giovedì 27 marzo 2014

La situazione del trasporto ferroviario in Italia



di Andrea Malan, 27 mar 2014

Nei mesi scorsi hanno fatto giustamente impressione, e destato una certa attenzione dei media, le cifre sulle immatricolazioni di automobili in Italia, tornate ai livelli di fine anni 70. Non ha destato una simile eco il netto calo - e la stagnazione di lungo periodo - di un altro indicatore di mobilità che ha valore economico: il trasporto viaggiatori per ferrovia. Nonostante la crescita dei collegamenti ad alta velocità (seguita all'apertura della rete AV tra fine 2005 e fine 2009), la tendenza in atto da almeno vent'anni vede il trasporto passeggeri su rotaia in Italia in stagnazione - a fronte di una crescita significativa, nello stesso periodo, in tutti i maggiori Paesi europei.


Il confronto europeo
La domanda di trasporto ferroviario (misurata in passeggeri/chilometro, ovvero il numero dei passeggeri moltiplicato per i chilometri percorsi da ciascuno) è stata nel 2012 in Italia pari a 44,59 miliardi, contro i 44,71 del 1990 (-0,3%). Nello stesso periodo il traffico è cresciuto del 35% in Spagna, di quasi il 40% in Francia, del 42% in Germania e del 75% in Gran Bretagna (si veda la Tabella n. 1; le fonti sono Eurostat e i bilanci aziendali). La performance italiana è peggiorata negli ultimi 5 anni, quelli della crisi economica, che hanno visto in Italia un calo dei passeggeri di oltre il 10% (-10,4%) contro il +9% della Francia, +10% della Germania e il +20,7% della Gran Bretagna. Anche la Spagna, in questo periodo, è riuscita a fare meglio con un +2,8% nonostante una crisi economica ancora peggiore di quella italiana.
La dinamica economica negativa, peraltro, spiega una parte limitata del problema italiano. Il calo del 10,4% del traffico in Italia dal 2007 al 2012 si riduce a un -3,7% se depurato dalla contrazione del Pil; ma negli altri Paesi il traffico è andato meglio del Pil: dal +6% della Germania al +25% della Gran Bretagna. Lo scenario cambia solo in parte nel lungo periodo: la stabilità del traffico ferroviario passeggeri in Italia tra il 1990 e il 2012 si confronta con un +19% del Pil; il rapporto traffico/Pil è dunque nettamente sceso; in questo all'Italia si aggiunge la Spagna, dove la crescita del traffico non ha tenuto dietro all'espansione economica. Il rapporto è invece rimasto stabile in Francia ed è cresciuto dell'8% circa in Germania e Gran Bretagna.



Una prima riflessione
Se l'obiettivo della ferrovia è quello di trasportare passeggeri (e merci, di cui non ci occupiamo qui), la politica italiana di questi vent'anni non si può certo considerare un successo - tanto più alla luce degli investimenti colossali che il settore ha assorbito: 35 miliardi di euro per il solo asse ad alta velocità Torino-Milano-Roma-Napoli. A questo proposito, in realtà, il confronto europeo evidenzia un'assenza di correlazione diretta tra gli investimenti in nuove infrastrutture e l'andamento del traffico complessivo: l'Italia, che molto ha investito, è in coda; la Gran Bretagna, Paese che sta ancora discutendo se costruire o no la sua prima vera linea ad alta velocità, ha visto un vero e proprio boom del traffico passeggeri. Anche per effetto di questa stagnazione, in Italia la quota del ferro (compresi tram e metropolitane) sul totale degli spostamenti terrestri (dati Eurostat) è scesa dal 5,8% del 2001 al 5,1% del 2011; nello stesso periodo in Spagna è rimasta ferma al 5,5%, in Gran Bretagna è salita dal 5,3% al 7,5%, in Germania dal 7,6% all'8,1%, in Francia dall'8,5% al 10,3%.



Le cifre del caso italiano
Per capire meglio i numeri italiani (un'analisi approfondita è qui impossibile per ragioni di spazio) è utile separare il traffico a lunga percorrenza (alta velocità e non) da quello regionale (si veda la Tabella n. 2, i cui numeri vengono dai bilanci di Trenitalia).


Tabella 2


Nel campo della lunga percorrenza, il forte incremento del traffico AV dopo la progressiva apertura delle linee (tra il 2005 e il 2009) non è bastato a compensare i tagli al resto del traffico. I dati dei bilanci Trenitalia distinguono i treni a mercato da quelli del servizio universale, e permettono anche di confrontare l'andamento dell'offerta (misurata in treni/chilometro) con la domanda (espressa, come detto, in passeggeri/chilometro). Nel quinquennio 2007/2012 l'offerta di treni "a mercato" è cresciuta del 6%, essenzialmente grazie ai vari tipi di "frecce"; la domanda è però calata del 2,2 per cento. Nel comparto "universale contribuito", che comprende i treni notturni, gli espressi ed altre categorie a tariffa regolata, l'offerta è stata tagliata del 35% con un crollo del 55% della domanda. Sommando le due categorie, il traffico a lunga percorrenza ha visto una riduzione del 12,8% dell'offerta e un tonfo del 21% dell'utilizzo.
Di fatto Trenitalia ha progressivamente eliminato, nell'ambito della politica di riequilibrio dei conti, i servizi "a prezzo politico", ovvero quelli le cui tariffe sono fissate (e calmierate) dallo Stato e i cui introiti erano i più bassi rispetto ai costi di produzione; i passeggeri sono stati in parte dirottati verso le frecce, in parte lasciati alla crescente concorrenza dei voli low cost (quelli dei treni notturni, per esempio, e degli espressi Nord-Sud), in parte all'automobile (la quale conserva peraltro, in Italia come negli altri grandi Paesi europei, una quota sui viaggi complessivi che avvicina o supera il 90 per cento).



Il traffico regionale
Leggermente meglio è andata nel traffico regionale, anche se un confronto sui numeri è più difficile in quanto nel 2011 da Trenitalia è stata scorporato il ramo di attività più grosso - quello lombardo - confluito in Trenord, joint venture con la Regione Lombardia. Dal 2007 al 2010 Trenitalia (Lombardia inclusa) ha aumentato l'offerta regionale del 2% e la domanda è aumentata del 4 per cento; i due anni successivi hanno visto un calo del 5% dell'offerta e del 2% della domanda. In questo campo sono decisivi la strategia e le politiche di spesa locali. Fin dalla regionalizzazione del 2000, poche regioni (soprattutto Toscana, Lombardia, Emilia e le province autonome di Trento e Bolzano) hanno scommesso sul trasporto ferroviario investendo risorse proprie; le altre si sono accontentate di conservare lo status quo e hanno poi iniziato a tagliare quando sono diminuiti i trasferimenti dallo Stato e quando i problemi della finanza locale si sono fatti più gravi (Trenitalia ha più volte lamentato i mancati pagamenti dei servizi da parte di alcune regioni). Un'analisi più approfondita e ricca di dati si trova sul sito www.miol.it/stagniweb.



