giovedì 30 aprile 2015

Il Foro Romano continua a sorprendere

Da Agi.it

Archeologia: nel Foro Romano torna alla luce il Vico Iugario

30 set 2014


Archeologia nel Foro Romano torna alla luce il Vico Iugario


Dopo un'importante indagine archeologica e una serie di interventi di restauro e di consolidamento torna alla luce e visitabile l'antico percorso del Vico Iugario nel Foro romano. Realizzato per collegare la valle del Foro con il porto sul Tevere, e' uno dei percorsi stradali piu' antichi di Roma e fu scelto da Giulio Cesare per edificare la Basilica Giulia, completata e poi ricostruita da Augusto Imperatore. 

I lavori di indagine e di restauro, durati 4 anni e costati 1 milione 350mila euro, sono stati presentati oggi alla stampa nell'ambito delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Augusto. "Restituiamo al pubblico un'area di circa 1.000 metri quadri", ha spiegato la direttrice dei lavori, Maddalena Scoccianti, precisando: 
"Nella prima fase abbiamo restaurato e consolidato la Basilica Giulia, ma anche liberato dalle terre e restaurato le 'tabernae', cioe' quegli ambienti che furono costruiti lungo la Basilica tra il 12 a.C. e il 12 d.C. e che erano probabilmente utilizzati come uffici o sedi di corporazioni. Nella seconda fase ci siamo invece occupati di tutta l'area del Vico Iugario, con un grandissimo lavoro di scavi, pulizia, consolidamento delle strutture". 

Il risultato finale e' notevole, non soltanto per le 'tabernae' tornate alla luce ma anche per la stratigrafia profonda 9 metri che e' emersa e che e' sicuramente tra le piu' affascinanti dell'area archeologica centrale. Gli scavi archeologici erano in realta' gia' iniziati nel 1982 in seguito alla demolizione di via della Consolazione, realizzata su cio' che restava di abitazioni civili e edifici pubblici costruiti nell'arco di 15 secoli. Si tratta, per intenderci, della via immortalata nel film "Vacanze romane" con Audrey Hepburn e Gregory Peck. 

La ricorrenza del Bimillenario augusteo e' stata quindi l'occasione che ha permesso di riprendere le indagini archeologiche, dopo un lungo lasso di tempo, e realizzare gli interventi necessari. 
Dicendosi "orgogliosa" per il lavoro svolto, la soprintendente per i beni archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera, ha ricordato che la soprintendenza ha ideato un'app per smartphone (ForumApp), disponibile gratuitamente e in versione bilingue, per visitare il Foro romano e il Palatino.

sabato 25 aprile 2015

Il virus di Ebola

Da LaRepubblica

Ebola: 2014, cronistoria dell'epidemia per immagini

L'epidemia
E' la peggiore epidemia da quando è stato scoperto il virus dell'ebola, nel 1976. 
E' iniziata nel mese di aprile, ma la situazione si è fatta sempre più preoccupante

Ebola, cronistoria dell'epidemia


Casi di ebola fuori dall'Africa occidentale
Fra falsi allarmi ed emergenze reali, continua a crescere il bilancio dell'epidemia di ebola: il totale dei casi è salito a 8.914 e raggiungerà i 9mila entro la settimana. I decessi sono saliti a 4.447 con una mortalità che è sempre la stessa, attorno al 50%


Ebola, cronistoria dell'epidemia


Il virus
Si tratta di un virus è estremamente aggressivo, appartenente alla famiglia dei Filoviridae, come il virus Marburg, che causa problemi simili. Ebola provoca una serie complessa e rapidissima di sintomi, dalle febbri emorragiche al dolore ai muscoli e agli arti e numerosi problemi al sistema nervoso centrale

Ebola, cronistoria dell'epidemia


L'origine della malattia
Ospiti della malattia sono i pipistrelli della frutta che trasmettono la malattia ad altri animali selvatici. Sono loro a contagiare l'uomo
Ebola, cronistoria dell'epidemia


Dove si trova 
Il virus Ebola si trova nei fluidi corporei delle persone infette. Il contagio passa attraverso il contatto con le mucose, ferite sulla pelle, gli occhi o tramite aghi infetti. L'aria e gli insetti non trasmettono il virus. I corpi delle persone morte a causa della malattia sono altamente contagiosi 

Ebola, cronistoria dell'epidemia


Come avviene il contagio
Il virus penetra la cellula utilizzando la proteina Tim-1

Ebola, cronistoria dell'epidemia



I sintomi
Trascorsi da due a ventuno giorni dall'esposizione al virus la malattia può esordire bruscamente con febbre, dolori muscolari, debolezza, mal di testa e di gola. La fase successiva è caratterizzata da vomito, diarrea, eruzione cutanea e disfunzione epatica e renale. Alcuni pazienti hanno anche forti emorragie interne ed esterne e insufficienza multiorganica 
Ebola, cronistoria dell'epidemia


I focolai della malattia
Liberia, Sierra Leone e Guinea sono i paesi più colpiti


Ebola, cronistoria dell'epidemia


Come evitare il rischio di infezione
Anche per chi abita o ha viaggiato nelle zone colpite il rischio di infezione da virus ebola è basso a meno che vi sia stata esposizione diretta ai liquidi corporei di una persona o di un animale contagiato, vivo o morto. Il contatto con i liquidi corporei comprende i contatti sessuali non protetti con pazienti fino a sette settimane dopo la loro guarigione. Un contatto casuale in luoghi pubblici con persone che non mostrano segni di malattia non trasmette ebola


