Poste Italiane, tra buoni fruttiferi, polizze e privatizzazione
di Andrea Telara, 12 mag 2014
Che sia a settembre, a ottobre oppure appena prima dell'inverno, poco importa.
Qualunque sarà la data prescelta, il destino del gruppo Poste
Italiane è sicuramente rappresentato dallo sbarco in borsa, con una
privatizzazione che giunge dopo il cambio della guardia ai vertici: il
governo Renzi ha infatti nominato da poco come nuovo amministratore delegato
Francesco Caio, succeduto a Massimo Sarmi.
Prima di debuttare a Piazza Affari, le Poste stanno premendo
sull'acceleratore del business che le caratterizzano ormai da circa un decennio:
la vendita di prodotti finanziari, che ha scalfito completamente il recapito
della corrispondenza nel ruolo di principale attività societaria. Facendo
una radiografia del gruppo Poste Italiane, si scopre infatti una potenza di
fuoco del settore del risparmio gestito, capace di vendere decine di prodotti
d'investimento diversi, dai buoni fruttiferi alle polizze sulla vita, dai
conti correnti ai fondi comuni sino ai piani pensionistici integrativi. Ecco
una panoramica di cosa offrono gli sportelli della prossima matricola di
borsa.
I prodotti meno costosi, e probabilmente più adatti a chi mastica poco di
finanza e non vuole rischiare i soldi, restano i vecchi Buoni Fruttiferi
Postali (Bfp), collocati dagli uffici delle Poste ma emessi dalla Cassa Depositi
e Prestiti e garantiti dallo Stato. Si tratta di strumenti d'investimento
che offrono un duplice vantaggio: non sono soggetti a commissioni (né di
gestione né di sottoscrizione) e hanno conservato un prelievo fiscale del 12,5%
sugli interessi maturati, lo stesso dei titoli di stato, contro la
tassazione del 26% che da luglio graverà invece sugli altri prodotti
finanziari. Attualmente, ci sono in collocamento 9 tipologie di Bfp, che
assicurano rendimenti non proprio stellari. Si parte da un risicato 0,1%
lordo all'anno ma si può arrivare fino al 4% se si tiene il capitale
investito per molto tempo, cioè per circa un ventennio. Le somme di denaro sono
sempre e comunque liquidabili, senza rischi di perdite di denaro.
IL BANCOPOSTA RENDE L'1,75%
Fino al prossimo 30 giugno, i nuovi clienti che aprono un conto corrente
online (il BancoPosta Click) ottengono una remunerazione sulle
giacenze dell'1,75% lordo annuo (1,3-1,4% netto). Per le principali
operazioni (come i bonifici, l'estratto conto o la domiciliazione delle
bollette) il conto BancoPosta Click è privo di commissioni. Sono invece a
pagamento i bollettini postali versati con il canale online (1 euro), le
ricariche della carta prepagata PostePay (1 euro ciascuna) e la quota
annuale della carta di credito (24 euro circa).
POLIZZE E FONDI
Il business più fruttuoso per il gruppo Poste Italiane è però rappresentato
oggi dal collocamento di fondi di investimento e di polizze sulla vita, che
possono contare anche su un nuovo canale distributivo: quello dei promotori
finanziari. Dallo scorso anno, infatti, la società ha iniziato il
reclutamento di professionisti iscritti all'albo dei promotori, che possono
proporre i prodotti finanziari della società anche al di fuori dei tradizionali
sportelli (si tratta di una svolta quasi epocale per il gruppo). La
controllata Poste Vita, specializzata nella vendita di polizze con finalità
d'investimento, è già oggi una vera e propria gallina dalle uova d'oro, con
un fatturato di oltre 16 miliardi di euro (più del 60% di tutto il gruppo).
Molto articolata è anche l'offerta di fondi comuni, attraverso la divisione
Bancoposta Fondi che, in questo momento, sta collocando una decina di prodotti
diversi (monetari obbligazionari, azionari, flessibili e bilanciati).