Il piano industriale di Ferrovie dello Stato
Nei giorni scorsi le Ferrovie dello Stato Italiane (Fsi) hanno presentato il loro piano industriale 2014-2017. Per quanto riguarda il trasporto passeggeri, il piano punta a un aumento della quota di mercato nei servizi AV (dall'81,8% all'83,8% in quattro anni), su un mercato previsto in espansione del 14%; dall'anno prossimo Trenitalia potrà contare sui nuovi Frecciarossa 1000. È prevista anche una crescita (2% annuo) dei passeggeri del servizio universale (quello sussidiato). Nel trasporto regionale, che sarà oggetto nel periodo di investimenti per 200 nuovi convogli, l'obiettivo è una migliore integrazione del treno con i servizi su gomma, con un calo previsto del 5% circa (dal 2013 al 2017) della produzione di servizi ferroviari e una scommessa sulla crescita dei bus.




Politica dei trasporti cercasi
Il tema delle risorse finanziarie è fondamentale: il trasporto ferroviario è sussidiato ovunque, sia pure in misura diversa. In presenza di una copertura dei costi con i ricavi da traffico che in Italia è nettamente inferiore a quella degli altri Paesi, solo in alcuni casi si è tentato un rilancio cercando efficienze sui costi o aumentando i prezzi dei biglietti per finanziare un miglioramento dell'offerta; nella maggior parte dei casi si è scelta la strada dei tagli ai servizi. I vari Governi che si sono succeduti, dal canto loro, hanno investito molto in nuove infrastrutture mentre hanno ridotto o precarizzato i contributi annui di gestione. Si arriva così a paradossi come quello del Piemonte, che al (quasi) completamento di un'infrastruttura come il Passante ferroviario di Torino non ha (o non ha voluto trovare) i soldi per mettere in piedi un servizio di livello appetibile, pur avendo negli ultimi anni tagliato un quarto delle linee ferroviarie regionali.
Dal punto di vista normativo, la politica in questi anni è intervenuta più volte (c'è chi ha contato 18 leggi in materia in meno di 4 anni), con uno stop and go in materia di liberalizzazioni che ha di fatto soffocato l'apertura alla concorrenza del trasporto regionale. Più in generale, è mancata e manca tuttora una politica complessiva dei trasporti, al di là di singole e generiche affermazioni di principio. Queste tre sfide - politica dei trasporti, risorse e liberalizzazione - passano ora sul tavolo del Governo Renzi. Avrà il tempo di affrontarle?

La predica di Papa Francesco ai Parlamentari italiani

Da IlSole24Ore

Il Papa ai parlamentari: lontano dal popolo classe dirigente si corrompe

27 mar 2014

Una classe dirigente che si «allontana dal popolo» che si è «chiusa nel proprio gruppo, partito, nelle lotte interne», diventa «gente dal cuore indurito»: «da peccatori scivolano in corrotti». 


E' il monito di Papa Francesco che questa mattina alle 7 ha celebrato la messa presso l'Altare della Cattedra di San Pietro davanti a 492 parlamentari italiani. 

Presenti i presidenti di Senato e Camera, Piero Grasso e Laura Boldrini, insieme a nove ministri. Tra i ministri presenti, Angelino Alfano, Maria Elena Boschi, Stefania Giannini, Maurizio Lupi, Andrea Orlando, Marianna Madia e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio.


Papa ai parlamentari: peccatori saranno perdonati, corrotti no 

Papa Francesco ha ricordato ai parlamentari italiani, nell'omelia della messa celebrata per loro in San Pietro questa mattina alle 7, che «i peccatori pentiti sono perdonati. I corrotti no, perché rifiutano di aprirsi all'amore». Lo rivela su Twitter, Renato Farina, vaticanista di lungo corso, poi eletto nelle liste del Pdl.



Ministri e centinaia parlamentari a messa in San Pietro 
In tutto alla messa, oltre al presidente del Senato e a quello della Camera, e ai segretari generali di Camera e Senato, erano presenti 176 senatori, 298 deputati, nove ministri e 19 sottosegretari. 

Considerando anche i tre parlamentari europei e 23 ex parlamentari, in totale i politici presenti erano 518. 
 Il Papa è entrato in basilica poco prima delle 7.00. La liturgia è durata circa 40 minuti.

Italia: il saldo fiscale tra Entrate e Spese dello Stato per Regione.


Dati Regionali 2012 shock sul Residuo Fiscale. 
Saldo attivo per 95 miliardi al Nord

di GPG Imperatrice, 27 maggio 2013

Di seguito la stima del Saldo dei Residui Fiscali nel 2012, regione per regione.

I saldi sono calcolati a partire da dati RGS ed ISTAT, confrontando le Entrate Complessive Regionalizzate (fiscali e contributive) e le Spese Complessive Regionalizzate (escludendo quelle per Interessi). 
Il saldo complessivo e’ il saldo Primario 2012 dell’Italia.

RESIDUI FISCALI COMPLESSIVI: LOMBARDIA IN ATTIVO RECORD PER 56,5 MILIARDI
Il Nord presenta un Residuo Fiscale attivo per quasi 95 miliardi di Euro, l’Italia centrale di 8, il Mezzogiorno un passivo di 63.
La Lombardia da sola ottiene un saldo attivo di oltre 56,5 miliardi, Emilia Romagna e Veneto circa 15.
Tra le regioni in passivo: Sicilia e Campania 16 miliardi, Puglia 12,5 e Calabria quasi 9 miliardi.

SALDI IN % SUL PIL: LOMBARDIA HA UN RESIDUO FISCALE RECORD PARI AL 17% DEL SUO PIL, IL MEZZOGIORNO UN PASSIVO DEL 17% DEL PROPRIO PIL
Il Nord presenta un Residuo Fiscale attivo dell’11% del PIL (la Germania e’ al 2% come saldo primario attivo), l’Italia centrale al 2,4%, il Mezzogiorno un passivo del 17%.
La Lombardia da sola ottiene un saldo attivo del residuo fiscale del 17% del proprio PIL, Emilia Romagna 11%, Veneto 10%.
Tra le regioni in passivo: la Calabria ha un deficit del 26% del proprio PIL, la Sicilia 19%, Campania e Puglia sul 17%.

SALDI PROCAPITE: OGNI LOMBARDO CEDE AL RESTO D’ITALIA QUASI 6.000 EURO, NEL MEZZOGIORNO OGNI CITTADINO RICEVE IN MEDIA TRA 3.000 E 4.000 EURO DI SPESA PUBBLICA IN PIU’ DELLE TASSE CHE PAGA
Il Nord presenta un residuo fiscale attivo di quasi 3.500 Euro pro-capite, l’Italia centrale 700, il Mezzogiorno un passivo di oltre 3.000 euro a testa.


