Da QN Quotidiano.net
La Nutella siamo noi: mezzo secolo di dolcezza celebrato in un francobollo
Un francobollo celebra la crema più buona. di VIVIANA PONCHIA
di Viviana Ponchia, 22 gen 2014
CHI SI STUPISCE non sa niente di “eccellenze produttive” o non è mai stato bambino o non ha affondato il cucchiaio dentro la formula magica che trascende gli ingredienti. Zucchero, olii vegetali e nocciole, latte scremato in polvere, cacao, emulsionanti, aromi. Fosse finita lì, semplice come sta scritto sull’etichetta, altro che francobollo, i francesi continuerebbero a spalmare burro sulle tartine. Invece siamo nell’amarcord più felice, dentro il più clamoroso caso di long seller alimentare che travolge in maniera trasversale la popolazione del pianeta.
SI DICE 1964 per intendere il varo effettivo ma in realtà la prima versione della leggenda è del 1946. Il pasticcere albese Pietro Ferrero deve farsi venire una buona idea per fronteggiare la scarsità di cacao dopo la seconda Guerra Mondiale e crea il il Gianduiot, dal nome della maschera di Torino, una pasta dolce fatta con le nocciole aggiunte al cacao e a un po’ di zucchero da vendere in panetti quadrati avvolti in carta stagnola. Si affetta fino alla seconda intuizione del 1951, la Supercrema in versione semiliquida, che va molto oltre le aspettative. Il resto è dietro l’angolo, con l’esordio pubblicitario in un Carosello del ’67 e la sponsorizzazione delle letture sceneggiate tratte dal libro “Cuore” con la regia di Sandro Bolchi. Capito il colpo di genio? Poi arrivano gli anni Settanta e i dispetti di Jo Condor agli abitanti della Valle felice. Incombe la crisi del petrolio del ’73 e dalle braccia del Gigante Amico Nutella passa al claim “mamma tu lo sai”, rassicurante come una carezza. Che mondo sarebbe senza Nutella, si domandano gli anni Novanta. E mica solo quelli. Il rovescio della medaglia (553 kcal per 100 grammi, una bomba) sarà affrontato in stagioni più tormentate con l’invito a un consumo responsabile sempre abbinato all’attività fisica, in combutta con il cuoco della Nazionale pronto a dare consigli. Comunque irresistibile. Più che i processi industriali qui c’entra la fede, si lasciò scappare proprio Michele Ferrero, amato e temuto dai dipendenti, allergico a comparire come un vampiro alla luce. Fu lui ad ammettere che il miracolo del cioccolato che non è cioccolato è opera della Madonna, «senza la quale noi possiamo davvero poco».
BASTA COSÌ, ecco spiegate tante cose, anche il senso del borbottare in dialetto del comandante dell’impero affannato ma lucido nei giorni dell’alluvione del ’94, quando l’azienda contò 100 miliardi di danni, il fango si sostituì alla crema e tutta la pianura attorno al Tanaro finì spalmata di nocciola come una fetta biscottata. Nutella si salvò di nuovo, come era già accaduto in un’altra alluvione del ’48. Il “New Yorker” al 40° compleanno osò addirittura sostituirla alla pasta come simbolo dell’italianità. Gente più ossessiva sostiene che se si mettessero in fila i vasetti prodotti in un anno si arriverebbe a compiere il giro completo della terra. La concorrenza continua a non darsi pace. Il cinema ha assegnato il suo Oscar con la spalmata compensatoria di Nanni Moretti in “Bianca”, che non trova rimedio migliore all’angoscia. Chi ha provato sa e continua ad aspettare la notte con il cucchiaio in mano.
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