Ebola, cronistoria dell'epidemia


I consigli
E' fondamentale un intervento precoce appena si manifestano i sintomi, è questa la sola possibilità per abbassare la mortalità. 
Chiunque ravvisi i sintomi deve segnalare al sistema sanitario il paziente che potrebbe essere affetto. E' importante riferire ai medici tutti i contatti avuti e i posti in cui si è stati. 
Gli esperti consigliano di lavare spesso le mani e gli indumenti: candeggina, luce solare o asciugatura uccidono il virus ebola come altri virus. Bisogna cucinare bene i cibi in particolare quelli di origine animale e mangiare frutta perfettamente integra, cioè non contaminata dai morsi dei pipistrelli della frutta. 
Sul portale del Ministero della Salute, una scheda con 15 domande e risposte offre ulteriori consigli per chi deve viaggiare o è di rientro dall'estero; fondamentale un intervento precoce appena si manifestano i sintomi, è questa la sola possibilità per abbassare la mortalità del virus ebola, che è del 90%. 
Ebola, cronistoria dell'epidemia



Il virus viene ucciso dal sapone
Non si può contrarre la malattia maneggiando denaro o prodotti alimentari o nuotando in piscina. Le zanzare non trasmettono il virus ebola. Il virus viene ucciso facilmente da sapone, candeggina, luce solare o asciugatura. Il lavaggio in lavatrice di indumenti contaminati da liquidi è sufficiente a distruggere il virus ebola. Sopravvive solo per breve tempo su superfici esposte alla luce solare o secche (ansa)
Ebola, cronistoria dell'epidemia



Controlli negli aeroporti
Per paura dell'epidemia sono stati rafforzati i controlli negli aeroporti
Ebola, cronistoria dell'epidemia



Primo contagio in Europa
L'infermiera ausiliare dell'ospedale Carlo III-La Paz, prima contagiata in Europa dal virus ebola. Dopo il contagio, il cane della donna è stato ucciso 
Ebola, cronistoria dell'epidemia


In Germania è morto il dipendente delle Nazioni unite ricoverato dopo essersi ammalato. L'ufficiale medico dell'Onu, 56 anni e di nazionalità sudanese, aveva contratto il virus in Liberia ed era stato trasferito per le cure nella clinica Saint Georges di Lipsia, nell'Est del paese, lo scorso 9 ottobre. E' il terzo contagiato dall'ebola ricoverato in Germania (ansa)
Ebola, cronistoria dell'epidemia



La morte del "paziente zero"
A Dallas, negli Stati Uniti, è morto il paziente liberiano Thomas Eric Duncan ricoverato a Dallas per aver contratto il virus dell'ebola. Thomas Duncan, 42 anni, è stato il primo paziente ad essere diagnosticato negli Stati Uniti 
Ebola, cronistoria dell'epidemia



I vaccini
Sono in fase di sperimentazione vari vaccini per combattere l'epidemia di ebola
Ebola, cronistoria dell'epidemia



L'impatto economico 
Secondo una stima della Banca Mondiale in Africa Occidentale l'impatto economico, a livello regionale, conseguente all'epidemia di ebola in corso in alcuni paesi potrebbe raggiungere i 32,6 mld dollari entro la fine del 2015
Ebola, cronistoria dell'epidemia


Epidemie dal 1976 al 2012
Il virus è stato scoperto per la prima volta per l'epidemia del 1976

Ebola, cronistoria dell'epidemia






mercoledì 22 aprile 2015

Christo è pronto a conquistare l’Italia

Da Arte Sky 

Il celebre artista bulgaro, noto per gli sbalorditivi impacchettamenti, ha annunciato oggi al MAXXI di Roma il suo nuovo progetto, tutto italiano:
un lungo ponte galleggiante sul Lago d’Iseo.


22 aprile 2015

Christo, The Floating Piers, foto André Grossmann © 2015 Christo

È stata presentato mercoledì 22 aprile, al MAXXI di Roma, l’incredibile progetto ideato da Vladimirov Yavachev Christo per uno dei laghi più suggestivi del Nord Italia. Con la curatela di Germano Celant, l’installazione dell’artista reso famoso dalla tecnica dell’impacchettamento ambientale vedrà la luce durante i mesi di maggio e giugno 2016.

Mostrato alla stampa internazionale grazie a una serie di proiezioni, The Floating Piers conferma la straordinaria ambizione che ispira da quasi quarant’anni il fare artistico di Christo. 
Per sedici giorni, una lunga passerella gialla coprirà una porzione del Lago d’Iseo pari a settantamila metri quadri. L’obiettivo è trasformare la superficie lacustre in un collegamento inedito tra la terraferma di Sulzano e Monte Isola.

Un sistema modulare di pontili galleggianti – alti 50 centimetri e larghi 16 metri – costituirà un percorso pedonale lungo circa tre chilometri. Chiunque potrà attraversarlo con estrema libertà, senza limitazioni o particolari direzioni da seguire, ma lasciandosi semplicemente guidare dal flutto delle onde, come indicato dallo stesso Christo.


