di Rossella Cadeo, 30 lug 2014
Sulle pensioni il dibattito è sempre aperto, così come sulle misure
necessarie per completare il percorso – avviato con la riforma Fornero di fine
2011 – per la messa in sicurezza del sistema previdenziale. Si torna a ventilare
l'ipotesi di un contributo di solidarietà sugli assegni più alti (3,5-4mila
euro) da inserire nella prossima legge di Stabilità, si lavora sull'opportunità
di includere anche i pensionati tra i beneficiari del bonus Irpef di 80 euro
(sempre che si trovi la dote finanziaria che permetta di renderlo strutturale),
si cercano nuove strade per allargare la platea dei salvaguardati e reinserire
categorie di lavoratori esclusi, allentando i requisiti fissati con il primo
intervento del 2011.
Il quadro
E se la spesa pensionistica oggi si attesta al 16,3% del
Pil (avendo scongiurato il rischio che si superasse il 18%) per un importo
complessivo Ivs di 170 miliardi (190 incluse le prestazioni assistenziali), è
anche vero che le prestazioni vigenti sono circa 14,5 milioni (oltre 18 compresi
autonomi e altre gestioni) e che il rapporto tra contribuenti e pensioni si è
ridotto da 129,1 a 126,4 dal 2012 al 2013.
Intanto si prevedono assegni meno
ricchi con un costante calo dei tassi di sostituzione (effetto dell'innalzamento
del requisito anagrafico, del passaggio al sistema contributivo ma anche della
congiuntura economica) e da più parti – tra le ultime voci che si sono levate,
quella del commissario straordinario dell'Inps Vittorio Conti, in occasione
della Relazione annuale a Montecitorio – si sottolinea la necessità di un
rilancio delle adesioni alla previdenza complementare.
Bilancio
A fronte di questa situazione in continua evoluzione e da
tenere sotto controllo è comunque possibile fare un primo bilancio
sull'andamento e la distribuzione territoriale degli assegni pensionistici da
prima a dopo la riforma.
Secondo le elaborazioni effettuate dal Sole 24 Ore
sugli ultimi dati Inps, le anzianità (ora sostituite dalla "anticipata") sono
passate dai 2,7 milioni del 2003 ai circa 4 milioni attuali, quasi raddoppiando
in poco più di dieci anni, ma salendo solo del il 4,4% nell'ultimo triennio. Gli
assegni di vecchiaia (i più numerosi) si mantengono da anni intorno ai 5
milioni, con un incremento inferiore al 2% dal 2003 ad oggi, ma segnando
addirittura un calo dell'1,1% dal 2011 al 2013. In ridimensionamento anche i
prepensionamenti: oggi sono circa 295mila mentre nel 2003 sfioravano quota
400mila (-25%), con una diminuzione del 7% nell'ultimo triennio.
Quanto agli
importi, i più elevati si individuano nel segmento anzianità/anticipata e nei
prepensionamenti (1.500 euro al mese la media segnalata dall'Osservatorio Inps)
mentre la vecchiaia si aggira sui 670 euro, per una media totale di circa 1.100
euro.
Sul territorio
Più articolato il quadro territoriale delle pensioni
(che, si ricorda, non corrispondono ai soggetti percettori, ma al numero di
assegni erogati dell'Inps).
A livello complessivo (si veda la tabella
«Pensioni totali» a fianco che include vecchiaia, anzianità e prepensionamenti)
si nota che nelle province del Nord e del Centro Nord le prestazioni "coprono"
da un quarto a un quinto della popolazione, a fronte di una media pari al 16%:
ai massimi si trovano realtà di media grandezza, come Biella, Ancona, Ferrara
(con un rapporto assegni/residenti intorno al 25%) e nella top ten si contano
cinque piemontesi. Ben posizionate le realtà di maggiori dimensioni, come
Torino, Bologna e Milano (sul 21%).
Tutta appannaggio delle province meridionali la coda della graduatoria, dove
Napoli è ultima con il 7,6% mentre altre dieci realtà del Sud (tra cui sette
siciliane) non arrivano al 10% nell'incidenza delle pensioni sulla popolazione.
Un divario, quello dello scenario post-lavorativo, che non poteva non
rispecchiare quello economico-occupazionale.
Anche nelle classifiche che
danno lo spaccato territoriale della «Vecchiaia» e della «Anzianità» (a pagina
3) si osserva un'analoga ripartizione: le pensioni di vecchiaia sono diffuse nel
9% della popolazione italiana, ma la percentuale supera il 15% ad Ancona
(seguita da Imperia, Trieste, Savona e Alessandria) e scende intorno al 5% a
Napoli e in tre siciliane (Siracusa, Catania, Caltanissetta).
Biella, con il 15,4%, seguita da Ferrara e tre piemontesi spicca nelle
anzianità, mentre qui è Crotone a scivolare all'ultimo posto preceduta da
Napoli, entrambe sul 2,2%, indice pari a un terzo rispetto alla media Italia
(6,7%).
Roma – che per "densità" si colloca sotto la media in tutte le tre
classifiche – per gli importi occupa invece il primo posto, seguita da Milano:
entrambe con circa 1.400 euro al mese nella classifica «Pensioni totali» e oltre
2.000 nelle «Anzianità». Napoli si prende una rivincita salendo sul podio nella
categoria «Vecchiaia», dopo la solita coppia. Ma anche negli importi resta ampio
il divario tra Nord e Sud, con Catanzaro fanalino di coda nelle classifiche
«Totale» e «Anzianità» e la sorpresa di Ancona ultima nella «Vecchiaia».
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