Conviene, oggi, surrogare il mutuo?



di Vito Lops, 27 mar 2014

Gli italiani che stanno rimborsando un mutuo hanno sempre una domanda latente in testa: mi conviene surrogare? Surrogare vuol dire spostare il mutuo in un'altra banca che offre condizioni più vantaggiose rispetto a quelle pattuite con la propria al momento della stipula. Una domanda che trova ancor più fondamento dal fatto che dal 2007 la surroga (che permette di modificare tasso e durata ma non importo del finanziamento) è a costo zero (portabilità gratuita introdotta dall'allora ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani). Si differenzia invece la sostituzione con cui si modifica anche l'importo del finanziamento e quindi è necessaria una nuova ipoteca e pagare un nuovo atto notarile.
Va detto che in teoria è possibile surrogare il mutuo più volte (un po' come è possibile cambiare gestore telefonico a caccia delle migliori offerte) ma in pratica questo bonus è concesso dal sistema banacario solo una volta. La banca che perde un cliente sostiene dei costi (non ha il tempo di ammortizzare delle spese fisse sostenute per acquisirlo e concedergli il mutuo). Questo vuol dire che i surrogatori seriali non sono visti di buon occhio anche dalle banche che concedono nuove surroghe (perché per la stessa logica potrebbero perdere il nuovo cliente a breve e subire una perdita). Quindi, se ci si presenta a chiedere una surroga presso una nuova banca questa farà prima uno screening sul sistema informativo creditizio e, se capirà di trovarsi dinanzi a un cliente col vizietto della surroga, molto probabilmente deciderà di non imbarcare il nuovo mutuo.
Per questo motivo è bene scegliere di surrogare in un buon momento perché quella probabilmente sarà l'unica carta in questa direzione per migliorare le condizioni contrattuali del proprio mutuo (un'altra strada è la proposta di rinegoziazione delle condizioni con la propria banca che però ha la facoltà di rifiutare e in alcuni casi accetta solo se "minacciata" da una reale prospettiva di surroga e quindi di perdere il cliente).
Molto spesso la surroga può essere anche l'occasione non solo per abbassare il tasso ma anche per abbattere la durata residua. Quando si stipula il mutuo spesso si commette l'errore di concentrarsi solo sulla rata e si allunga il contratto per molti anni (anche oltre 30) condannandosi a pagare una mole di interessi sproporzionata che può rendere finanziariamente inefficiente il contratto scelto in termini di costo opportunità in raffronto all'alternativa di un normale affitto.
Detto questo, quello attuale è un buon momento per surrogare? Ovviamente dipende dalle condizioni di partenza, ovvero dal tasso che si sta pagando (composto da spread + Euribor per i mutui a tasso variabile e spread + Irs di periodo per i mutui a tasso fisso), dalla durata residua (se mancano pochi anni all'estinzione del mutuo la surroga è via via meno conveniente dato che le banche utilizzano il piano di ammortamento "alla francese" in base al quale la quota di interessi del mutuo viene pagata in misura maggiore nei primi anni di mutuo).
Il punto di partenza è capire quale è il miglior mutuo di surroga ottenibile adesso. In questo momento - secondo le rilevazioni di Mutuisupermarket.it - il migliore spread per un "mutuo di surroga" è del 2,6%. Dato che l'Euribor a 3 mesi è nettamente più basso del tasso Irs (prendiamo ad esempio quello a 20 anni, ovvero lo 0,32% rispetto al 2,4%) ricaviamo che le migliori opportunità di surroga sono oggi relative al tasso variabile. E possono riguardare sia già coloro che stanno pagando un tasso variabile (magari perché hanno in pancia uno spread più alto) che quelli che stanno pagando un tasso fisso complessivamente più alto.
In questa tabella sono presenti simulazioni valide per coloro che hanno stipulato un mutuo a tasso variabile o fisso dal 2004 al 2013. Sono stati presi in esame gli spread mediamente applicati di anno in anno (a cui sono stati aggiunti anche i costi obbligatori per l'accensione dl prestito) con l'offerta attuale. 


Confrontando il tasso finale con il migliore stipulabile oggi (spread 2,6% +Euribor 3 mesi 0,32%) e rapportando alla durata residua del mutuo inziale di 20 anni (ad esempio per i mutui del 2004 oggi hanno una durata residua di 10 anni) è stato calcolato quanti interessi è possibile abbattere con un'eventuale surroga. Si scopre che in molti casi surrogare non conviene, ma in altri potrà portare a risparmi potenziali anche di 20mila euro.
Vediamo cosa è emerso per chi sta pagando un tasso variabile e sta valutando di surrogarlo (sempre a tasso variabile). «Se il mutuatario ha oggi in essere un mutuo a tasso variabile sottoscritto a gennaio 2012, con spread attorno al 3,3%, o a gennaio 2013, con spread attorno al 3,5%, ha un'ottima convenienza a ricorrere alla surroga, in quanto può beneficiare di spread inferiori che si posizionano attorno al 2,6% - spiega Stefano Rossini, amministratore delegato di Mutuisupermarket.it -. 

Se si surroga il proprio mutuo a tasso variabile sottoscritto a inizio 2012 con un nuovo mutuo di surroga a tasso variabile con i migliori tassi a disposizione sul mercato, il risparmio complessivo in termini di minore spesa per interessi rispetto al mutuo originario è stimato attorno ai 12mila euro, se il mutuo è invece stato sottoscritto a gennaio 2013 il risparmio è dell'ordine dei 14mila euro. 
Per tutti gli anni precedenti se si è sottoscritto un mutuo con spread in linea con la media trimestrale degli spread di erogazione rilevati dal ministero dell'Economia e delle Finanze non si ha convenienza a effettuare una surroga a tasso variabile oggi; il migliore spread oggi per un mutuo di surroga a tasso variabile è infatti attorno al 2,60% e chiaramente una surroga di un mutuo a tasso variabile verso un mutuo a tasso variabile con uno spread maggiore aumenta la spesa totale per interessi (non è significativo vedere il tasso finito in quanto l'indice di riferimento Euribor varia sia per il mutuo originario che per il nuovo mutuo di surroga, tutto ciò senza dover poi considerare il fatto che la composizione delle rate in quota interessi e quota capitale varia nel tempo)».