L’effetto scenico verrà assicurato, soprattutto osservando dall’alto la maestosa opera che traduce in realtà l’attitudine dell’artista a cogliere lo spirito di un ambiente naturale.

Tutti i componenti dell’installazione rispetteranno l’ecosistema dell’area. I duecentomila cubi in polietilene ad alta densità, leggeri e resistenti all’acqua, agli agenti chimici e alla salinità, saranno rimossi al termine dell’intervento e smaltiti con un processo industriale di riciclaggio.

Il progetto, frutto di un lungo iter burocratico per la concessione dei relativi permessi, è interamente finanziato dalla vendita dei lavori di Christo.


La "Security Key" di Google

Da DataManagerOnline

Google: doppia autenticazione con una chiavetta USB

Annunciata oggi la nuova funzionalità da utilizzare con Chrome, e per verificare se i siti Google sono autentici

22 ott 2014

Google: doppia autenticazione con una chiavetta USB



Doppia autenticazione hardware. Grazie alla funzione Security Key di Google (diverse pennette in vendita su Amazon), le procedure di accesso a portali web che richiedono il login diventano più sicure. 
La funzione, disponibile su Chrome, permette di inserire la chiavetta invece della semplice digitazione della password. 
Senza la necessità di autenticarsi con codici e password difficili da ricordare, l’accessorio consente di utilizzare i servizi di Big G con maggiore tranquillità e di verificare se un sito marchiato Google è veritiero o meno (ad esempio nel caso in cui ci sia la duplicazione di prime pagine per ingannare i navigatori). Per coloro che non hanno dimestichezza con l’autenticazione a due fattori, si tratta di un processo che richiede l’inserimento di un codice temporaneo, ricevuto via SMS, assieme al nome utente e password, come ulteriore prova della veridicità dell’accesso. Nel caso della Security Key invece, è un dispositivo fisico a permettere all’utente di utilizzare le piattaforme Google a proprio nome, associando le credenziali alla chiavetta.

Perché usarla

Come spiega Google, ci sono due vantaggi nell’utilizzo della Security Key, soprattutto nel caso di un dispositivo mobile. Prima di tutto si può avere una migliore protezione contro gli attacchi phishing. “Google invia un codice di verifica al telefono ogni volta che si tenta di accedere ad un sito della sua piattaforma per la prima volta. Tuttavia alcuni hacker hanno imparato a duplicare siti vetrina di Google o ad ingannare gli iscritti mettendo in piede dei siti che chiedono il codice di verifica appena ricevuto, così da rubarlo e utilizzarlo per un accesso esterno. 
“Security Key offre una migliore protezione contro questo tipo di attacchi perché usa la crittografia al posto del codice di verifica; un tipo di crittografia utilizzabile solo sul sito a cui si vuole accedere”. Inoltre Security Key non ha bisogno di connessione o di batteri per l’alimentazione. La chiavetta lavora in modalità offline, prendendo l’energia dai computer dove viene inserita.

martedì 21 aprile 2015

Avanguardia italiana nella scienza: un laboratorio di criogenesi del Gran Sasso



21 ott 2014





Un record mondiale tutto italiano è stato registrato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. 
E’ qui infatti che l’esperimento Cuore è riuscito a portare una struttura di rame del volume di un metro cubo alla temperatura di 6 millikelvin: è la prima volta che un esperimento riesce a raggiungere una temperatura così prossima allo zero assoluto (0 Kelvin) con una massa e un volume di questa entità. 
La struttura di rame così raffreddata, pari a circa 400 kg, è stata per 15 giorni il metro cubo più freddo dell'Universo.

Cuore, acronimo per Cryogenic Underground Observatory for Rare Events, è un esperimento ideato per studiare le proprietà dei neutrini attuato in collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Fisica nucleare e l’Università di Milano-Bicocca per la realizzazione del sistema criogenico necessario per raffreddarne i rivelatori. In particolare, l’esperimento cerca di replicare un fenomeno raro chiamato doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. 
Rivelare questo processo consentirebbe, non solo di determinare la massa dei neutrini, ma anche di dimostrare la loro eventuale natura di particelle di Majorana fornendo una possibile interpretazione dell’asimmetria tra materia e antimateria nell’Universo. Cuore è progettato per lavorare in condizioni di ultrafreddo: è infatti composto da cristalli di Tellurite impiegati come rivelatori di radiazione) e progettati per funzionare a temperature di circa 10 millikelvin, cioè dieci millesimi di grado sopra lo zero assoluto.

“Si tratta di un risultato importante che testimonia come la scienza italiana raggiunga un solido primato nella tecnologia del ultrafreddo grazie all'integrazione e alla collaborazione tra ricerca, università e aziende - commenta Carlo Bucci, ricercatore Infn e portavoce italiano di Cuore -. La temperatura raggiunta nel criostato dell'esperimento, 6 millikelvin, equivale a -273,144 gradi centigradi, una temperatura vicinissima allo zero assoluto pari a -273,15 centigradi. Nessuno ha mai raffreddato a queste temperature una massa di materiale ed un volume simili.”