BOND FIRMATI UNICREDIT
Infine, nell'offerta finanziaria del gruppo non mancano neppure le
obbligazioni, presenti però in misura minore rispetto agli anni passati. Fino
al prossimo 23 luglio, per esempio, le Poste collocheranno un bond emesso da
Unicredit, con scadenza a 6 anni e rendimento fisso del 3,3% lordo nei primi 12
mesi e del 2,1% lordo dal secondo anno in poi. Nel complesso, l'interesse
medio garantito dal titolo è del 2,3% lordo delle tasse, corrispondente
all'1,7-1,8% netto circa. Si tratta di un livello molto vicino a quello di un
Btp di uguale durata, cioè con scadenza nel 2020 che, ai prezzi attuali, rende
l' 1,5-1,6% netto circa all'anno.
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Da gennaio i costi del conto aumentano.
Ma c'è modo di aggirarli, aprendo un
deposito online o utilizzando 3 tipi di servizi: l'accredito dello stipendio, la
domiciliazione delle bollette e la credit card
di Andrea Telara, 2 nov 2012
Cattive notizie per i titolari del
BancoPosta, il conto corrente di Poste Italiane posseduto da circa 5 milioni di nostri
connazionali. Da gennaio prossimo, le tariffe a carico dei correntisti subiranno
un rincaro notevole: il canone annuo del conto salirà di quasi il
60%, da 30,99 a 48 euro, mentre il costo dei bonifici effettuati
negli uffici postali crescerà del 40%, da 2,5 a 3,5
euro. Anche sul libretto degli assegni, sinora gratuito, arriverà un nuovo
balzello di 3 euro. Fanno eccezione soltanto le carte Postamat, il
bancomat delle Poste, il cui canone verrà completamente azzerato, dai 10 euro
attuali.
LE PROTESTE DEI CONSUMATORI.
“I rincari in vista graveranno sulla parte più debole del paese”, hanno
subito commentato le associazioni dei consumatori Adusbef e
Federconsumatori, evidenziando come il BancoPosta sia un prodotto di massa,
molto popolare tra i risparmiatori con un reddito medio-basso. I correntisti che
stanno per subire i rincari possono ovviamente decidere di chiudere il conto e
rivolgersi a un'altra banca, senza sostenere alcun costo. Tuttavia, hanno
fanno notare i vertici delle Poste, “le tariffe dei nostri prodotti rimangono
inferiori a quelle applicate dai principali istituti di credito italiani”. Come
dire: cercate pure in giro, ma troverete ben poche alternative.
SU INTERNET SI RISPARMIA.
Va ricordato, poi, che esiste un modo per evitare
gli imminenti rincari (o almeno alcuni). Il rialzo delle tariffe non riguarderà
infatti tutti i conti offerti da Poste Italiane ma soltanto il prodotto di
punta della società: il conto BancoPosta Più. Il gruppo guidato da Massimo Sarmi offre però ai clienti anche un altro conto
corrente, che può essere gestito completamente su internet, senza mai recarsi
allo sportello. Si chiama BancoPosta Click, non ha nessun canone e
permette di svolgere a costo zero le più comuni operazioni bancarie: dai
bonifici al pagamento delle bollette sino ai prelievi di contante con la carta
Postamat, il cui rilascio è completamente gratuito.
COME EVITARE I RINCARI.
Chi non usa internet, invece, non deve dimenticare che i titolari di
Bancoposta Più hanno a disposizione anche un altro modo per risparmiare. Il
canone, infatti, si azzera completamente per chi svolge
contemporaneamente, attraverso il conto, un'ampia gamma di operazioni, cioè
riceve l'accredito mensile dello stipendio e della pensione (per un importo
minimo di 700 euro), ha domiciliato il pagamento di almeno 5 bollette all'anno e
acquista anche la carta di credito legata al conto (che si chiama Carta
BancoPosta Più). La credit card non è gratis e, attualmente, ha un canone di
30,99 euro all'anno. Anche quest'ultima voce di costo, però, può essere
azzerata se il cliente utilizza la carta abbastanza di frequente ed effettua
almeno 4.800 euro di pagamenti ogni anno (in media 400 euro al mese). Chi segue
questi accorgimenti, dunque, riesce a evitare gran parte dei nuovi balzelli in
arrivo, tranne uno: il rincaro dei bonfici che per adesso, come hanno
sottolineato le associazioni dei consumatori, rimane inevitabile.