E per i mutui originari a tasso fisso conviene oggi passare a variabile? «Se il mutuatario ha oggi in un essere un mutuo a tasso fisso sottoscritto da gennaio 2004 a gennaio 2013, con l'esclusione dell'anno 2009, ha sempre convenienza a surrogare il proprio mutuo a tasso fisso verso un mutuo a tasso variabile; il risparmio in termini di minori interessi varia da un minimo di circa 6mila euro ad un massimo di 16mila euro; per l'anno 2009 non si verifica nessun vantaggio dalla surroga a tasso variabile in quanto il differenziale fra il tasso finito odierno e quello storico del 2009 è ridotto (pari a circa l'1,5%) e questo non è sufficiente, dati già gli anni trascorsi di ammortamento, a generare un risparmio sugli interessi futuri degli anni di rimborso del mutuo; il risparmio massimo ottenibile in termini % è del 15% rispetto alla somma totale degli interessi che si sarebbero dovuti pagare in base al piano di ammortamento iniziale o se il mutuo originario a tasso fisso era stato stipulato nel 2007 e 2008, anche in questo caso il risparmio ottenibile con un mutuo di surroga a tasso variabile è massimo (compreso fra i 12 e 16000 euro), in quanto i differenziali dei tassi finiti rispetto ai tassi finiti odierni per il mutuo di surroga a tasso variabile è massimo e raggiunge circa il 3% (-3,17% per il 2008 e -2,92% per il 2007)».


Vale la pena aspettare dato che che si presume che nei prossimi mesi il mercato dei mutui continuerà a normalizzarsi e quindi gli spread possano scendere ulteriormente ? «Sicuramente risparmiare da un minimo di 6mila euro ad un massimo di 16mila nei casi analizzati si presenta come un'opportunità. In realtà, potrebbe valere la pena considerare di aspettare per osservare sul mercato, da un lato, con che velocità verranno ridotti gli spread offerti dalle banche nei prossimi mesi, e dall'altro, con che velocità aumenteranno gli indici Euribor 3 mesi sui prossimi mesi - spiega ancora Rossini -. 

Dato che le indicazioni della Bce fanno tutte intendere che è lecito attendendersi sui prossimi anni degli Euribor a livelli molto contenuti, e dato che le aspettative di mercato vedono un Euribor sotto lo 0,5% sino a fine 2015, potrebbe valer la pena vedere quanto possono diminuire gli spread offerti dalle banche sui prossimi mesi, iniziando un processo di richiesta mutuo di surroga e prendendo la decisione finale di stipula "al momento giusto". Se gli spread offerti dalle banche arrivassero al 2%, la convenienza di una surroga potrebbe essere molto maggiore, in caso di Euribor 3 mesi a livelli di poco superiore agli attuali e spread che si avvicinano progressivamente al 2%. In questa ipotesi, il risparmio totale di interessi per chi surroga da mutuo a tasso fisso a tasso variabile potrebbe addirittura superare i 20mila euro».

mercoledì 26 marzo 2014

I meriti di Mauro Moretti in Ferrovie dello Stato

Da Il Sole24Ore


di Giorgio Santilli, 26 mar 2014

«Una storia di fatica». Ecco che cosa è per Mauro Moretti il risanamento di Fs. Eppure la vicenda del gruppo ferroviario, che nei prossimi quattro anni investirà 24 milioni, di cui 8 in autofinanziamento, non è solo frutto della fatica di un gruppo dirigente che ha saputo mostrarsi all'altezza di una missione considerata impossibile nel 2006. ...


«Una storia di fatica». Ecco che cosa è per Mauro Moretti il risanamento di Fs. Eppure la vicenda del gruppo ferroviario, che nei prossimi quattro anni investirà 24 milioni, di cui 8 in autofinanziamento, non è solo frutto della fatica di un gruppo dirigente che ha saputo mostrarsi all'altezza di una missione considerata impossibile nel 2006. 

Per una volta quella delle Fs è «una piccola e bella storia italiana». Una storia di crescita e di sviluppo come quella di Terna che pure ieri ha annunciato investimenti per 5 miliardi nel piano industriale 2014-2018 (3,6 miliardi sulla rete elettrica, 1,3 sulle attività non tradizionali).


Sul risanamento Fs a Mauro Moretti va la fetta maggiore del merito. Ma altri fattori, spesso contraddittori, hanno contribuito. L'Alta velocità italiana è la base del risanamento Fs. L'infrastruttura Av che, assicurando collegamenti tra Roma e Milano in tre ore (2 ore e mezza quando sarà pronto il sottopasso di Firenze), ha cambiato la geografia urbana d'Italia e fa giustizia di tutte le opposizioni ideologiche all'Alta velocità. Ma anche il servizio Av, per una volta degno dei migliori paesi europei, che ha portato a Fs una quota del 52% di traffico sulla Roma-Milano (destinata a crescere al 57% nel 2017). Non c'è dubbio che anche la liberalizzazione italiana, con l'ingresso di un operatore privato (Ntv), ha contribuito al successo della ferrovia: Trenitalia non avrebbe fatto un'offerta tanto intensa e competitiva se fosse stata un monopolista su quella tratta.


Ed è proprio questo orizzonte competitivo a dare la direttrice dello sviluppo per i prossimi anni. Come dice Moretti, ora bisogna portare la concorrenza in Europa. E la smettano le autorità europee di coprire gli interessi statali più conservatori. 

Ma ancora una volta bisogna andare anche oltre: con l'apertura del mercato del trasporto regionale, con le gare che non possono ripetere i fallimenti degli anni passati. Ora bisogna dare risposte ai pendolari italiani. Fs promette di fare la propria parte, ma la politica non può più stare a guardare: le Regioni, per esempio, la smettano di di piangere e di giocare a scaricabarili: si attrezzino con strutture capaci di programmare i servizi, fare gare, contrattare un servizio. 

Se i prossimi anni contribuiranno a dare una risposta anche a pendolari e merci, potremo andare fieri in Europa di questo modello ferroviario italiano portatore di sviluppo e benessere.

martedì 25 marzo 2014

Aumenta l'offerta di seconde case in vendita: consigli per farlo al meglio

Da IlSole24Ore


di Michela Finizio, 24 mar 2014

La crisi spinge gli italiani a mettere mano al salvadanaio immobiliare. Si tratta di risparmi non di poco conto: le famiglie complessivamente hanno investito nel mattone 5.125 miliardi di euro, secondo le rilevazioni della Banca d'Italia sui bilanci 2012 . E oggi, in cerca di liquidità, vorrebbero riscattare i loro risparmi vendendo soprattutto la storica seconda casa al mare o in montagna, per liberare risorse necessarie ad affrontare la perdita di un lavoro, l'aumento dei costi o il taglio dello stipendio.

Aumenta così l'offerta di case in vendita, ma trovare un acquirente diventa sempre più difficile. Le compravendite di abitazioni nel 2013 sono scese del 9,2%, arrivando a toccare i livelli degli anni Ottanta. Nonostante la lieve ripresa, i potenziali acquirenti ancora sono frenati da erogazioni di mutui ancora in frenata (-7,7% nel 2013 ). 