“Il criostato di Cuore - aggiunge Angelo Nucciotti, docente di fisica nucleare dell'Università di Milano-Bicocca e responsabile della progettazione del criostato - è unico al mondo non solo per dimensioni e potenza refrigerante ma anche perché, grazie all’utilizzo di materiali appositamente selezionati e di speciali tecniche costruttive, garantisce che l'esperimento si svolga in un ambiente con bassissimi livelli di radioattività. Una volta completo, il rivelatore sarà racchiuso in una copertura di piombo antico di età romana, un materiale caratterizzato da una radioattività intrinseca estremamente bassa che fungerà da schermo.” 

Una volta completato Cuore sarà composto da 1000 cristalli di Tellurite e dovrà raffreddare una massa totale di quasi 2 tonnellate. Il rivelatore sarà inoltre schermato con circa 5 tonnellate di piombo romano.

sabato 18 aprile 2015

La rilettura del Corano: una nuova moderna interpretazione

Da La Voce di Fiore

In principio era il Logos. Ermeneutica e Sacre Scritture...

PICCHIARE LE DONNE. 
DIO, UOMINI E DONNE: "DARABA". 
LALEH BAKHTIAR TRADUCE IL CORANO E SPOSTA LE MONTAGNE DEL SIGNIFICATO. 

Mentre il cattolicesimo-romano parla ancora e solo di "guai ai vinti" e di "caro prezzo" (=caritas), il mondo islamico ri-scopre l’amore (= charitas) della Parola e illumina il mondo

[...] Daraba in arabo significa principalmente "picchiare", "battere": è solo la terza persona di un passato, l’equivalente di un infinito per l’italiano, ma per secoli è stata, a seconda dei punti di vista, una parola d’ordine, un precetto sacro, uno spauracchio da temere. Nella Sura (capitoli, a loro volta suddivisi in versetti) 4 del Corano, "daraba" è quello che Allah, tramite Maometto, dice agli uomini di fare alle mogli che non ubbidiscono, dopo aver provato ad ammonirle e a farle dormire in luoghi separati: "Battetele" [...]


Laleh che legge il Corano

POLEMICHE
-  Una nuova traduzione del libro di Allah
-  nega che Maometto predicasse di picchiare le mogli.
-  La firma una studiosa iraniana. E negli Usa è diventata un caso
di Francesca Caferri *


Laleh Bakhtiar lavorava già da due anni alla sua traduzione del Corano quando ha pensato di smettere. A bloccarla una sola parola. Anzi, un verbo: daraba. "Non sapevo davvero cosa fare", racconta oggi, "erano anni che inserivo ogni singola parola del Corano in un database, da cui poi programmavo di ripescarle a una a una e arrivare a una traduzione "scientifica" del libro sacro. Ma di fronte a daraba mi sono arenata e ho pensato di buttare via tutto". Daraba in arabo significa principalmente "picchiare", "battere": è solo la terza persona di un passato, l’equivalente di un infinito per l’italiano, ma per secoli è stata, a seconda dei punti di vista, una parola d’ordine, un precetto sacro, uno spauracchio da temere. Nella Sura (capitoli, a loro volta suddivisi in versetti) 4 del Corano, "daraba" è quello che Allah, tramite Maometto, dice agli uomini di fare alle mogli che non ubbidiscono, dopo aver provato ad ammonirle e a farle dormire in luoghi separati: "Battetele".

Per secoli, questo versetto è stato l’appiglio usato da molti musulmani per usare violenza alle mogli. "Ma io ci ho pensato. Secondo la tradizione, Maometto non ha mai picchiato nessuna delle sue mogli: quando ha avuto diverbi con loro le ha allontanate, ma mai le ha battute. E poi l’Islam è compassione: non potevo credere che Allah imponesse di usare la violenza sulle donne", spiega ancora Bakhtiar. Così, rovistando con cura tra le pagine del dizionario, ha cercato altri significati e ha trovato "mandare via". Da questa sottigliezza linguistica è nata la sua personale rivoluzione cartesiana: una nuova edizione del Corano in lingua inglese che nega agli uomini la possibilità di picchiare le donne.

Arrivata in libreria negli Stati Uniti in aprile, la traduzione del Corano di Laleh Bakhtiar ha creato non poche discussioni in America, riaprendo il dibattito su un tema molto sentito nell’Islam: è possibile "rileggere" il Corano dopo tanti secoli? C’è ancora spazio per nuove interpretazioni della parola di Allah? Secondo i tradizionalisti no: "chiusura delle porte dell’ijthiad" è l’espressione con cui gli esperti spiegano la fine della possibilità di dire qualcosa di nuovo - letteralmente, di interpretare - sul testo sacro dei musulmani. Per tradizione, questa chiusura si situa intorno al XII secolo: da allora, ripetono i sostenitori di questa idea, qualunque cosa sul Corano è già stata detta, e non è lecito discostarsi dalle interpretazioni classiche.

