martedì 28 novembre 2017

L'interconnessione globale degli oggetti: intervento di Ugo Mattei



26 nov 2017

Ugo Mattei, giurista e professore di diritto internazionale e comparato all'Università della California di San Francisco e professore di diritto privato all'Università di Torino, spiega le conseguenze dell'interconnessione globale degli oggetti e - molto presto - degli uomini (l'internet delle cose, "the internet of things"), racconta la fine del mondo basato sul diritto amministrato dai giuristi, la fine stessa dei nostri diritti, la nascita della InfoFrontiera, e parla di un master switch globale, un gigantesco interruttore adagiato sui fondali oceanici pronto a scattare per spegnere l'interconnessione di luoghi, persone e oggetti in caso di necessità.


Servizio realizzato per Byoblu in occasione della Conferenza "Costituzione, Comunità, Diritti" che si è svolta a Torino il 19 novembre 2017 nell'Aula Magna della Cavallerizza Reale, da Silvio Marsaglia.

martedì 21 novembre 2017

Le caratteristiche del Genio...

Cosa rende geniali? 

Walter Isaacson è CEO dell’Aspen Institute, è stato presidente e amministratore delegato della ‘CNN’ e caporedattore del ‘Time’, autore di ‘Benjamin Franklin: An American Life’, ‘Einstein: His Life and Universe’, ‘Steve Jobs and Leonardo Da Vinci’, da cui sono tratti i seguenti brani. 


Essere un genio è diverso che essere super-intelligente. Ha a che fare con la creatività, la capacità di applicare l’immaginazione praticamente a qualsiasi situazione. 

Prendete Benjamin Franklin: da autodidatta è diventato l’inventore più grande dell’Illuminismo americano, diplomatico, scienziato, scrittore e stratega negli affari. Inventò il parafulmine, le lenti bifocali, l’armonica a bicchieri e un tipo di umorismo unico.


Albert Einstein seguì un percorso simile. Fu lento ad imparare a parlare da piccolo, al punto che i genitori consultarono un medico. La domestica lo chiamava ‘il tonto’, un altro parente ‘quasi ritardato’. Albert nutriva una certa insofferenza per l’autorità, fu cacciato da un maestro e un altro gli disse che nella vita non sarebbe andato da nessuna parte. Queste caratteristiche resero Einstein il santo patrono degli scolari distratti ovunque nel mondo.

Ma il disprezzo per l’autorità lo portò ad interrogarsi sulla libertà in un modo che gli accademici non avevano mai contemplato, e il ritardo nel parlare gli permise di osservare con stupore ciò che gli altri davano per scontato. Rivoluzionò la nostra idea di universo e rivelò due pilastri della fisica contemporanea: teoria quantistica e della relatività. Oggi la sua faccia e il suo nome sono sinonimo di genio.


Poi c’è Steve Jobs. Come Einstein, che suonava Mozart con il violino quando voleva riconnettersi alle armonie del cosmo, Jobs credeva che la bellezza contasse e che le arti, le scienze e l’umanistica, dovessero connettersi. Mollato il college, Jobs fece lezioni di danza e calligrafia, prima di cercare illuminazione in India. Il che significa che ogni suo prodotto, dal Mac all’iPhone, aveva bellezza quasi spirituale in natura, diversa dai suoi competitor.




Credo che Leonardo da Vinci sia il genio più creativo della storia. 
E, di nuovo, non sembrava la persona più intelligente. Non aveva l’intelligenza teorica sovrumana di Newton o Einstein, o le capacità matematiche del suo amico Luca Pacioli. Ma sapeva pensare come un artista e uno scienziato, e questo gli diede una cosa preziosa: l’abilità di visualizzare i suoi concetti teorici. Pacioli ha espanso le teorie di Euclide per produrre influenti studi sulle prospettive matematiche e le proporzioni geometriche, ma furono le illustrazioni leonardesche a dare loro vita. Negli anni fece lo stesso nel campo della geografia e dell’anatomia, creando grandi opere d’arte.

Come Franklin, da Vinci era per lo più un autodidatta. Come Einstein, aveva un problema con l’autorità. Ignorò i dogmi medievali e la scolastica impolverata. A suo dire, fu discepolo dell’esperienza e dell’esperimento. Un approccio rivoluzionario, che anticipava il metodo scientifico sviluppato il secolo dopo da Francis Bacon e Galileo Galilei.

Come in Einstein, il suo tratto distintivo fu la curiosità, e a dimostrarlo ci sono pagine e pagine di appunti zeppi di domande. La sua nobile ambizione era di conoscere tutto il conoscibile, incluso il cosmo e il nostro ruolo al suo interno. Non smise mai di osservare. Quando guardava il castello di Milano, mentre passeggiava, quando vedeva gli uccelli o i visi delle persone. Il suo uomo vitruviano, esattezza anatomica combinata a bellezza, divenne il simbolo della connessione fra arte e scienza.

Alcuni sono geni in ambiti precisi, tipo Leonhard Euler nella matematica o Wolfgang Amadeus Mozart nella musica, ma per me i geni più interessanti sono quelli che vedono schemi nelle infinite bellezze della natura. Nessuno unì anatomia, matematica, studio dell’universo, a dipinti come la Gioconda o L’ultima Cena. Da Vinci fu un genio, ma non perché era intelligente. Era, innanzitutto, il modello della mente universale, la persona più curiosa della storia.


venerdì 17 novembre 2017

L'intelligenza artificiale: un esempio di come funziona...


di Luca Tremolada, 22 ott 2017

E’ un giochino e va preso come tale. Ma è piuttosto esemplificativo di come funzionino le reti neurali e il deep learning. Come sappiamo, le reti neurali opportunamente addestrate possono classificare le immagini e riconoscere gli oggetti identificando caratteristiche che li accomunano. 