Ecco perché diventa fondamentale saper vendere un immobile: vista l'abbondante offerta sul mercato, riuscire a fare la differenza è determinante per catturare l'interesse di chi cerca un immobile.


I tempi di vendita si sono allungati: un appartamento si vende in media in 8,5 mesi e lo sconto medio sul prezzo inziale nel 2013 è salito fino al 16,5 per cento. In questo contesto, valutazioni non corrette dell'immobile da vendere sono la causa del 30% delle trattative sfumate. 

A dirlo sono gli operatori, che sottolineano l'importanza di affidarsi ad un professionista, in questo contesto di mercato sempre più selettivo. Anche se non è il momento migliore per vendere casa, con alcuni accorgimenti è possibile massimizzare il potenziale dell'immobile, catturare l'attenzione dell'acquirente e garantirsi qualche chance sul mercato.

Candy, il ritorno dell'amore libero

Da IlSole24Ore



«Una ragazza che si lascia dirottare senza proteste, anzi, con entusiasmo». 
Recitava così l'ingenua manchette promozionale della prima edizione italiana di «Candy», romanzo di Terry Southern e Mason Hoffenberg che, partito dalla Francia, aveva conquistato il mondo grazie a un incredibile mix di peregrinazioni picaresche, sesso e satira sociale, il tutto condito con un inimitabile spirito grottesco.

Correva l'anno 1965, si cominciava a respirare una certa aria di rivoluzione, eppure soltanto Longanesi trovò il coraggio di far uscire qui da noi, provincia dell'impero, quel libro che già imperversava sulla scena internazionale da buoni sette anni. La nostra versione, tuttavia, aveva un vizio di fondo: riprendeva quella inglese, pesantemente edulcorata delle situazioni più scandalose.

Ecco perché va salutata l'operazione di Elliot Edizioni che, dopo decenni di assenza, ripropone al nostro pubblico questo delizioso romanzo cult che di fatto ha segnato una generazione, in una traduzione tutta nuova. È un po' come se il libro uscisse per la prima volta in Italia, con la stessa carica di malizia che nel 1958 ne segnò il debutto, sulla scena della Parigi esistenzialista affollata da intellettuali e sedicenti artisti che arrivavano da tutto il mondo civilizzato pur di respirare l'aria della Rive Gauche.


Terry Southern, giornalista texano poco più che trentenne destinato un giorno a diventare lo sceneggiatore del «Dottor Stranamore» di Kubrick, era tra questi. Aveva bisogno di quattrini e allora a quattro mani con il collega e coetaneo newyorchese Mason Hoffenberg, di stanza in Svizzera, si lanciò nella stesura di quello che doveva essere un romanzetto sexy. Partirono senza troppa convinzione, scambiandosi i capitoli per corrispondenza. 
Il plot tuttavia cresceva e alla fine i due si ritrovarono a condividere la stessa scrivania per la revisione generale dell'opera, in una villa di Tourrettes sur Loup, tra le Alpi Marittime, presa in fitto da un amico di Southern: un certo Mordecai Richler.



Il debutto nel solco di «Lolita»


Rifiutato negli States, il libro fu proposto all'unico editore che lo avrebbe pubblicato senza battere ciglio: il parigino Maurice Girodias che, con la sua Olympia Press, tre anni prima aveva fatto il botto grazie a quel capolavoro che è «Lolita» di Vladimir Nabokov. Il successo di «Candy», uscito sotto lo pseudonimo di Maxwell Kenton, andò ben oltre le più rosee aspettative degli autori: il pubblico di mezzo mondo rispose alla grande e tra i critici ci fu addirittura chi definì l'opera un'intelligente parodia sexy del «Candide» di Voltaire. Accostamento che ha sempre fatto sorridere Southern: «È come se vomiti in una grondaia – dirà un giorno - e tutti quanti cominciano a dire che si tratta della più grande nuova forma d'arte, così torni indietro, guardi quello che hai fatto e, per Dio, devi essere d'accordo con loro». Come nella più classica vicenda di questo tipo, arriveranno una trasposizione cinematografica («Candy e il suo pazzo mondo», diretto nel 1968 da Christian Marquand con un cast stellare comprendente, tra gli altri, Marlon Brando e Ringo Starr) e addirittura una parodia porno («Le avventure erotiche di Candy» con John Holmes), i due autori finiranno a litigare tra loro per chi ha avuto l'idea originale e poi entrambi si scaglieranno contro l'editore per questioni riguardanti sfruttamento dell'opera.

La «buona samaritana» hippie del sesso 


Aldilà di qualsiasi considerazione possibile intorno valore filosofico (vero o presunto) del testo, c'è da dire che «Candy» fotografa un'epoca: siamo alla fine degli anni Cinquanta, il «movimento» è ancora agli albori, ma già se ne intravedono le derive edonistiche del decennio a venire, quando impazzeranno gli hippie. 
C'è una ragazzina (l'omonima protagonista) che, animata da improbabile spirito da buon samaritano, decide di concedersi a tutti per migliorare il mondo. 


Davanti alle di lei grazie cadranno tutti: dal Professor Mephisto che insegna filosofia ma risulta animato da istanze tutt'altro che trascendenti al giardiniere messicano di famiglia, dal vecchio sporcaccione zio Jack a un giovane medico che studia gli effetti benefici della masturbazione, passando per il santone di una curiosa setta che la inizierà ai misteri dell'Oriente. 

Gira e rigira, tutto gira intorno al sesso. 
La vita appare insomma molto meno seria di come la si vorrebbe far passare. 
E allora tanto vale prendersi in giro.


Ewa Aulin. (Afp)
Ewa Aulin
 Marlon Brando. (Afp)
Marlon Brando
Ewa Aulin e Marlon Brando. (Afp)
Ewa Aulin e Marlon Brando


Ewa Aulin. (Afp)
Ewa Aulin

Ringo Starr   . (Afp)
Ringo Starr

Ringo Starr   . (Afp)
Ringo Starr


Ringo Starr e Ewa Aulin. (Afp)
Ringo Starr ed Ewa Aulin
Ewa Aulin e Richard Burton. (Afp)
Ewa Aulin e Richard Burton

Richard Burton. (Afp)
Richard Burton



Terry Southern Mason Hoffenberg
«Candy» 
Elliot Edizioni
euro 17,50
pp. 192

lunedì 17 marzo 2014

Alibaba, re del commercio online (superiore alla somma di Amazon ed Ebay...)

