Da Il Corriere Salute
Cuore dei ragazzi a rischio per il telefonino «notturno»
I settantenni di domani avranno i vasi sanguigni
precocemente invecchiati per i disturbi del sonno
legati all’uso eccessivo dei dispositivi mobili
20 nov 2013
Malattie cardiovascolari: nel futuro, entro il 2030, le morti da queste patologie saranno più comuni nei Paesi dal reddito medio-basso rispetto a quelli dal reddito elevato. E questo a causa di un’errata globale strategia di prevenzione. Non solo, si prevede un’aterosclerosi dilagante nei giovani adulti. Un’”invecchiamento” precoce dei vasi sanguigni: i prossimi quarantenni potrebbero averli comi i settantenni di oggi. Per quale motivo? L’uso dei cellulari di notte. Gli esperti parlano di una preoccupante esplosione dei disturbi del sonno fra gli adolescenti che utilizzano le tecnologie di comunicazione mobile a tarda notte (studio in Svezia e ricerca analoga in Australia). E questo porterà all’aumento dell’aterosclerosi in età più giovane del normale. Con l’espansione dei telefoni mobili nei mercati emergenti (in Africa assistiamo a tassi di crescita molto rapidi), inoltre, il problema potrebbe presto interessare anche i Paesi in via di sviluppo. Tutto ciò nel rapporto The Heart of the Matter, sviluppato dall’Intelligence Unit del settimanale britannico The Economist. Rapporto di diverse pagine e tabelle, promosso da AstraZeneca, che analizza l’impatto delle malattie cardiovascolari (Mcv) nel mondo e arriva a teorizzare la necessità di un nuovo punto di vista sulla prevenzione.
ALIMENTAZIONE, FUMO, INQUINAMENTO - La “globalizzazione” delle Mcv è una realtà: si stanno diffondendo sempre più nei Paesi in via di sviluppo a causa dell’aumento dei fumatori e dell’effetto imitativo rispetto a errati stili di vita dei popoli ricchi, in particolare a livello di alimentazione. Si tende a imitare ciò che è sbagliato. Primo dato negativo: secondo il Global adult tobacco survey, più del 40% degli uomini fa regolarmente uso di tabacco in 8 dei 14 Paesi a reddito medio-basso analizzati. Il secondo: i livelli medi di pressione sanguigna misurati in Africa sono fra i più alti al mondo e, al contrario dei Paesi sviluppati, si registra un costante aumento sia tra gli uomini sia tra le donne sin dagli anni Novanta (tra le cause probabili l’elevata assunzione di sale e la diminuzione dell’attività fisica). Terza negatività emergente: in Africa del Nord e in Medio Oriente la misura del giro vita è fra le più grandi al mondo e l’aumento nell’assunzione di grassi e di cibi “spazzatura” occidentali sta causando un aumento del rischio. Il quarto cambiamento nocivo: in alcuni Paesi, il rapido sviluppo economico sta causando un ingente degrado ambientale, oltre all’inquinamento dell’aria e acustico. Tutti fattori associati a un aumento dei livelli di Mcv (l’urbanizzazione priva di pianificazione porta a questo inquinamento, oltre ad aumentare lo stress e diminuire l’attività fisica, altri due fattori chiave dell’aumento del rischio cardiovascolare).