Tuttavia, senza l’intervento “umano” non comprendono quello che vedono. Per aiutare a comprenderne il funzionamento Google ha pubblicato online un tutorial chiamato Teachable Machine che semplifica il processo di apprendimento e mostra come “insegnare” (tra virgolette) a interpretare delle immagini associando a ciascuna di esse una azione. In sostanza, il tutorial ti aiuta ad addestrare l’Ia. In che modo? Attraverso una webcam l’utente mostra degli oggetti che poi vengono associati a una immagine o a un suono. Il sistema riconosce l’oggetto ed esegue il comando. 

In questo video pubblicato sul sito dell’autorevole Mit Technology Review, viene “scherzata” il machine learning. Va detto che spesse volte dietro il marchio “intelligenza artificiale” ci sono limitati moduli di machine learning, statistica e algoritmi per capirci. Sostanzialmente sono sistemi avanzati di riconoscimento di schemi che si ripetono. Non c’è quindi auto-apprendimento.




Cosa è una rete neurale? Di solito viene rappresentata una rete neurale come un panino con strati di cibo uno sopra l’altro. Gli strati contengono neuroni artificiali, che sono piccole unità computazionali che si eccitano – il modo in cui un vero neurone si eccita – e passa quella eccitazione agli altri neuroni a cui sono connessi. L’eccitazione di un neurone è rappresentata da un numero, come 0,13 o 32,39, che dice quanto sia eccitato. E c’è un altro parametro, su ciascuna delle connessioni tra due neuroni, che determina la quantità di eccitazione che deve passare da uno all’altro. Quel numero intende modellare la forza delle sinapsi tra i neuroni nel cervello. Quando il numero è più alto, significa che la connessione è più forte, quindi più dell’eccitazione di uno scorre verso l’altro.

Una delle applicazioni più facili delle reti neurali è il riconoscimento delle immagini. Cioè, riconoscere in un video un determinato oggetto, come in questo caso le mani che si muovono. Il primo passo è quello di ottenere un’immagine. Diciamo per semplicità, è una piccola immagine in bianco e nero che è 100 pixel di larghezza e 100 pixel di altezza. Questa immagine viene sottoposta alla rete neurale impostando l’eccitazione di ciascun neurone simulato nello strato di input in modo che sia uguale alla luminosità di ogni pixel. Si collega quindi questo grande strato di neuroni ad un altro grande strato di neuroni sopra di esso. Infine, nello strato superiore del “panino”, lo strato di uscita, hai appena due neuroni – uno che rappresenta l’oggetto e l’altro che rappresenta il non oggetto. L’idea è insegnare alla rete neurale che il primo di quei neuroni si eccita solo se “vede” l’immagine dell’oggetto, e il secondo, se non ce n’è”. Questa tecnica si chiama Backpropagation ed è un metodo di apprendimento supervisionato. Funziona meglio con enormi quantità di dati. Ecco perché i Big data sono così importanti in questo campo. Ed è questo il limite vero dello sviluppo dell’Ia. Per affinare bene gli algoritmi servono moltissimi dati e capacità di calcolo. Un asset questo che le aziende e le università, a differenza delle grandi piattaforme come ad esempio Google e Facebook, non possiedono. (Qui l’articolo del Mit per approfondire)


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Video di spiegazione degli esperimenti di Intelligenza Artificiale offerti da Google:





Il link alla "Teachable Machine" di Google:

       
       https://teachablemachine.withgoogle.com/


Le frontiere della ricerca medica: novità per l'autismo?



Testato con successo su topi, verso sperimentazioni cliniche

Redazione Ansa, 14 nov 2017

Scoperto un potenziale nuovo farmaco che potrebbe rappresentare una cura promettente per quasi tutte le forme di autismo: si chiama "nitrosinaptina" e in test sui topi con la malattia ha ripristinato il corretto funzionamento dei neuroni, inoltre normali comportamenti negli animali, infine ha portato alla normalizzazione delle anomalie cerebrali comuni nella malattia. Lo studio è frutto di una collaborazione di più enti di ricerca ed è stato condotto da Stuart Lipton, presso The Scripps Research Institute di La Jolla (California).

Presto potrebbero iniziare studi clinici per testare la nitrosinaptina sui primi pazienti. I risultati di questo studio sono pubblicati oggi sulla rivista Nature Communications. "Pensiamo che questo candidato farmaco possa essere efficace contro multiple forme di autismo", sostiene Lipton.

La nitrosinaptina funziona riequilibrando uno sbilanciamento della attività eccitatoria dei neuroni rispetto all'attività insufficiente dei neuroni inibitori. In pratica il farmaco riduce l'eccesso di attività neurale. In base ai test sui topini autistici, una volta ripristinato il corretto equilibrio tra stimoli eccitatori e inibitori dei neuroni, risultano normalizzati i comportamenti degli animali che, quindi, non mostrano più un quadro comportamentale "autistico".

Questo suo modo di funzionare lo rende un farmaco papabile per molte diverse forme di autismo, spiega Lipton. Non a caso i test preliminari in laboratorio su cellule di pazienti autistici hanno dato buoni risultati. La ricerca è supportata anche da associazioni di genitori che si sono uniti anche in un gruppo facebook per sostenerla. Infine, il candidato farmaco è stato studiato con successo, preliminarmente in provetta, anche contro l'Alzheimer.