Da BorsaInside

Alibaba si quoterà a Wall Street

17 mar 2014


alibaba-si-quotera-a-wall-street


Alibaba ha annunciato che si quoterà a Wall Street. Originariamente il colosso cinese del colosso elettronico aveva ipotizzato una quotazione a Honk Hong, ma poi aveva abbandonato l'idea perché la sua governance non è in linea con quanto previsto dalla regolamentazione della borsa della città costiera.

Secondo alcuni analisti Alibaba potrebbe raccogliere fino a $15 miliardi. In questo modo si tratterebbe di una della maggiori IPO della storia.

Fondato nel 1999 Alibaba controlla oggi circa l'80% del mercato cinese del commercio elettronico. Le transazioni effettuate sulle sue piattaforme superano per numero quelle di Amazon (US0231351067) e eBay (US2786421030) messi assieme.

La stampa statunitense si attende che Alibaba depositerà ora la documentazione per la IPO presso la SEC (Securities and Exchange Commission) il prossimo mese e sbarcherà a Wall Street durante il terzo trimestre.

venerdì 14 marzo 2014

I paesi che trattano meglio le donne lavoratrici

Da Panorama

Lavoro, i dieci paesi che trattano meglio le donne

di Claudia Astarita, 14 mar 2014


Quali sono i paesi che, sul lavoro, trattano meglio le donne

O meglio, quali sono le nazioni già sufficientemente avanzate e mature da essere in grado di garantire al gentil sesso le stesse opportunità, e condizioni, riservate agli uomini?

Risponde a queste domande, il nostro grafico della settimana, pubblicato da The Economist , che prende in considerazione una serie di variabili tra cui istruzione, partecipazione in termini di forza lavoro, salario, costo degli asili, regolamentazione della maternità, numero di iscrizioni nelle business school e rappresentatività tra le posizioni senior.

A livello di istruzione e partecipazione alla forza lavoro, tra i paesi meglio posizionati troviamo, senza troppe sorprese, quelli nordici. Eppure, sia in Finlandia che in Svezia le donne continuano ad essere pagate, in media, il 15 per cento in meno degli uomini, mentre in Norvegia questa percentuale scende di sette punti. 

I peggiori sono invece Giappone e Corea del Sud
Pochissime donne lavorano, e ancora meno ricoprono incarichi prestigiosi e di responsabilità. 
Le donne coreane guadagnano addirittura il 37 per cento in meno degli uomini, le giapponesi quasi il 28.
Può sorprendere trovare, in quarta posizione, la Polonia, meno la Nuova Zelanda in quinta, risultato che conferma l'Oceania come il continente che funziona meglio dal punto di vista di opportunità, ricchezza e distribuzione del reddito. 

Altra sorpresa è il piazzamento un po' troppo vicino al fondo di Svizzera e Regno Unito. Essenzialmente per i costi esagerati degli asili, che assorbono circa il 40 per cento di un salario medio, e per la scarsa propensione ad affidare alle donne incarichi importanti.


Anche l'Italia, purtroppo, si trova nella sezione più bassa della graduatoria. Il principale punto debole del nostro paese è la scarsa presenza delle donne nel mercato del lavoro, perché da questo punto di vista la differenza tra uomini e donne sfiora il 21 per cento. 

mercoledì 12 marzo 2014

PopCorn, il "Netflix per pirati"

Popcorn Time, lo streaming P2P rimosso da Mega

Una nuova applicazione semplifica l'accesso ai contenuti cinematografici presenti sul network BitTorrent, un vero e proprio "Netflix per pirati". Mega, che ospitava l'installer, prende le distanze

Di Alfonso Maruccia, 12 mar 2014



La prossima evoluzione possibile del peer-to-peer via BitTorrent si chiama Popcorn Time, e diversamente dal quasi omonimo servizio in streaming made in Italy pesca a piene mani dai contenuti distribuiti via torrent senza la dovuta autorizzazione da parte dei detentori del diritto d'autore. Tanto da violare le condizioni del sito che ospitava l'installer, Mega, erede del Megaupload abbattuto dall'industria dei contenuti.

Popcorn Time è in sostanza una sorta di Netflix per pirati, un'applicazione che semplifica entro i limiti del possibile il processo di scoperta e selezione del contenuto cinematografico desiderato avviando lo streaming di detto contenuto contemporaneamente all'avvio del download/condivisione.

Alla base del funzionamento dell'applicazione c'è l'impiego della API di YTS-YIFY, il quinto sito di file sharing (su BitTorrent) più popolare al mondo (10 milioni di visite al mese) che garantisce a Popcorn Time accesso alla vasta libreria di film (con tanto di informazioni dettagliate, cover e quant'altro) messa a disposizione degli utenti.

Popcorn Time è un progetto open source e vanta al momento 50 sviluppatori che contribuiscono al suo codice, è rilasciato gratuitamente e non prevede sistemi che possano arricchire gli sviluppatori, come sottoscrizioni premium o advertising. Aspetti che, uniti all'avviso di "non responsabilità" visualizzato all'avvio e alla trasparenza con cui si presenta il servizio attribuendo agli utenti la responsabilità dell'upload dei contenuti, fanno ritenere agli sviluppatori di poter godere di una certa sicurezza da un punto di vista legale.

I creatori dicono di sentirsi tranquilli e perfettamente al sicuro dalle possibili minacce delle major cinematografiche, ma, a poca distanza dalla pubblicazione, la versione ufficiale e pre-compilata di Popcorn Time (ancora in fase di beta) è stata rimossa dai server di Mega. Non è dato sapere se nella rimozione ci sia o meno lo zampino di Hollywood. Certo è che si affollano i file di installazione alternativi, mentre gli sviluppatori sono all'opera per tornare a garantire una fonte ufficiale: che sia già finito il sogno dello streaming pirata a mezzo BitTorrent?

martedì 11 marzo 2014

Il sesso tra gli adolescenti, oggi

Da Today
Inchiesta sul sesso e i giovani del Fatto Quotidiano: "Queste aprono le gambe e ci ribaltano"

Sesso, per i ragazzini è un incubo: "Queste a 14 anni aprono le gambe come niente e ci ribaltano"

de Il Fatto Quotidiano, 11 mar 2014


Un'inchiesta de "Il Fatto Quotidiano" racconta il rapporto fra i liceali e il sesso. Le ragazze sono troppo più esperte: "Non sappiamo che fare. Se vai male a letto sei finito"


Inchiesta sul sesso e i giovani del Fatto Quotidiano: "Queste aprono le gambe e ci ribaltano"
Per le ragazzine è un bisogno, quasi un dovere - "Se a quattordici anni non ti fai stappare sei una sfigata". Per i ragazzini è tutto diverso. E tutto tremendamente più difficile. Continua il viaggio di Beatrice Borromeo, per "Il Fatto Quotidiano", nel mondo del sesso fra gli adolescenti. Dopo la storia di Chiara, 15enne milanese simbolo delle giovani di oggi - disinibite e "sveglie" - il protagonista della puntata è Lorenzo, un 15enne liceale alle prese con le prime cotte e la sensazione di inadeguatezza di fronte alle ben più sfontate coetanee.  