IL TREND NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO - Queste patologie, nel loro insieme, sono responsabili oggi del 30% delle morti globali: la percentuale sale al 43% nei Paesi sviluppati - in diminuzione rispetto a 20 anni fa (48%) - mentre si attesta al 25% nei Paesi in via di sviluppo, ma con un trend in forte crescita. Il numero complessivo delle morti da malattie cardiovascolari è dunque cresciuto del 13% nei Paesi in via di sviluppo durante gli ultimi vent’anni (erano il 18% nel 1990). Nel futuro, entro il 2030, i decessi da Mcv saranno più comuni nei Paesi dal reddito medio-basso rispetto a quelli dal reddito elevato (secondo le proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, Oms). Brasile, Russia, India e Cina si stanno velocemente avvicinando - per mortalità da cuore e vasi - a Stati Uniti ed Europa occidentale. Inoltre, la malattia delle arterie del cuore (le coronarie) e l’ictus (e qui sono i vasi sanguigni del cervello a essere danneggiati) sono due fra le prime quattro cause di mortalità in tutte le aree del mondo eccetto l’Africa (ma nemmeno questo continente ne è immune). Nei Paesi in via di sviluppo la situazione è più grave: la comparsa delle Mcv è stata rapida e molti Paesi avevano, o ancora hanno, un sistema sanitario inadeguato; colpiscono maggiormente la popolazione più giovane: il 90% delle morti per Mcv in tutto il mondo fra gli under 60 avvengono in Paesi dal reddito medio-basso. Si tratta di un grande peso di mortalità precoce che avrà gravi conseguenze per lo sviluppo di queste Nazioni. L’Economist sottolinea, inoltre, il carattere “ghettizzante” delle malattie cardiovascolari, che si stanno evolvendo in “malattie dei ceti poveri”: le persone meno abbienti hanno più probabilità di contrarre la malattia a causa del mancato accesso al corretto trattamento e alle misure preventive.
PREVENZIONE - E qui si arriva a un nodo cruciale, quello della prevenzione, su cui riflettere per apportare rapidamente cambiamenti strategici. La prevenzione necessiterebbe di un radicale ripensamento a livello globale. Con un forte intervento politico, sanitario e culturale. Possibilmente con schemi più o meno analoghi ovunque. Il gruppo di esperti che hanno stilato il rapporto per l’Economist sottolinea: «I governi assegnano solo una piccola parte della loro spesa sanitaria alla prevenzione delle malattie di qualsiasi tipo, normalmente il 3% nei Paesi sviluppati (dati Ocse e Oms)». E soltanto un quarto dei pazienti riceve il più comune trattamento preventivo, i farmaci anti-piastrinici (studio Prospective urban rural epidemiology, o Pure, su oltre 150.000 persone in 17 Paesi). I tassi di prescrizione riflettono in parte il livello di ricchezza nazionale, ma anche nei Paesi dal reddito elevato soltanto il 62% dei pazienti ha assunto farmaci anti-piastrinici e il 66% ha assunto statine (anti-colesterolo), mentre uno su 9 non ha ricevuto alcun farmaco. Lo studio Pure ha inoltre rilevato che soltanto il 35% delle persone colpite da infarto o da ictus fa in seguito esercizio fisico regolare e soltanto il 39% segue una dieta sana. Mentre il 19% continua a fumare. Altre criticità: i sistemi sanitari sono costruiti sulla cura dei casi acuti, senza incentivi (o quasi) per i medici che investono maggiore tempo nell’educazione alla salute e nella prevenzione secondaria; solitamente i leader politici non vedono alcun vantaggio nel promuovere la prevenzione (preferiscono una spesa che abbia un impatto rapido e visibile, come la costruzione di un nuovo ospedale). Entrambi questi aspetti minano il nostro Paese, “azzoppato” nell’espressione di un’ottima sanità pubblica proprio dalla latitanza della prevenzione. Con danni economici devastanti.