Negli ultimi anni molti hanno provato a riaprire le porte. Il caso più clamoroso è quello di Nasr Abu Zayd, uno dei massimi intellettuali musulmani contemporanei, costretto nel 1995 a lasciare il suo Paese dopo essere stato condannato per apostasia: la sua colpa era quella di voler inquadrare il Corano nell’epoca in cui fu scritto, per distinguere le verità assolute, quelle della fede, dalle norme relative ai tempi di Maometto e oggi non più attuali. Due casi diversi, ma che si possono inserire nella stessa tendenza: "Si tratta di applicare al Corano le norme dell’ermeneutica, per arrivare ad attualizzarne il messaggio", spiega Maria Luisa Albano, docente di lingua e letteratura araba all’università di Macerata ed esperta di letteratura islamica femminile. "È parte di un movimento riformista che sta acquistando forza fra gli intellettuali, ma non funziona in un mondo islamico ancora molto chiuso". Per Albano, così come per altri esperti, "picchiare" è il senso primario di daraba in arabo, ma questo non esclude che non ci sia spazio per altre interpretazioni.
"Più di uno studioso in America ha già detto che tradurre daraba con "mandare via", invece che "picchiare" è ammissibile", dice Margot Badran, membro del Center for Muslim-Christian Understanding alla Georgetown University, specializzata in studi di genere nelle società musulmane, "ma per me il senso più importante di questo nuovo Corano non è tanto nella singola parola, quanto nel dibattito che ha suscitato".
Per Badran il fatto che sull’opera della Bakhtiar si sia accesa una discussione tanto forte è il segno che è forte l’esigenza di ridiscutere verità per lungo tempo date per scontate. "La maggior parte delle traduzioni del Corano in inglese non rispecchiano la lingua dei nostri giorni", prosegue la docente, "molte parlano di "uomo" quando il concetto che il testo vuole esprimere è "essere umano". Ben venga dunque una traduzione attenta alle donne. È un bene, e non solo per le fedeli: questo nuovo testo spinge tutti a interrogarsi e a provare a tornare alle origini del messaggio coranico".
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Perché Maometto non ha mai battuto le sue mogli
Lo scopo iniziale era fare una versione del Corano accessibile a tutti: musulmani e non, rendendo il messaggio del Profeta in un inglese il più possibile vicino a quello contemporaneo. Una volta completata, l’opera è diventata però oggetto di discussione, e non solo fra gli specialisti di scienze islamiche. E Laleh Bakhtiar, 68 anni, origini iraniane e passaporto americano, autrice e traduttrice di una ventina di volumi sull’Islam, si è trovata al centro di una discussione sempre più accesa, quella sulle donne e il loro rapporto con la religione del Profeta. Al telefono dal suo ufficio di Chicago spiega perché il caso attorno al suo libro fosse inatteso e come però sia ben lieta del dibattito che si è scatenato.
Come mai ha sentito l’esigenza di tradurre di nuovo il Corano? In fondo ne esistono già decine di versioni in inglese: è partita con l’idea di un approccio "femminile"?
"No, affatto. Volevo solo fare una versione accessibile a tutti. Tutte quelle che avevo letto, ed erano decine, mi erano sembrate "respingenti" nei confronti dei non musulmani, difficili, troppo letterarie: io ho voluto dare vita a una traduzione che fosse apprezzabile per tutti, non solo per chi conosce già l’Islam. Ci ho lavorato per sette anni: al secondo, quando mi sono scontrata con daraba, ho pensato di smettere. Oggi sono felice di aver proseguito".
Parliamo appunto di questa parola: come è arrivata a tradurla con "mandar via", quando invece per secoli è stata letta come "picchiare"?
"Ho guardato nelle tremila pagine del vocabolario di Edward William Lane. E ho trovato che daraba vuol dire sì picchiare, ma anche "mandare via". Ho pensato che fosse proprio questo quello che Maometto voleva dire: "mandate vie" le mogli con cui non andate d’accordo, non certo "picchiatele". Del resto, Maometto non ha mai picchiato le sue mogli".
Come di certo saprà, a marzo un giudice tedesco ha assolto un tedesco-marocchino che aveva picchiato la moglie motivando la scelta proprio con il versetto della Sura 4 del Corano. E se davvero invece di "picchiate" Maometto avesse voluto dire "allontanate"? Il giudice, e tanti prima di lui, avrebbe fatto un grosso errore...
"Niente se. Io sono certa che il Profeta non volesse dire di picchiare le donne. C’è un altro verso del Corano, nella Sura 2, di cui nessuno contesta il significato, che dice che se un marito vuole divorziare lo deve fare in modo equo e umano, e che la donna non deve subire abusi né essere trattata con la forza anche se è lei a voler divorziare. Basta leggere questo per capire il resto: se una donna che divorzia non può essere maltrattata, perché dovrebbe esserlo una moglie che disubbidisce? Se così fosse, il Corano promuoverebbe il divorzio invece del matrimonio. Quando ho riflettuto su questo, mi è stato chiaro che l’interpretazione corrente di daraba era sbagliata".
La sua interpretazione è piuttosto contestata, lo sa?
"Certo che lo so. Ma io non voglio fare nessuna rivoluzione, dico soltanto che quella parola ha 25 significati, che secoli fa è stato scelto quello che parla di violenza e che da allora è stata seguita questa traduzione: io non contesto il Corano, contesto una certa interpretazione che ne è stata data e che secondo me, dopo tanti secoli, va guardata con spirito critico, non accettata in maniera pedissequa". Perché nessuno lo ha fatto prima di lei? "In molti lo hanno fatto, su molte parti diverse del Corano. Io mi sono concentrata su questa e sono arrivata a questa conclusione. In linea generale posso dirle che molte autorità religiose non vogliono cambiare lo status quo che è stato loro insegnato e che insegnano: quindi contestano chiunque provi a interpretare il Corano in modo diverso dalla tradizione".
I suoi contestatori dicono anche che lei non parla davvero arabo.
"Io sono iraniana di origine e cittadina americana. Ho imparato l’arabo letterario anni fa, per il mio lavoro di traduttrice. Ho tradotto decine di libri: capisco e leggo senza nessun problema l’arabo classico". L’hanno criticata in tanti? "Sì, ma ho anche incontrato molte persone che mi hanno espresso gratitudine. La prima volta che ho parlato della mia traduzione, è stato a una conferenza del Wise, Women’s islamic initiative in spirituality and equity, lo scorso novembre a New York. C’erano 150 donne arrivate da tutto il mondo, la maggior parte aveva meno di trent’anni: erano credenti come me, e avevano, come me, entusiasmo e orgoglio per la nostra fede comune. Erano entusiaste del mio lavoro. Le donne sono una parte importante dell’Islam, ma hanno bisogno di spazio e voce. Molte mi hanno raccontato di essersi riavvicinate alla religione dopo l’11 settembre, perché si erano sentite insultate da persone che dicevano di agire in nome dell’Islam. È di credenti come loro che è fatto l’Islam oggi. Anche io sono credente: credo e accetto la parola di Dio e la metto in atto con più amore oggi che so che non ha mai detto di picchiare le donne. So che molte persone non sono d’accordo, ma spero che rispettino il punto di vista di una credente".
Cosa c’è di diverso nella sua versione del Corano rispetto alle altre, daraba a parte?
"Ho usato un metodo di traduzione diverso da quelli tradizionali. Per cinque anni ho tradotto una per una le parole del Corano, che sono 90mila, e creato un database: negli ultimi due anni di lavoro ho ricomposto il testo. In questa maniera ho dato a ogni parola il suo significato originario e non mi sono persa in sinonimi che alla lunga diventano fuorvianti: ho rispettato alla lettera lo spirito del testo. Ho scelto di usare termini non violenti, o non respingenti: kufar, che molti hanno tradotto come miscredenti o infedeli, io l’ho reso come ingrati. Sono sempre quelli che non accettano il messaggio di Dio, ma il termine è meno spiacevole. Ho tradotto i nomi dei profeti e degli uomini santi dell’ebraismo e del cristianesimo: Musa e Issa sono Mosè e Gesù. E ho scritto "Dio" invece di "Allah" perché questo è il significato della parola in arabo e penso che così tutti possano sentirla un po’ più vicina a loro. Infine sono stata molto attenta a trasmettere la moralità che c’è nel Corano. È quello che secondo me si perde in molte traduzioni: non riescono a rendere il disegno globale di compassione e amore del nostro libro sacro. E invece è proprio questo quello che c’è bisogno di sottolineare oggi, perché gli estremisti hanno invaso il campo e loro non danno certo un’immagine morale dell’Islam".
Non ha paura che possano prenderla di mira per queste sue parole e per la sua opera?
"Io sono credente: quindi non ho paura. Credo nella volontà di Dio".
La Repubblica D, 16.06.2007