"La mia prima volta? - dice il giovane - Vorrei fosse con una ragazza di cui sono innamorato. Non con una che mi salta addosso e mi ribalta". Poi Lorenzo racconta di una sera per lui da incubo. Litri di alcol stanno per salutare l'anno nuovo e c'è una festa alla quale partecipano ragazzi e ragazze, tutti adolescenti. In lui è forte il desiderio di rivedere la ex. "L’ho vista ubriaca, che girava e chiedeva ad alta voce: ‘Chi vuole un pompino?’. È stata una cosa orribile, tristissima", racconta lui. 
Ma il peggio arriva poco dopo. "C’erano quattro ragazzi e due ragazze, tutti di 16 anni, che facevano le loro cose al piano di sopra. Poi la mia ex, che ha solo 14 anni, si è aggiunta a loro.  A quel punto - dice Lorenzo, come riporta "Il Fatto Quotidiano" - i miei amici mi hanno portato via, ero disgustato". Non è stato solo l’alcol, però, a spingere l’ex nell’orgia ma la voglia di farsi vedere. "L’ha fatto solo per farsi notare, perché sapeva che c’erano i ragazzi più grandi. Me l’aspettavo, perché queste ragazze aprono le gambe come niente – dice mordendosi il labbro – ma ci sono rimasto comunque malissimo".

Lorenzo non è il tipico liceale: beve poco, non fuma, è ancora vergine. "Le ragazze ci provano, ma io non voglio che la mia prima volta sia con una che mi salta addosso e mi ribalta. Voglio che sia speciale, voglio essere innamorato".

Innamorarsi di ragazze così, però, sembra difficile. "Non sappiamo bene cosa dobbiamo fare - ammette il 15enne - Metti che ci andiamo a letto e va male: diventa molto imbarazzante. Non fai a tempo a uscire dalla stanza che lei sta già messaggiando con le sue amiche per mandare un resoconto completo di tutto quello che abbiamo appena fatto. 
Descrivono ogni dettaglio e poi ti danno il voto, dicono se sei stato bravo o no. È davvero una sfida avere a che fare con queste cose". 
Una sfida alla quale Lorenzo, per ora, non è ancora pronto.


Potrebbe interessarti: http://www.today.it/rassegna/inchiesta-sesso-giovani-fatto-quotidiano.html
Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/Todayit/335145169857930

lunedì 10 marzo 2014

Possibili indicatori di una nuova crisi economica futura, che partirà da Cina, Usa e Grecia...

Da IlSussidiario

Finanza: Cina, Usa e Grecia, i "focolai" di una nuova recessione

di Mauro Bottarelli,


Et voilà, stavolta è successo. 

Nessun cavaliere bianco è infatti giunto all’ultimo momento in soccorso della Shanghai Chaori Solar Energy, azienda che ieri non ha pagato i creditori delle sue obbligazioni per un valore di 14,7 milioni di dollari, dando così vita al primo default nella storia della Cina, da quando il governo ha avviato la contrattazione pubblica dei titoli di debito nel 1997. 

Il bond di Chaori Solari, in scadenza nel 2017, era stato emesso nel 2012 con un una cedola annuale variabile che quotava l’8,98%. L’emissione, da BBB+, aveva già ricevuto un downgrade a CCC da Pengyuan Credit Rating. E ovviamente adesso il mercato si chiede: sarà l’inizio di un default a catena delle società cinesi?

Secondo Brian Coulton, global emerging market strategist a Londra per conto di Legal & General Investment Management, «nel breve termine vedremo i rendimenti delle cedole crescere, ma questo è il presupposto per creare un mercato migliore e dare un prezzo più corretto al rischio di credito». Forse, ma il rendimento dei bond a cinque anni AA- è passato al 7,77% di mercoledì, ai massimi da quattro mesi, per raggiungere giovedì il 7,82%. 

Ora, occorre fare attenzione a tre cose. 

Primo, il giudizio AA- o inferiore in Cina corrisponde a obbligazioni di tipo non-investment grade: andate a vedere quante sono quelle sul mercato e capirete quanto il rischio di default a catena sia reale. 

Secondo, di converso, con 5 triliardi di riserve valutarie estere, la Cina è in grado di tamponare quei default senza squassare il sistema a livello globale, ma la Banca centrale, proprio alla vigilia del Comitato centrale del partito, è intenzionata a stringere i cordoni dei credito per sgonfiare l’enorme rischio sostanziato dall’esorbitante sistema bancario ombra. Quindi, a meno di rischi seri, difficilmente entrerà in scena per salvare fondi finiti underwater. 

Terzo, la situazione cinese è molto ma molto delicata. Negli ultimi tre giorni si è registrato il peggior calo da quattro mesi a questa parte sui mercati del credito cinesi e l’indicatore di crisi di credito del Paese (basato sugli spread dei bond a 2 anni e sullo swap a 2 anni) sta mandando segnali inequivocabili di un sistema che sta grippando, come ci dimostra il primo grafico a fondo pagina.

Il problema non è la mancanza di credito, basti guardare il livello dello Shibor a una settimana (riportato nel secondo grafico), bensì la mancanza di volontà delle banche e dei soggetti finanziari di prestarsi quel denaro tra loro nel mercato interbancario, come ci dimostra il terzo grafico che mette in correlazione anche l’andamento azionario dello Shanghai Composite e il cross con il dollaro. Insomma, una ratio che ricorda molto quella delle banche occidentali nei mesi precedenti al crollo Lehman: i soldi ci sono, ma l’interbancario è congelato dalla paura.











C’è però un dato contrastante e inquietante che giunge sempre dalla Cina e che getta una luce nuova e sinistra sugli accadimenti di queste ore in Ucraina: il governo di Pechino, infatti, ha deciso di aumentare del 12,2% il suo budget per la Difesa, portandolo a 132 miliardi di dollari, nel prossimo anno fiscale, un dato completamente scollegato al tasso di crescita annuale del 7,5% del gigante asiatico. 

L’industria bellica è quindi la dinamo scelta per riattivare il turbo della crescita? Oppure la Cina ha voglia di flettere i muscoli e intende far vedere molto bene che lo sta facendo? Non so, ma ci sono molte, troppe notizie che stanno uscendo in questi giorni e che vengono ignorate dai media.

Come ad esempio il fatto che in Grecia sia arrivato il momento dei gonzi, l’operazione “paper for dummies” sta partendo, visto che le banche semi-fallite e totalmente nazionalizzate del Paese stanno per lanciarsi in un’operazione di finanziamento sull’open market con emissioni obbligazionarie. 

