Da IlGiornale
I miti sono morti e anche noi non stiamo bene
La fine delle ideologie in Italia si è trasformata in un vuoto ideale e di
speranza
di Francesco Alberoni, 28 lug 2014
È come se l'Europa fosse coperta da una caligine e i suoi abitanti presi da
sonnolenza.
Le élite sono rigide, apatiche. Per tre secoli l'Europa è stata il
centro propulsivo del mondo. La società era pervasa da un'energia collettiva che
spingeva i singoli individui a tentare nuove avventure in tutti i campi, nella
scienza, nella politica, negli affari, nell'arte.
Non c'erano allora università con mezzi sterminati, era l'individuo con la
sua scoperta che cambiava il mondo, come Jenner che inventa il vaccino,
Stephenson la locomotiva, Siemens il telegrafo, Pacinotti la dinamo, Marconi la
radio, Mendel la genetica. In questo clima di ottimismo vulcanico emergono
personalità straordinarie, eccessive. In politica Marx, Lenin, Bismarck, o
grandi avventurieri come Cecil Rhodes. E lo stesso avveniva nella musica, nella
pittura, nell'architettura
Poi tutto si spegne. Ma non si spegne a causa delle spaventose guerre
mondiali. L'attività creativa è continuata fra le due guerre ed anche dopo.
No,
il collasso culturale dell'Europa, è avvenuto negli anni settanta e
ottanta.
Cosa è successo di fatale in quel periodo?
Gli intellettuali hanno
rifiutato le nostre tradizioni e creduto in quattro miti.
Prima quello di
MaoTze-tung e Che Guevara, un rigurgito di marxismo che ha preceduto la sua
morte avvenuta nel 1989 con la caduta del muro di Berlino.
Il secondo ci è
arrivato dagli Usa, come rivoluzione sessuale e libertaria finito in droga e
anarchia emotiva.
Il terzo prometteva la democrazia in tutto il mondo ed è morto
in Iran, in Irak, in Afghanistan, nelle primavere arabe.
L'ultimo è il sogno
dell' Europa come nazione nascente, diventata invece un condomino amministrato
da puntigliosi burocrati.
Ne è rimasto un vuoto ideale e di speranza che in Italia sta trasformandosi
in lotta di tutti contro tutti, in cecità di fronte ai terribili pericoli che
incombono.
Un grave momento storico in cui possiamo solo sperare che si affermi
un'élite di audaci riformatori che non si fa fermare da nessuno e scuota il
paese dal suo sonno mortifero, rimettendo in moto la capacità di vivere e di
rinnovarsi.
La fine delle ideologie in Italia si è trasformata in un vuoto ideale e di
speranza
di Francesco Alberoni, 28 lug 2014
È come se l'Europa fosse coperta da una caligine e i suoi abitanti presi da
sonnolenza.
Le élite sono rigide, apatiche. Per tre secoli l'Europa è stata il
centro propulsivo del mondo. La società era pervasa da un'energia collettiva che
spingeva i singoli individui a tentare nuove avventure in tutti i campi, nella
scienza, nella politica, negli affari, nell'arte.
Non c'erano allora università con mezzi sterminati, era l'individuo con la
sua scoperta che cambiava il mondo, come Jenner che inventa il vaccino,
Stephenson la locomotiva, Siemens il telegrafo, Pacinotti la dinamo, Marconi la
radio, Mendel la genetica. In questo clima di ottimismo vulcanico emergono
personalità straordinarie, eccessive. In politica Marx, Lenin, Bismarck, o
grandi avventurieri come Cecil Rhodes. E lo stesso avveniva nella musica, nella
pittura, nell'architettura
Poi tutto si spegne. Ma non si spegne a causa delle spaventose guerre
mondiali. L'attività creativa è continuata fra le due guerre ed anche dopo.
No,
il collasso culturale dell'Europa, è avvenuto negli anni settanta e
ottanta.
Cosa è successo di fatale in quel periodo?
Gli intellettuali hanno
rifiutato le nostre tradizioni e creduto in quattro miti.
Prima quello di
MaoTze-tung e Che Guevara, un rigurgito di marxismo che ha preceduto la sua
morte avvenuta nel 1989 con la caduta del muro di Berlino.
Il secondo ci è
arrivato dagli Usa, come rivoluzione sessuale e libertaria finito in droga e
anarchia emotiva.
Il terzo prometteva la democrazia in tutto il mondo ed è morto
in Iran, in Irak, in Afghanistan, nelle primavere arabe.
L'ultimo è il sogno
dell' Europa come nazione nascente, diventata invece un condomino amministrato
da puntigliosi burocrati.
Ne è rimasto un vuoto ideale e di speranza che in Italia sta trasformandosi
in lotta di tutti contro tutti, in cecità di fronte ai terribili pericoli che
incombono.
Un grave momento storico in cui possiamo solo sperare che si affermi
un'élite di audaci riformatori che non si fa fermare da nessuno e scuota il
paese dal suo sonno mortifero, rimettendo in moto la capacità di vivere e di
rinnovarsi.
Nessun commento:
Posta un commento