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di Giuseppe Cordasco, 15 mar 20140
L’Antitrust apre un’indagine su Poste italiane per abuso di
posizione dominante. Ma cosa succede? Le ragioni sono presto dette.
Da tempo ormai l’Autorità garante per la
concorrenza sostiene che il mercato dei servizi postali necessiti di interventi
forti sul fronte delle liberalizzazioni.
Proprio a questo proposito
l’Authority presieduta da Giovanni Pitruzzella all’inizio di gennaio, in piena
definizione di quello che sarebbe stato il pacchetto di liberalizzazioni del governo Monti , aveva
inviato a Palazzo Chigi una serie di indicazioni.
Si chiedeva in particolare lo scorporo di Bancoposta, che svolgerebbe
ormai attività preminentemente bancaria, una riduzione del servizio
universale (posta, raccomandate, spedizioni...) con una sua più precisa
delimitazione ai servizi ritenuti essenziali, e la regolazione delle
agevolazioni postali concesse dallo Stato per l’editoria e il settore no
profit, che attualmente vengono garantite solo per chi utilizza Poste italiane e
non altri operatori.
Ebbene, di tutte queste annotazioni il governo
ha deciso di non tenere conto in nessun modo e Poste italiane è rimasta,
almeno in un primo momento, uno di quei poteri forti che sono riusciti a fare in modo che
le proprie posizioni non venissero intaccate in nessun modo dalle
liberalizzazioni.
A questo punto l’Antitrust ha deciso di aprire un’istruttoria su una vicenda
di tutt’altra natura. Ha infatti rilevato come Poste svolga in regime di
esenzione dell’Iva tutti i servizi che rientrano nell’ambito del servizio
universale, dalla posta prioritaria a quella internazionale, dalle raccomandate
alle assicurate fino alle spedizione pacchi.
Un privilegio negato invece agli altri operatori attivi nei servizi
postali che devono applicare un’aliquota del 21%. Un problema dunque non di poco
conto, che comunque non cancella l’impressione, sopra citata, che dietro questa
azione ci sia l’intenzione dell’Antitrust di far sentire al governo la propria
delusione.
“In effetti – spiega a Panorama.it Carlo Scarpa economista del gruppo
de lavoce.info nonché esperto di concorrenza e mercati – si tratta di una
lettura possibile, visto che le osservazioni dell’Antitrust non sono state in
nessun modo prese in considerazione dal governo. È curioso poi rilevare che ci
sia l’apertura di un’inchiesta mentre al posto di sottosegretario alla
presidenza del Consiglio siede Antonio Catricalà, lo stesso che fine a
qualche mese era presidente dell’Antitrust. Magari – chiosa Scarpa – avrebbero
potuto telefonarsi prima di avviare la pratica”.
E forse non è neanche un caso che la materia che l’Antitrust vuole mettere
sotto attenzione riguardi questioni fiscali che tirano direttamente in causa il
governo. “In effetti – dice Scarpa – le agevolazioni dell’Iva a cui si riferisce
l’Authority sono competenza del ministero dell’Economia che potrebbe
chiudere la vicenda con un colpo di penna decidendo semplicemente di far pagare
anche Poste italiane come gli altri”.
Staremo a vedere dunque se Monti percepirà l’iniziativa dell’Antitrust come
una forma di pressione e deciderà di intervenire, oppure se continuerà a fare
orecchi da mercante come avvenuto finora.
Dalla sua parte gioca comunque il tempo, visto che l’Antitrust prevede di
chiudere l’istruttoria per febbraio del 2013, un periodo più che sufficiente
per adottare tutte le eventuali misure del caso. Più urgenti sarebbero invece le
liberalizzazioni in un settore come quello dei servizi postali che le attende da
tempo, sostiene Scarpa: “Soprattutto sul fronte dei servizi universali, un
campo in cui Poste italiane gode di vantaggi ormai insostenibili per gli altri
operatori”.
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