Direte voi, con l’indice di Borsa di Atene top-perfomer da inizio anno con il +19% (+30% nell’intero 2013), trainato proprio dagli istituti bancari divenuti - attraverso i covered warrant però, non le azioni - il pasto preferito degli hedge funds Usa, ovviamente ci sarà la fila per acquistare quei bond. Non lo escludo, anzi ne sono quasi certo.

Calcolate che il mercato delle obbligazioni bancarie è enorme, solo in Italia è il secondo veicolo di investimento per la clientela retail, ovvero le famiglie: nell’ultimo anno questa categoria ha acquistato obbligazioni bancarie per 122 miliardi di euro, contro i soli 26 miliardi comprati da investitori professionisti come i fondi. E attenzione, in caso di default o nazionalizzazione con haircut o bail-in le obbligazioni bancarie non sono come i conti correnti: non hanno margine di salvaguardia, si perde tutto. Bene, al netto di tutto questo, Piraeus Bank - salvata dalla bancarotta non una ma due volte - inaugurerà a breve la nuova stagione di emissioni con una copertura per 1,75 miliardi di euro, il tutto per cercare di rimettersi in sesto e riuscire a superare gli stress test della Bce, a fronte di necessità di capitale calcolate dalla Banca centrale ellenica in ulteriori 425 milioni di euro.

Ci credete? Credete a queste cifre, visto il dato sulle sofferenze bancarie greche che vi ho fornito a inizio settimana? 
Oltretutto, nessuno sa il vero stato di salute d quelle banche. La troika stima infatti necessità di capitale per gli istituti ellenici tra gli 8,5 e i 9 miliardi di euro, mentre la Banca centrale greca lo limita a 6,4 miliardi: soltanto la scorsa estate, otto mesi fa, quelle stesse banche sono state ricapitalizzate per qualcosa come 28 miliardi di euro. E la questione non è di lana caprina, visto che se le banche non riescono a racimolare capitale sui mercati, l’Hellenic Financial Stability Fund, braccio armato della troika, prenderà il controllo della situazione.

Il problema sta tutto nel giochino che le agenzie di rating hanno fatto qualche mese fa per aiutare i creditori della Grecia a massimizzare i guadagni prima di scaricare tutto e lasciare Atene al suo destino. Il Paese, infatti, ora è in categoria di “mercato emergente” e rientra nell’indice Msci Emerging Markets, un qualcosa di imbarazzante ma anche di straordinariamente favorevole, visto che per quanto ridotta male la Grecia è in grado di performare molto meglio di altri suoi partner in questa categoria e, di fatto, utilizzare quei dati positivi per porli a raffronto con altri paesi dell’eurozona, per quanto questi non siano classificati come “emergenti” ma “sviluppati”.

È il classico gioco di specchi e sta funzionando alla grande. La Grecia sta campando di dissimulazione e concorrenza sleale, visto che va in outperforming rispetto agli altri mercati emergenti grazie al ciclo in atto, alla correlazione con l’eurozona e alle sue valutazioni: detto fatto, tutti sono overweight sugli assets ellenici, almeno finora. Ma quando si comincia a lanciarsi in campagne obbligazionarie, meglio leggere trecento volte i prospetti.

Direte voi, c’è comunque l’America a salvare capra e cavoli, stante i dati di crescita, già pesantemente visti al ribasso dal governo a inizio mese, a dire il vero. E sapete perché? Al netto del dato reso noto ieri sulla disoccupazione, che in febbraio ha toccato il 6,7% contro le attese del 6,6% (stesso dato di gennaio), con 10,5 milioni di americani senza lavoro, gli Usa stanno infatti per tornare dritti dritti in recessione.

Sono dodici le voci che parlano questa lingua e ve le elenco. 
1) La richiesta di nuovi mutui negli Usa è scesa al livello più basso degli ultimi venti anni. 
2) Radio Shack, catena leader nella vendita di materiale legato a informatica e hi-fi, ha annunciato la chiusura di oltre 1000 punti vendita in tutto il Paese. 
3) L’indice Ism Services è al minimo di quattro anni, come vi ho detto ieri e il dato occupazionale del settore ha subito il peggior calo dal fallimento di Lehman Brothers. 
4) Il programma sanitario noto come Obamacare sta già devastando l’industria farmaceutica Usa, con il rischio di impatti negativi sui profitti senza precedenti. 
5) Le revenues sul trading delle grandi banche di Wall Street stanno calando, con giganti come Citigroup e JP Morgan Chase che hanno conosciuto il quarto calo consecutivo nel primo trimestre di quest’anno, solitamente il momento migliore dell’anno a livello di profitti. 
6) Proprio JP Morgan Chase ha già annunciato il taglio di migliaia di posti di lavoro. 
7) Moody’s ha abbassato di nuovo il rating di credito della città di Chicago, ora a tre gradini dallo status di “spazzatura”: insomma, Detroit sta per ricevere compagnia, altro che il “salva-Roma”. 
8) L’economia statunitense ha perso 2,87 milioni di posti di lavoro nel mese di gennaio: negli ultimi dieci anni, l’unica altra volta in cui gli Usa hanno conosciuto un’emorragia simile fu nel gennaio 2009, al picco massimo della recessione. 
9) In gennaio, il reddito reale disponibile negli Usa ha conosciuto il peggior calo dal 1974. 
10) Solo il 35% degli americani ha detto di stare finanziariamente meglio dell’anno precedente. 
11) Le vendite a livello globale di Caterpillar, cartina di tornasole dell’attività nel settore infrastrutturale e delle costruzioni, stanno calando da quattordici mesi di fila. 
12) Nelle ultime tre settimane, i fondamentali macro delle 10 maggiori economie del mondo sono letteralmente collassati al livello più rapido da quattro anni questa parte, conoscendo il calo più consistente dal crollo di Lehman Brothers.


E nonostante negli Usa - soprattutto alla Fed - vada molto di moda la logica del “blame the weather”, ovvero dare la colpa della mancata ripresa al maltempo che ha flagellato gli Usa questo inverno, i dati ci dicono che lo scorso gennaio è stato il quarto più caldo da quando vengono registrati questi dati, notizia pubblicata dal New York Times. Attenzione, quindi, la situazione è tutt’altro che rosea. E una bella crisi bellica potrebbe essere la migliore scappatoia per evitare un altro 2008. Con i costi che questa imporrebbe, certo, ma per le regole della grande finanza questi sono solo danni collaterali. Occorre mantenere in vita il Frankenstein creato dalla Fed. A qualsiasi costo. 

Non ci credete? 

Guardate quest’ultimo grafico: ci mostra l’ultimo sondaggio rispetto alla “bearishness”, ovvero all’atteggiamento ribassista, degli investitori globali. Siamo al 16%, il minimo storico.