Sul tema, si cfr. anche:

-  Il ministro sottolinea come le violenze sulle donne non derivino
-  dalle religioni, ma dalle tradizioni culturali di alcuni paesi
-  Amato: "Picchiare le donne
-  è tradizione siculo-pakistana"
-  Prestigiacomo: "Straparla, chieda scusa o lo querelo"*
ROMA - "Nessun Dio autorizza un uomo a picchiare la donna. E’ una tradizione siculo-pakistana che vuole far credere il contrario". Lo ha detto il ministro dell’Interno Amato nel suo intervento al convegno su Islam e integrazione. Amato ha più volte ricordato come solo fino agli anni ’70 si trovavano in Sicilia costumi e tradizioni non molto distanti da quelle che ora in Italia sono importate dagli immigrati di certi gruppi musulmani.
Il ministro ha sottolineato nel suo intervento che l’integrazione "passa anche di qua: attribuire alla tradizione ciò che appartiene alla tradizione che non vuol dire negare Dio" ma semmai "l’io" che domina negli atteggiamenti patriarcali e maschilisti. Dobbiamo evitare di imputare a Dio - ha ribadito - il Dio dei cristiani e dei musulmani, che in realtà è lo stesso, ciò che è da imputare invece agli uomini".
Il ministro dell’Interno ha poi sottolineato come sia necessario evitare, quando pensiamo agli immigrati e in particolare ai musulmani, di avere di fronte dei "blocchi umani" invece che singole persone. "Non esiste il concetto noi contro gli altri - ha sottolineato - se lo deve cacciare fuori di testa tutto l’occidente: ognuno di noi è diverso e questo è importante soprattutto quando si parla di Islam", ha evidenziato, ricordando come questa religione non abbia una autorità gerarchica unica ma una pluralità di voci al suo interno. "Noi siamo gelosi della nostra identità - ha concluso - e ciascuno ha diritto alla sua".
Parole che hanno scatenato l’ira dell’ex ministro delle Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo (che è di Siracusa): "Amato straparla. Chieda subito scusa ai siciliani o lo querelo". Le fa eco Ignazio La Russa, An, anche lui di origini siciliane: "Amato ha compiuto un’operazione inaccettabile per servilismo culturale". Affermazioni "molto gravi" perché "offende la Sicilia, che fa parte dell’Italia", poi perché "vengono offese le stesse donne siciliane". Alessandra Mussolini, segretario nazionale di Azione Sociale ed europarlamentare di Alternativa Sociale. Sandro Bondi, coordinatore di FI, si interroga invece sulla salute del ministro: "Lo stesso Amato profeticamente aveva sostenuto l’impazzimento dell’Italia, pensando di esserne personalmente immune".
la Repubblica, 11 luglio 2007

