Genitori e figli: l’utilità del saper dire “no”
di Antonella Tommasini, 1 nov 2012
Mi auguro che tanti potranno essere i genitori interessati al problema di stabilire dei confini e di fissare dei limiti al comportamento dei propri figli…L'aumento di libri e programmi televisivi, che parlano di modalità educative, lascerebbe ipotizzare il fatto che si stia perdendo la fiducia nella capacità genitoriale di crescere ed educare i figli. Diffuse sono, oramai, le famiglie in cui ci sono ragazzi che giacciono a lungo di fronte alla televisione, che dedicano un numero spropositato di ore al computer, che manifestano abitudini alimentari scombinate… e che dire della difficoltà di mandarli a letto la sera e, soprattutto, di riattivarli al mattino…Capita spesso che ci si trovi in situazioni in cui bisognerebbe dire di “no”, eppure la consuetudine educativa porta a dire di “sì”. Ma dire sì non sempre è un’occasione di libertà...a volte alimenta la confusione e l’insicurezza…ed espone i figli ad essere travolti da disagi di cui essi, spesso, non sono coscienti. Io stessa sono consapevole di quanto sia complicato essere immune da questa consuetudine che porta con sé venature di gentilezza ed echi compassionevoli. Ma il rischio di dire “sì” quando è il momento di dire “no”, consiste nel privare noi stessi ed i nostri figli di occasioni per poter attingere a risorse interne utili per la crescita personale. Si perderebbe una opportunità preziosa per esercitare quei “muscoli emotivi” richiesti per fronteggiare le frustrazioni della vita. Ad ogni modo l’intento di questo articolo non è quello di appesantire l’animo di tante mamme e tanti papà, di alimentare il loro sentimento di inadeguatezza educativa. E tanto meno quello di fornire un decalogo di precetti su come si possa arrivare a porre dei limiti ai comportamenti dei propri figli. spero, invece, che i lettori possano percepire la spinta a riflettere su se stessi e sulla propria realtà familiare partendo dalla capacità, appunto, di dire “ no”, ricordandosi che ogni possibile gap non rappresenta un punto di “arrivo” ma un punto di partenza…per reinventarsi con creatività ed ottimismo
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