di Federico Mereta, 12 mag 2014
Ricordate le vecchie auto che nelle più calde giornate estive iniziavano a
"fumare" per l'eccessiva temperatura dell'acqua? Qualcosa di simile capiterebbe
anche al cervello umano. Solo che per la fonte del nostro pensiero la
contromisura non è l'aggiunta di liquido refrigerante, quanto piuttosto una
salva interminabile di sbadigli.
A lanciare questa originale teoria sull'origine dello sbadiglio e sulla sua
provata contagiosità è una ricerca condotta all'Università di Vienna, dagli
scienziati guidati da Jorg Massen, apparsa su Physiology & Behavior. Secondo
gli studiosi, sbadigliando non si fa altro che "refrigerare" il cervello che ha
raggiunto una temperatura troppo elevata attraverso l'immissione di ossigeno che
avviene proprio attraverso questa respirazione forzata.
Ovviamente, la temperatura ambientale sarebbe una sorta di "misuratore" per
il rischio di sbadigli irrefrenabili: in estate, soprattutto dalle nostre parti,
si genera un clima ideale per questo atto. Attenzione però: il troppo caldo
diverrebbe una sorta di controllo autonomo, con una riduzione del numero di
sbadigli quando la temperatura esterna raggiunge o supera quella del corpo
umano.
Per spiegare l'originalissima ipotesi di lavoro, gli scienziati austriaci
hanno seguito una popolazione viennese, confrontando poi i risultati con quelli
di un test simile condotto dall'altra parte dell'Oceano, in Arizona. Alle
persone che camminavano tranquillamente per la strada è stato proposto di
osservare foto di persone che sbadigliavano, contando sull'innegabile effetto
contagio, sia in estate che in inverno. Studiando le risposte dei partecipanti
all'indagine, i ricercatori hanno visto che gli sbadigli a Vienna erano più
frequenti in estate rispetto all'inverno.
Mentre in Arizona accadeva l'esatto contrario. A quel punto si è addirittura
arrivati a definire la temperatura esterna maggiormente a rischio: più o meno
intorno ai 21 gradi, resistere allo sbadiglio contagioso è quasi impossibile.
La
necessità di "raffreddare" il cervello appare molto più limitata quando invece
si arriva oltre i 36 gradi, quindi in linea con la temperatura corporea, o
quando la temperatura nella capitale austriaca si avvicinava allo zero. Il
motivo?
Secondo gli studiosi questa apparente incongruenza si spiegherebbe con
l'elevata temperatura corporea da un lato e con la mancanza di una "correzione"
al microclima interno del cranio in presenza di temperature particolarmente
rigide.
La teoria "made in Austria" è sicuramente affascinante, ma ci vorranno ancora
ulteriori studi per provarne la veridicità scientifica. Certo è che per ora non
esistono prove certe che dimostrino con test sull'ossigenazione del sangue il
modo in cui sbadigliando si accresce la disponibilità del prezioso nutrimento
che viaggia all'interno dei globuli rossi.
Probabilmente, però, "raffreddando" il cervello si migliorano le prestazioni
cognitive: in questo senso, l'invincibile tentazione di sbadigliare di fronte a
chi apre la bocca allo stesso scopo potrebbe essere un meccanismo per aumentare
il livello di attenzione delle persone che vivono assieme.
Una sorta di allarme
naturale che, con l'evoluzione, avrebbe perso molta della sua utilità
lasciandoci solo una tremenda sensazione si stanchezza e assopimento quando il
cervello è surriscaldato!
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