I COSTI - Come spiega l’Economist: il costo globale delle malattie cardiovascolari è pari oggi a oltre 830 miliardi di euro all’anno, con la previsione di toccare i mille miliardi tra dodici anni (studio congiunto effettuato dalla Harvard school of public health e dal Forum economico mondiale). Le singole stime del costo totale annuale delle Mcv per le economie degli Stati Uniti e dell’Europa nello stesso periodo ammontano rispettivamente a 260 e 243 miliardi di dollari (all’incirca il 2% del Pil per entrambe le economie). Consigli dell’Economist? A livello istituzionale occorre portare l’educazione alla salute nelle scuole, incoraggiare un minore consumo di grassi e pensare una progettazione urbana che renda più semplice camminare. Alcuni semplici interventi, come i divieti di fumo nei luoghi pubblici, portano a una riduzione degli infarti nella popolazione interessata pari al 13% entro un anno. Il dibattito sull’efficacia delle “tasse” sul grasso o sulle bevande gassate è aperto (posizioni contrastanti e progetti pilota con risultati discordanti: la tassa sul grasso, per esempio, è fallita in Danimarca, ma è stata un successo nel progetto finlandese in Carelia settentrionale). Infine l’utilizzo della tecnologia per un uso più efficiente del personale e dei servizi sanitari, per diffondere la cultura della salute nella popolazione, per favorire il monitoraggio e così via.
ALIMENTAZIONE, FUMO, INQUINAMENTO - La “globalizzazione” delle Mcv è una realtà: si stanno diffondendo sempre più nei Paesi in via di sviluppo a causa dell’aumento dei fumatori e dell’effetto imitativo rispetto a errati stili di vita dei popoli ricchi, in particolare a livello di alimentazione. Si tende a imitare ciò che è sbagliato. Primo dato negativo: secondo il Global adult tobacco survey, più del 40% degli uomini fa regolarmente uso di tabacco in 8 dei 14 Paesi a reddito medio-basso analizzati. Il secondo: i livelli medi di pressione sanguigna misurati in Africa sono fra i più alti al mondo e, al contrario dei Paesi sviluppati, si registra un costante aumento sia tra gli uomini sia tra le donne sin dagli anni Novanta (tra le cause probabili l’elevata assunzione di sale e la diminuzione dell’attività fisica). Terza negatività emergente: in Africa del Nord e in Medio Oriente la misura del giro vita è fra le più grandi al mondo e l’aumento nell’assunzione di grassi e di cibi “spazzatura” occidentali sta causando un aumento del rischio. Il quarto cambiamento nocivo: in alcuni Paesi, il rapido sviluppo economico sta causando un ingente degrado ambientale, oltre all’inquinamento dell’aria e acustico. Tutti fattori associati a un aumento dei livelli di Mcv (l’urbanizzazione priva di pianificazione porta a questo inquinamento, oltre ad aumentare lo stress e diminuire l’attività fisica, altri due fattori chiave dell’aumento del rischio cardiovascolare).
IL TREND NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO - Queste patologie, nel loro insieme, sono responsabili oggi del 30% delle morti globali: la percentuale sale al 43% nei Paesi sviluppati - in diminuzione rispetto a 20 anni fa (48%) - mentre si attesta al 25% nei Paesi in via di sviluppo, ma con un trend in forte crescita. Il numero complessivo delle morti da malattie cardiovascolari è dunque cresciuto del 13% nei Paesi in via di sviluppo durante gli ultimi vent’anni (erano il 18% nel 1990). Nel futuro, entro il 2030, i decessi da Mcv saranno più comuni nei Paesi dal reddito medio-basso rispetto a quelli dal reddito elevato (secondo le proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, Oms). Brasile, Russia, India e Cina si stanno velocemente avvicinando - per mortalità da cuore e vasi - a Stati Uniti ed Europa occidentale. Inoltre, la malattia delle arterie del cuore (le coronarie) e l’ictus (e qui sono i vasi sanguigni del cervello a essere danneggiati) sono due fra le prime quattro cause di mortalità in tutte le aree del mondo eccetto l’Africa (ma nemmeno questo continente ne è immune). Nei Paesi in via di sviluppo la situazione è più grave: la comparsa delle Mcv è stata rapida e molti Paesi avevano, o ancora hanno, un sistema sanitario inadeguato; colpiscono maggiormente la popolazione più giovane: il 90% delle morti per Mcv in tutto il mondo fra gli under 60 avvengono in Paesi dal reddito medio-basso. Si tratta di un grande peso di mortalità precoce che avrà gravi conseguenze per lo sviluppo di queste Nazioni. L’Economist sottolinea, inoltre, il carattere “ghettizzante” delle malattie cardiovascolari, che si stanno evolvendo in “malattie dei ceti poveri”: le persone meno abbienti hanno più probabilità di contrarre la malattia a causa del mancato accesso al corretto trattamento e alle misure preventive.
