fondi strutturali europei (che, certamente, andrebbero utilizzati in modo più adeguato e proficuo di quanto purtroppo non accade).
Senza contare che persistono molte illusioni a proposito del federalismo fiscale, malgrado abbia disatteso, per come è stato applicato, le aspettative che si riponevano nell'azione degli enti locali ai fini di un effettivo miglioramento delle infrastrutture e della qualità dei servizi pubblici. Sta di fatto che, senza una resurrezione di tanta parte del Sud, quel barlume di ripresa che s'intravvede al Nord (grazie soprattutto al concorso di molte piccole-medie imprese all'attivo dell'export manifatturiero) sarebbe insufficiente a rimettere in pista il sistema-paese qualora continuasse a perdere colpi la domanda interna e a sfilacciarsi il tessuto produttivo formatosi frattanto in alcuni distretti del Mezzogiorno.
Eppure non mancano nel Sud potenziali e promettenti fattori autoctoni di sviluppo, tali da ridurre l'asimmetria col Centro-Nord e da bloccare perciò un declino strutturale dell'economia italiana. Essi consistono, oltre che nell'industria agroalimentare, nelle fonti energetiche rinnovabili e tradizionali, nel turismo, nel riassetto dell'assetto idro-geologico e nella logistica.
Quanto alle risorse energetiche, il Sud può contare, oltre che sul petrolio della Basilicata, soprattutto sulla geotermia (un comparto finora poco esplorato) nonché sul solare fotovoltaico e le biomasse. A sua volta, il turismo potrebbe divenire una fonte crescente di reddito e occupazione qualora, all'adozione di efficaci misure di valorizzazione di un prezioso complesso di beni culturali, si accompagnasse un'opera sistematica di salvaguardia del patrimonio paesaggistico, con una costante manutenzione del territorio e la riqualificazione di importanti centri urbani, nonché il recupero di alcuni antichi borghi ricchi di storia e tradizioni (come segnalato su questo giornale da Alfonso Ruffo), al pari di quanto è avvenuto negli ultimi anni in varie località del Nord e del Centro Italia.
Risulta essenziale l'attivazione di nuove reti infrastrutturali a completamento di quelle esistenti, al fine di creare una robusta piattaforma logistica in funzione di un'intensificazione dei rapporti del Sud con le altre aree mediterranee e di qui sino al Medio ed Estremo Oriente. Si tratta di una leva fondamentale per uno sviluppo intensivo, dai molteplici effetti indotti, del Mezzogiorno d'Italia. Così come lo è stata, all'inizio del Novecento, per il decollo del Nord, grazie appunto alla progressiva estensione delle sue relazioni con i paesi più avanzati dell'Europa centro-occidentale.
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