L'imbarazzo del copyright
Il regolamento AGCOM finalmente si svela per quel che è. Uno strumento in mano ai detentori dei diritti per aggirare i tribunali e procedere all'oscuramento di interi domini
di Massimo
Mantellini, 12 mag 2014
Chi conosce le logiche Internet degli industriali dei contenuti non si
sarà stupito più di tanto. Nel giro di poche settimane dalla sua entrata in
vigore il Regolamento Agcom sul diritto d'autore si è trasformato da meccanismo
di tutela degli interessi legittimi degli aventi diritto in chiaro strumento
censorio, che agisce indiscriminatamente su migliaia di contenuti che nulla
hanno a che fare con gli interessi di chi ha materialmente chiesto all'Autorità
di vedere tutelata una opera di cui è legittimo detentore dei diritti.
La
maggioranza dei provvedimenti di rimozione emessi da Agcom - come scrive Guido
Scorza sul suo blog su Il Fatto Quotidiano -
non riguardano la rimozione del brano musicale X o del film Y che il detentore
dei diritti ha trovato su Internet dove un pirata lo aveva caricato
illegalmente, ma si riducono, più semplicemente, in nome di questo singolo
diritto violato, a blacklistare interi siti web, in genere tracker torrent, nei
quali quel singolo file era linkato.
Si tratta di un meccanismo di
coercizione interessante per due ragioni. La prima perché si intesta con
leggerezza ed arroganza la definizione di siti pirata e con grande comodità
sostituisce la tutela di un singolo diritto con quella di una intera categoria.
La seconda perché spiana il campo da ogni fastidiosa diatriba intellettuale su
cosa sia o cosa non sia illegale affidando una simile complicata valutazione
alla scure del padrone del copyright il quale, avendo a cuore i propri sudati
diritti, non si preoccuperà troppo di disboscare qualsiasi altra cosa intorno.
In particolare questo secondo punto è fondamentale. Con il suo regolamento Agcom
ha tolto ai tribunali la giurisdizione culturale sull'illecito dei contenuti di
Rete. Seguendo le pressanti indicazioni degli industriali, ripetute per un
decennio, Agcom ha infine saltato il filtro previsto dalla legge per cui spetta
ad un organismo che tutela l'interesse dei cittadini scegliere di volta in volta
quali siano metodi, gradualità e conseguenze di un illecito
penale.
Esultano quindi gli estremisti del copyright ai quali finalmente
è riuscito il giochino da tanto tempo sognato. Oggi bastano loro un paio di
scartoffie digitali ed una generica richiesta di tutela di un proprio contenuto
per allontanare dalla visione degli italiani decine di interi siti web
attraverso un provvedimento coercitivo che interessa ovviamente anche i
fornitori di connettività, ai quali eventuali disobbedienze costeranno
salatissime multe.
Tutto questo per saltare i tempi biblici e le paturnie
di una magistratura largamente inefficiente e spesso inadeguata, ma anche per
sancire una sorta di imbarazzante muro contro muro. Un noi e loro che si basa
sulla constatazione secondo la quale esistono i miei diritti e nient'altro
attorno. In nome della loro tutela qualsiasi scelta può essere accettabile,
meglio se presa direttamente da me. Una legge del taglione digitale
inaccettabile in una democrazia compiuta.
Tutto il resto sono sciocchezze
per chi ha voglia di crederci. La cortina fumogena di una Autorità dello Stato
che ha scelto di votarsi ai desiderata dell'industria mettendo in secondissimo
piano i diritti dei cittadini, che ha raccontato al mondo una favoletta morale
sul bilanciamento fra offerta e coercizione fra grandi e piccoli
pirati.
Nulla di tutto questo è rilevante. Conta solo la volontà, mille
volte ripetuta da parte degli industriali dei contenuti, di occuparsi
direttamente della tutela dei propri diritti violati in Rete. Vogliono farsi
giustizia da soli visto che - dicono - nessuno ascolta i loro peana. Per ora non
gli è riuscito di farlo direttamente. Con il Regolamento Agcom potranno però
farlo con maggior facilità, attraverso un intermediario debole ed imbarazzante.
Imbarazzante specialmente per noi cittadini.
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