Non è una leggenda né un thriller: sette
persone accedono alle cassette di sicurezza con i codici per la password
dell’Icann
di Claudio Leonardi, 4 mar 2014
Internet ha un fondamentale organo di governo che si chiama Internet
Corporation for Assigned Names e Numbers (Icann), di cui abbiamo più volte
spiegato funzioni ed evoluzione su queste pagine. In sostanza, l’Icann controlla
e gestisce l’assegnazione degli indirizzi numerici che corrispondono, poi, ai siti web a cui
tutti i giorni ci colleghiamo. Molto si è fatto per rendere quest’organo
indipendente da autorità governative, prima fra tutte quella statunitense di cui era inizialmente una emanazione
diretta.
È piuttosto chiaro quale concentrazione di dati si possa trovare sui computer
dell’Icann, un autentico Fort Knox dell’informatica sognato da hacker,
cyberterroristi e, magari, spie governative. Se qualcuno riuscisse a penetrare
in quell’archivio digitale, i danni sarebbero enormi e la sua ricostruzione
laboriosa.
I responsabili dell’organizzazione ne sono consapevoli, tanto da avere deciso
di non concentrare nelle mani di un singolo tutta la responsabilità, né di
distribuirla a troppi. Sono state scelte sette persone, sette “mastri di
chiave”, custodi della sicurezza. Sono state poi selezionate altre sette persone
come portachiavi di backup: 14 in tutto.
Nelle loro mani ci sono altrettante chiavi fisiche, senza nulla di
particolarmente tecnologico, in grado di sbloccare cassette di sicurezza in
tutto il mondo. Dentro quelle scatole si trovano, invece, le chiavi
intelligenti, sette smartcard che unite insieme formano la “chiave master”,
quella che è, finalmente, una password in senso stretto che schiude le porte al
database di ICANN.
Ma come sa chiunque lavori su una rete aziendale, nessuna password è sicura
se non la si rinfresca, almeno ogni tanto. L’organo di governo della Rete ha
deciso che ogni tanto significa quattro volte all’anno. Quattro appuntamenti in
cui i sette portachiavi umani confluiscono da diversi angoli della Terra, si
riuniscono e cambiano la password. Ma non immaginate una comitiva che confabula
e poi decide. La cerimonia comporta il passaggio attraverso una serie di porte
chiuse a chiave, l’uso di codici chiave e scanner a mano per arrivare in una
stanza che è definita tanto sicura da tenere sotto implacabile controllo
qualunque comunicazione elettronica. Ciascuno, poi, cambia il proprio pezzo di
codice, singolarmente.
L’immagine è suggestiva e sembra presa da una riunione della Spectre
(l’associazione criminale contro cui combatteva l’agente 007), o da un romanzo
di Dan Brown. È invece cronaca e, quasi, telecronaca nel pezzo pubblicato dal
Guardian e firmato James Ball, che ha incontrato in passato i sette
adepti. E il racconto è un miscuglio tra procedimenti di controllo da
fantascienza e chiacchiere tra “funzionari”.
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