martedì 13 maggio 2014

I film in uscita questa settimana, in attesa del Festival di Cannes



di Boris Sollazzo, 12 mag 2014

Ci si prepara per il Festival di Cannes e nel frattempo si dà un'occhiata alle sale cinematografiche che ora cominciano a proporre molti titoli, ma raramente interessanti. Forse perché maggio apre alla bassa stagione del grande schermo - con felici eccezioni: ricordiamo che uscirono in questo mese, qualche anno fa, Il Divo e Gomorra -, forse perché ci si affretta a proporre al pubblico opere più o meno deboli prima che arrivi l'estate, momento difficilissimo, in Italia, se non sei un blockbuster.

Di sicuro il migliore è Alabama Monroe, lungometraggio belga che ha conteso l'Oscar a Paolo Sorrentino quest'anno, storia d'amore e lutto di grande impatto. 
Solita lezione di regia di Atom Egoyan in Devil's Knot- Fino a prova contraria, che con un thriller ci regala anche un apologo morale-legale di alto livello. 
Gustoso e originale Marina, interessante ma poco riuscito The German Doctor dell'ottima cineasta argentina Lucia Puenzo, discontinuo e poco omogeneo Parker, un'occasione persa Lovelace
Ce ne sarebbero almeno un'altra decina da citare – ben 17 i film all'esordio questa settimana -, ma abbiamo deciso di fare una selezione.

Partiamo, dunque, con Alabama Monroe-Una storia d'amore
Difficile resistere alla potenza semplice e disarmante di un'opera che pone i sentimenti davanti allo spettatore in tutta la loro dirompente fragilità: da quell'amore tra una attuatrice e un suonatore di banjo, outsider di un Belgio ben più conformista di loro, qualcosa di apparentemente sbagliato ma inevitabile e irresistibile, a un lutto inaccettabile. Di quelli che lacerano chiunque, figuriamoci una coppia. Felix Van Groeningen ci fa entrare nella vita e nelle emozioni di Elise e Didier in modo che non possiamo lasciarli più, sa muovere la macchina e l'empatia come pochi altri, fuori dalla retorica e dalle scorciatoie narrative ed emotive. Ad aiutarlo, va detto, c'è un'attrice con i fiocchi, Veerle Baetens, che porta sulle spalle il peso di un lungometraggio che ti disorienta e coinvolge, per la sua capacità di raccontarti una coppia meravigliosamente imperfetta, la sua gioia nello stare insieme e il dolore per qualcosa che ti viene strappato via ingiustamente.

Non stupisce Atom Egoyan in Devil's Knot- Fino a prova contraria
Che sia un cineasta di grande spessore, soprattutto in quell'occhio e in quei movimenti di macchina che risultano semplici solo grazie alla sua perizia, lo sapevamo da tempo, così come della sua attitudine al noir. Spesso, però, il suo talento visivo gli faceva trascurare (troppo) l'aspetto del racconto in senso stretto. Qui non accade: in sceneggiatura rende esemplare e persino fluida una vicenda complessa, non perdendo il suo tocco. Si concede, poi, come spesso gli accade, anche un messaggio morale, visto che un ottimo Colin Firth qui è un avvocato che cerca la verità su un delitto insopportabile, contro l'infanzia, battendosi, gratuitamente, per difendere tre ragazzi dalla pena di morte.


Va promosso anche Marina, una "favola" classica su un protagonista originale, il fisarmonicista Rocco Granata. Storia di emigrazione, in Belgio, e di integrazione, perché la musica è un linguaggio universale, come l'amore. Rocco ci fa diventare persino patriottici quando, in barba al padre e a un paese ostile, segue il suo sogno e cerca di conquistare tutti, a partire dalla sua Marina, una fiamminga che va matta per l'Italia e la musica melodica. La storia è vera, il melodramma è di quelli strappalacrime, Luigi Lo Cascio è in una veste inconsueta, sopra le righe, e Donatella Finocchiaro, malinconica e profonda, invece, fa da contrappeso alla sua esuberanza. La prova del regista Stijn Coninx sembra uscita da un cinema di quarant'anni fa, e forse più. Ma è proprio questo il suo grande fascino, la capacità di trascinarti con leggerezza ed emozioni semplici proprio come faceva la "hit" a cui il film ruba il titolo. 

Poco riuscito, invece, The German Doctor
Eppure il tema era interessante – il nazismo che si nasconde in Sud America, con tutte le ambiguità di un "demonio" fuori dal suo inferno - e la regista è tra i più brillanti talenti della sua generazione. Lucia Puenzo, per chi lo ricorda, è colei che ha diretto il bellissimo XXY, che passò per Cannes e arrivò vicino agli Oscar. Qui si produce in una performance altalenante: raccontare Mengele e soci, senza disegnare il mostro, rischia sempre di essere un'impresa impossibile. E così se alcune intuizioni fanno centro, il complesso del film non decolla mai, troppo intimorito da ciò che racconta e troppo poco incisivo nei momenti cruciali.

Chiudiamo con due opere che potevano essere decisamente migliori. Parliamo di Parker, che doveva mixare lo stile dei romanzi di Westlake a quello del proprio protagonista, Jason Statham. 
Per chi conosce entrambi, sa che ne sarebbe uscito un film di genere delizioso. Peccato, però, che si prenda il peggio di entrambi e quindi si intraveda solo l'intenzione di ciò che doveva essere. Detto questo, l'ambiziosa storia di vendetta e l'abilità di incassatore di Parker, insieme a una Jennifer Lopez di nuovo brava (che sorpresa), ci regalano qualche scena riuscita. 

Al contrario di Lovelace, dove l'unico momento davvero bello, è il finale. Là si capisce cosa il film doveva e poteva essere. Prima, invece, è indeciso se essere la parodia di un porno molto soft o il melodramma d'amore di un'attrice fallita. Linda, diva del porno per il cult Gola profonda, simbolo di una rivoluzione culturale e pruriginosa prima e femminista poi – pur essendo rimasto nel mondo della celluloide per soli 17 giorni - meritava di meglio. 

Nessun commento:

Posta un commento