mercoledì 15 aprile 2015

Cervello, scoperto l'interruttore che accende l'ansia


di Valeria Pini

Roma, 31 gennaio 2015

E' come un interruttore capace di 'accendere' o 'spegnere' ansia e paure. E' così che nascono fobie e stati emotivi che paralizzano le persone nei momenti più delicati della vita.Ora un gruppo di ricercatori del Cold Spring Harbor Laboratory ha esaminato come agisce questo meccanismo nei topi, ma anche il ricordo di questo stato d'animo che sopraggiunge quando si scatena il terrore. Lo studio, pubblicato su 'Nature', fa nuova luce sui processi alla base dei disturbi d'ansia.
Perché nei casi più gravi il timore si può trasformare in malattia e condizionare la vita delle persone. Stati ansiosi che ci impediscono di agire, 'paralizzano'. Sono quelle situazioni che spingono a non uscire di casa o a non prendere l'aereo. Tra i disturbi dell'ansia ci sono anche le fobie. In questo caso la paura è collegata a un oggetto specifico che può essere un animale, una situazione o un evento.
Secondo i ricercatori la paura è 'codificata' all'interno dei circuiti neuronali poiché "viene memorizzata in una specifica regione del cervello, l'amigdala centrale - spiega Bo Lì, autore dello studio - e attivata da una molecola già conosciuta, il Bdnf (Brain-derived neurotrophic factor)". Ad indagare per prima su questi fattori neurotrofici fu proprio la scienziata italiana premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini.
Il candidato al ruolo di 'nascondiglio delle ansie' era un gruppo di neuroni che si trovano nel nucleo paraventricolare del talamo (Ptv), una regione del cervello estremamente sensibile alle sollecitazioni e che agisce come sensore per le tensioni fisiche e psicologiche. Secondo gli scienziati la connessione tra amigdala e Ptv è il Bdnf, una cui mutazione è presente nei pazienti che soffrono dei disturbi d'ansia.
In effetti i ricercatori hanno verificato come l'aggiunta di Bdnf all'amigdala attivi i neuroni, innescando una risposta di spavento nei topi che non sono stati esposti a nessuno stimolo pauroso. Inoltre, il fattore promuove la formazione del ricordo dell'attimo di terrore vissuto. "Abbiamo stabilito - concludono gli studiosi - che il Bdnf è un messaggero chimico che permette al Ptv di esercitare il controllo sull'amigdala. Quindi il prossimo obiettivo è sviluppare un trattamento 'ad hoc' per i disturbi d'ansia".
In Italia 8 milioni di persone soffrono di stati d'ansia, mentre 4 lottano contro la depressione, altri 4 di problemi legati all'insonnia e oltre un milione soffre di disturbo post-traumatico da stress.

venerdì 10 aprile 2015

Milano Design Week 2015: dal 14 al 19 aprile

Da Vanity Fair

Fuorisalone 2015: 
gli appuntamenti e i party da segnare in agenda 


Districarsi tra eventi, installazioni, inaugurazioni e party della Milano Design Week è una missione possibile. 
La guida, tutta da sfogliare, agli appuntamenti imperdibili.

di Lidia Pregnolato, 10 apr 2015

Il Fuorisalone, ossia quell’insieme degli eventi distribuiti in diverse zone di Milano che avvengono in corrispondenza delSalone Internazionale del Mobile, è come di consueto distribuito in tutta la città, ma si concentra in tre zone principali – Tortona, Brera e Lambrate - quattro strategiche,San Babila, Sarpi, Porta Venezia e Sant'Ambrogio, e alcuni progetti dedicati. 


Saranno circa 1200 gli appuntamenti della Milano Design Week e ben 400mila i visitatori attesi, per un giro d’affari che si attesterà intorno ai 250 milioni euro. Un’ottima occasione quindi per fare business, ma anche per andare alla scoperta delle installazioni – indoor e a cielo aperto - più interessanti e innovative. Girovagando per la città la scopritrete con occhi diversi e la vedrete in una elettrizzante atmosfera dal respiro internazionale.
Se siete amanti del design e di tutto ciò che gli ruota intorno, quindi, non potete mancare! Certo, districarsi tra gli innumerevoli appuntamenti diventa un’impresa; noi però vi aiutiamo. 


Fuorisalone 2015: gli appuntamenti e i party da segnare in agenda
Clicca sull'immagine per l'agenda degli eventi!


















  Ed ecco la mappa ufficiale degli eventi:













lunedì 6 aprile 2015

Il futuro della mobilità, ad Helsinki



22 lug 2014

Helsinki promette di dire addio alle auto entro 10 anni. Questo il progetto rivoluzionario avviato nella capitale finlandese dove, mediante app e sistemi di trasporto on demand, le auto diventeranno oggetti da museo.


