di Andrea Scanzi, 26 dic 2013
Giunti a fine anno, dopo dieci mesi di Parlamento, cosa ha funzionato e cosa
no nel Movimento 5 Stelle?
Cosa non ha funzionato
Cosa non ha funzionato
- Nei primi due mesi (ahinoi decisivi per il paese) è stato
sbagliato quasi tutto in termini di comunicazione e non poco in termini
politici. L’exploit di febbraio ha costretto novizi della politica a cimentarsi
subito con responsabilità enormi e vecchi marpioni.
- Lombardi e Crimi, scelti di corsa con la formula del “Ciao mi chiamo
Vito e credo in un mondo migliore”, tipo presentazione all’Alcolista
Anonimi, non ne hanno indovinato una. Era difficile scegliere
peggio. L’harakiri dello streaming con Bersani (“Noi siamo le parti
sociali”, “Sembra di stare a Ballarò”) resterà negli annali. Va però detto
che, in quel momento, nessuno (forse) sarebbe stato pronto.
- La refrattarietà alla critica, tipica di tutti i partiti e
movimenti politici, è in molti 5 Stelle (alcuni: non tutti) totale: “O con
me o contro di me”. Non siamo in curva, ragazzi. Ogni tanto esiste anche il
grigio. Non solo il bianco e il nero. Purtroppo questo approccio da tifosi è ora
condiviso anche da molti (molti: non tutti) renziani, che vedono nel Mister Bean
di Rignano sull’Arno il
loro ComandanteFonzie Guevara di riferimento e guai
chi glielo tocca. Ne consegue che, soprattutto in Rete, il dibattito tra
“grillini” e “renziani” sembra spesso (spesso: non sempre) quello tra ultras di
opposte fazioni. Peccato.
- Non avere fatto il nome al secondo giro di consultazioni
con Napolitano è stato un suicidio tremendo. Non perché sarebbe cambiato
qualcosa concretamente (Napolitano, pur di isolare i 5 Stelle, si fingerebbe
pure di sinistra), ma perché avrebbe stanato il Pd togliendogli l’alibi
logoro del “Stiamo col centrodestra per colpa di Grillo”. Si
doveva operare come è stato fatto con Rodotà, la cui scelta coincise infatti con
la desolante Waterloo del Pd durante la rielezione di Re
Giorgio.
- La stessa sensazione di stare ad aspettare e giocare di rimessa,
“congelando i voti in frigo”, si è avuta quando Letta stava per cadere (anche in
quel caso i 5 Stelle non hanno proposto nomi alternativi) e quando Renzi ha
proposto il baratto sui tagli alla politica. Ovvio che Renzi non voleva
l’accordo, ma ogni volta che M5S poteva sparigliare in termini governativi si è
arroccato. Alimentando la sensazione (sbagliata) di “dire solo
no” e di non prendere i treni che passano, preferendo andare in
stazione a dare qualche schiaffo a chi si sporge da quel treno. Come Ugo
Tognazzi in Amici miei. Perché, ogni tanto, non vedere le carte
e scoprire il bluff altrui (per esempio sulla nuova legge
elettorale)? Se è vero che quasi tutti i media ce l’hanno coi 5 Stelle, è anche
vero che questo eterno attendismo talebano – in due o tre momenti chiave – ha
coinciso con un tafazzismo considerevole
- Le Parlamentarie hanno regalato scranni a personaggi
marginali. Ci sono ovunque, e nei 5 Stelle non sono poi tanti come si
credeva e si continua a sostenere, ma M5S non può permettersi tali errori. “Le
sirene”, “I microchip”, “Pino Chet”, “La Kyenge un orango? Ci sta“. Oppure quel tizio barbuto e
quasi-ideologo che somiglia a Beruschi (meno colto, però) e che a inizio anno
veniva chiamato in tivù per dimostrare che i 5 Stelle son tutti grulli e
sciroccati. Non siamo al circo, su.
- Pessima gestione del caso Adele Gambaro. La (sua) storia ha detto che era
solo una che voleva supportare le larghe intese, tirando a campare col suo
strapuntino di potere, ma espellerla per una frase anti-Grillo ha regalato ai
detrattori l’accusa di “fascisti epuratori”. Bastava aspettarla al
varco – giusto uno o due mesi – e si sarebbe isolata da sola, come gli
altri cinque o sei personaggi in cerca d’autore (non dovevano essere di più? Non
doveva esserci una “spaccatura”?) che ora rimpolpano la sparuta cricca del
gruppo misto al Senato. La Gambaro doveva essere allontanata, sì, ma non in quel
momento. Espellerla subito, per giunta con la modalità del “Gesù o
Barabba”, è servito solo a far felice Casaleggio, secondo cui (più o
meno) se c’è un corpo infetto prima o poi finisce con l’infettare l’intero
sistema e quindi va estirpato subito. Mah.