PREVENZIONE - E qui si arriva a un nodo cruciale, quello della prevenzione, su cui riflettere per apportare rapidamente cambiamenti strategici. La prevenzione necessiterebbe di un radicale ripensamento a livello globale. Con un forte intervento politico, sanitario e culturale. Possibilmente con schemi più o meno analoghi ovunque. Il gruppo di esperti che hanno stilato il rapporto per l’Economist sottolinea: «I governi assegnano solo una piccola parte della loro spesa sanitaria alla prevenzione delle malattie di qualsiasi tipo, normalmente il 3% nei Paesi sviluppati (dati Ocse e Oms)». E soltanto un quarto dei pazienti riceve il più comune trattamento preventivo, i farmaci anti-piastrinici (studio Prospective urban rural epidemiology, o Pure, su oltre 150.000 persone in 17 Paesi). I tassi di prescrizione riflettono in parte il livello di ricchezza nazionale, ma anche nei Paesi dal reddito elevato soltanto il 62% dei pazienti ha assunto farmaci anti-piastrinici e il 66% ha assunto statine (anti-colesterolo), mentre uno su 9 non ha ricevuto alcun farmaco. Lo studio Pure ha inoltre rilevato che soltanto il 35% delle persone colpite da infarto o da ictus fa in seguito esercizio fisico regolare e soltanto il 39% segue una dieta sana. Mentre il 19% continua a fumare. Altre criticità: i sistemi sanitari sono costruiti sulla cura dei casi acuti, senza incentivi (o quasi) per i medici che investono maggiore tempo nell’educazione alla salute e nella prevenzione secondaria; solitamente i leader politici non vedono alcun vantaggio nel promuovere la prevenzione (preferiscono una spesa che abbia un impatto rapido e visibile, come la costruzione di un nuovo ospedale). Entrambi questi aspetti minano il nostro Paese, “azzoppato” nell’espressione di un’ottima sanità pubblica proprio dalla latitanza della prevenzione. Con danni economici devastanti.
I COSTI - Come spiega l’Economist: il costo globale delle malattie cardiovascolari è pari oggi a oltre 830 miliardi di euro all’anno, con la previsione di toccare i mille miliardi tra dodici anni (studio congiunto effettuato dalla Harvard school of public health e dal Forum economico mondiale). Le singole stime del costo totale annuale delle Mcv per le economie degli Stati Uniti e dell’Europa nello stesso periodo ammontano rispettivamente a 260 e 243 miliardi di dollari (all’incirca il 2% del Pil per entrambe le economie). Consigli dell’Economist? A livello istituzionale occorre portare l’educazione alla salute nelle scuole, incoraggiare un minore consumo di grassi e pensare una progettazione urbana che renda più semplice camminare. Alcuni semplici interventi, come i divieti di fumo nei luoghi pubblici, portano a una riduzione degli infarti nella popolazione interessata pari al 13% entro un anno. Il dibattito sull’efficacia delle “tasse” sul grasso o sulle bevande gassate è aperto (posizioni contrastanti e progetti pilota con risultati discordanti: la tassa sul grasso, per esempio, è fallita in Danimarca, ma è stata un successo nel progetto finlandese in Carelia settentrionale). Infine l’utilizzo della tecnologia per un uso più efficiente del personale e dei servizi sanitari, per diffondere la cultura della salute nella popolazione, per favorire il monitoraggio e così via.
Nessun commento:
Posta un commento