Il sistema si basa sul concetto che ha reso famosa Uber e sarà gestito integrando trasporto pubblico, bike sharing, treni e traghetti, in un sistema cosi efficiente e comodo che i cittadini troveranno totalmente inutile possedere auto.

Il sistema integrato del trasporto pubblico, unito a minubus prenotabili da smartphone, consentirà di creare una fitta rete di interconnessioni capace di rendere comodo ed efficiente muoversi in qualunque destinazione possibile.

La sperimentazione partirà in alcuni quartieri della città finlandese e sarà poi esteso a tutta la città.

Secondo i tecnici che stanno sviluppando il progetto, entro 10 anni, nessuno avrà più bisogno di utilizzare l'auto propria per muoversi in qualunque direzione.

Il punto di partenza è comunque positivo: 800.000 persone dispongono di un abbonamento ai mezzi pubblici su 1,3 milioni di residenti nell'area metropolitana, nonostante il costo di abbonamento sia tra i più alti in Europa, ma con la differenza che, con un singolo titolo di viaggio, si può viaggiare in qualunque mezzo senza dover ogni volta acquistare un titolo apposito.

Questo consente di disporre di ampi finanziamenti al trasporto pubblico, basato su treni, metropolitana e autobus, il tutto integrato al sistema dei traghetti, indispensabili per collegare la città al resto dell'Europa.

Non a caso, HRTA (Helsinki Regional Transport Authority) gestisce 345 milioni di passeggeri all'anno, 550 milioni di ricavi dei quali 270 milioni dai biglietti e, udite udite, il tutto con appena 360 dipendenti (ATAC, che gestisce la Metro Romana, conta 11.800 dipendenti).

La rivoluzione del trasporto rientra nel progetto SuperHub, ovvero SUstainable and PERsuasive Human Users moBility in future cities, un progetto di smart city totale che punta a far divenire Helsinki la città modello per sostenibilità e usabilità.

Una follia inglese: sposarsi con se stessi

Da Agi.it

Donna inglese stanca d'essere single sposa se stessa

6 ott 2014


Grace Gelder says organising a ceremony 'centred on herself' and making personal vows was empowering


Chissa' se altri single seguiranno il suo esempio: una donna, stufa d'essere nubile, ha sposato se stessa. 

Si tratta della londinese Grace Gelder la quale, traendo ispirazione dalla canzone "Isobel" di Bjork, un cui passaggio recita "My name's Isobel, married to myself", dapprima ha messo in scena la proposta di matrimonio e successivamente ha provveduto a dirsi "si'". Il "proposing" ha avuto luogo a Parliament Hill, Londra, nello scorso novembre; le "nozze" invece sono avvenute nello scorso marzo come riporta il "Guardian". 

La signora Grace, fotografa, single da sei anni, ha invitato una cinquantina di amici presso una fattoria nella campagna del Devon e si e' sposata con se stessa suggellando il tutto con un bacio allo specchio. 
La cerimonia - avvenuta con tanto di abito nuziale e lancio di bouquet - naturalmente non ha valore legale, ma almeno Gelder ora non si sente piu' una "single lady". 
(www.backblogfb.blogspot.it)

venerdì 3 aprile 2015

La nuova sede della Fiera di Senigallia, a Milano



di Oriana Liso
4 ott 2014

Il 'confino' negli spazi della stazione di Porta Genova, a Milano, è durato per molti anni, anche se doveva essere una soluzione temporanea. 
Ma ora la storica Fiera di Sinigaglia debutta nella sua nuova sede, la Ripa di Porta Ticinese, nel tratto che va da via Paoli a via Barsanti. 
Non tutte le bancarelle del mercatino saranno, però, sui Navigli: un centinaio di ambulanti hanno ottenuto la concessione - che vale per ogni sabato, dalle 8 alle 18 - mentre un'altra trentina avrà il suo spazio di vendita nel nuovo mercato della domenica nel parcheggio di via Mario Pagano. 

Una decisione, quella della giunta, che per mesi ha provocato polemiche, proteste e ricorsi al Tar (respinti) da parte degli ambulanti da una parte e dei commercianti della zona di corso Vercelli dall'altra: i primi perchè non accettavano lo sdoppiamento, i secondi perchè temevano la concorrenza della fiera. 

Da adesso, però, tutti andranno ai posti stabiliti: l'area all'interno della stazione di Porta Genova, da fine settembre, è tornata al Comune. Sulla Ripa di Porta Ticinese - è la linea indicata dal Comune - non si troveranno bancarelle di prodotti alimentari nè di abbigliamento e oggettistica nuova: l'idea, infatti, è quella di tornare allo spirito di un tempo del mercatino dell'usato, la Carnaby street italiana, con abiti e accessori vintage. 

Restano in allerta i commercianti: sia per le questioni logistiche (sulla Ripa c'è spazio solo per i banchi di vendita, mentre i furgoni dovranno essere parcheggiati nelle vicinanze), sia per il timore che nel parco Baden-Powell, lì accanto, si sviluppi uno spezzone abusivo della fiera stessa.

Milano, la fiera di Sinigaglia debutta sul Naviglio Grande