- Alcuni post di Grillo e Casaleggio hanno rischiato di rovinare
l’operato dei parlamentari. Le scomuniche (“Il Fatto Quotidiano
house organ del Pd” resta la minchiata dell’anno), i toni quasi sempre
lividi, il “cerchio talebano” (più che magico) da cui Grillo si fa
“consigliare”. Prima di scrivere, occorrerebbe riflettere. Quando a entrambi
girano gli zebedei, inibitegli il wifi. Un anno fa senza Grillo non ci sarebbe
stato M5S. L’ex comico risulterà ancora decisivo (Casaleggio, boh). Per esempio
nei suoi tour elettorali sul territorio. Entrambi devono però stare attenti a
non vanificare l’operato di chi, contro quasi tutti, si sbatte a Camera e
Senato.
Cosa ha funzionato
- Il ruolo di vera e
autentica opposizione, che vent’anni di Violante e Boccia avevano fatto
colpevolmente dimenticare. Anche l’Italia ha ora un’opposizione vera: pensate
se, in questo clima mieloso e mellifluo di “pacificazione”, l’ingranaggio
oliatissimo della Casta non avesse avuto nemmeno un granello di sabbia
desideroso di incepparlo. Sarebbe stato terrificante: non per chi non
si ritrova in Letta o Lupi, ma per la democrazia.
- La crescita notevole di deputati e senatori. Se a marzo venivano
tratteggiati come mezzi tontoloni impreparati, mese dopo mese sono
emerse figure di spicco come Di Maio e Villarosa, Di Battista e Morra,
Taverna e Sarti. Eccetera. Voi chi prendete tra Madia e Taverna? Chi tra Alfano
e Morra? Chi tra la Moretti e Villarosa? Chi ritenete più dotato, più
sincero, più nuovo? Più libero?
- Nel suo riuscito discorso del 23 dicembre alla Camera, il deputato
Alessandro Di Battista ha chiesto ai giornalisti di contestare almeno una loro
proposta di legge, lasciando intendere che gli errori del M5S sono stati
soprattutto di comunicazione. In realtà sono stati anche politici, vedi
non aver fatto il nome di Settis o Rodotà o Zagrebelsky a Napolitano, ma è vero
che in merito a proposte di legge ed emendamenti di errori non se ne vedono. O
se ne vedono pochi.
- Per vent’anni i delusi di sinistra hanno sperato che qualcuno
trattasse Berlusconi e i suoi droidi come meritavano di essere
trattati. Lo ha fatto solo Di Pietro. Se Pd e predecessori si fossero
espressi come la Taverna al Senato o Villarosa alla Camera, oggi i 5 Stelle non
esisterebbero. E il Pd non avrebbe dovuto uccidere la sua storia di
sinistra consegnandosi al briatoriano Renzi.
- La rottamazione autentica. Esistono due cambiamenti:
quello così morbido da risultare finto dei renziani e quello drastico (a rischio
“ingenuità”) dei 5 Stelle. Se basta essere giovani per essere nuovi, allora è
lecito accontentarsi con i polli di allevamento à la Orfini e Faraone.
Se il sogno del Pd è sostituire D’Alema con Speranza, cioè con uno uguale se non
per l’anagrafe e la bravura (è molto più bravo D’Alema), allora buona
supercazzola a tutti. Se invece l’idea è quella di un cambiamento reale,
la differenza tra i 4 salti in padella di Renzi e il rinnovamento
vero non è difficile da scorgere.
- La lotta tra renziani e 5 Stelle sarà spietata. Potrebbe
fare bene al paese, costringendo entrambi a dare il meglio di sé. Speriamo che
ciò accada: ne guadagneremmo tutti. Renzi, quando smette di ascoltare i 45 giri
dei Righeira per sentirsi vivo e prova a occuparsi della cosa pubblica, ripete
che M5S sta in Parlamento come all’asilo e sa solo andare in
cima ai tetti. Una finzione politica che esalta i fanboys di partito e stampa,
ma che costituisce un falso storico. Senza M5S non avremmo scoperto la porcata
sulle slot machine e quella sugli affitti d’oro; l’articolo 138 della
Costituzione sarebbe stato sventrato; nessuno avrebbe notato la webtax; in pochi
si sarebbero indignati per i casi Alfano e Cancellieri; in pochi avrebbero osato
mettere in discussione Napolitano; non avremmo avuto il voto palese e la
conseguente decadenza di Berlusconi. Eccetera eccetera eccetera.
In buona
sostanza, se il centrosinistra avesse fatto in 20 anni anche solo un
decimo di quello che M5S ha fatto in dieci mesi, il peggior
centrodestra d’Europa sarebbe stato disinnescato in un amen.
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