martedì 26 luglio 2016

L'inquietante scenario delle super-intelligenze artificiali...


Google ha creato un sistema per spegnere le intelligenze artificiali in qualsiasi momento ed evitare uno scenario alla "Terminator".


Lo sviluppo di intelligenze artificiali più evolute e di robot umanoidi avanzati potrebbe migliorarci la vita in modi che ancora fatichiamo a comprendere, ma i più scettici non escludono uno scenario alla "Terminator", con l'intelligenza artificiale che diventa consapevole di sé a tal punto da vedere gli umani come una minaccia e volerli sterminare.

Scene apocalittiche che a Hollywood riscuotono grande successo ma che in qualche modo potrebbero avere un fondo di verità se in casa Google stanno studiando un modo sicuro per "staccare la spina" alle intelligenze artificiali, nel caso in cui queste non si comportino nel modo desiderato.

I ricercatori londinesi di DeepMind, azienda acquisita da Big G nel 2014, stanno lavorando gomito a gomito con gli scienziati dell'Università di Oxford per trovare un modo di impedire alle intelligenze artificiali di diventare padrone di se stesse, ovvero capaci di negare agli uomini il controllo sulle loro azioni. Il lavoro del team è illustrato nel documento "Safely Interruptible Agents" pubblicato sul sito del Machine Intelligence Research Institute (MIRI).

Secondo i ricercatori è improbabile che le intelligenze artificiali si comportino sempre in modo ottimale e per questo "di tanto in tanto può essere necessario che un operatore umano prema il grosso pulsante rosso che impedisca all'agente d'intelligenza artificiale di continuare una sequenza nociva di azioni - nocive sia per l'agente o per l'ambiente - e riportarlo in una situazione più sicura".

I ricercatori hanno così creato una rete che consente all'operatore umano d'interrompere ripetutamente e in modo sicuro un'intelligenza artificiale, assicurandosi che quest'ultima non impari a impedire o indurre tali interruzioni.
"Se l'agente si aspetta un premio ma è in grado di capire che sta per essere spento, cercherà di resistere per ottenere la ricompensa. Il nostro framework fa sì che il supervisore umano prenda temporaneamente il controllo dell'agente e lo induca a credere di voler spegnersi da solo".

I ricercatori hanno riscontrato che alcuni algoritmi come quelli di Q-learning sono interrompibili in modo sicuro mentre altri come quelli Sarsa (State-Action-Reward-State-Action) non lo sono, ma possono essere modificati facilmente affinché lo diventino. "Non è chiaro se tutti gli algoritmi possano essere resi facilmente interrompibili", dicono.

Al momento non ci sono intelligenze artificiali tanto evolute da rappresentare un problema come quello della "Skynet" di Terminator per il genere umano, ma allo stesso tempo i progressi nel settore sono esponenziali e per questo è difficile dire se e quando l'umanità avrà bisogno di premere il fatidico "tasto rosso". Secondo Nick Bostrom, a capo del The Future of Humanity Institute, le macchine diventeranno più intelligenti degli uomini entro 100 anni e potrebbero rivoltarsi contro i propri creatori.

"Credo che quando verrà raggiunta l'equivalenza con il genere umano, non passerà molto tempo prima che le macchine diventino superintelligenti
Potrebbe volerci molto tempo per arrivare al livello umano, ma penso che il passo da lì alla superintelligenza sarà molto rapido. Credo che queste macchine con potrebbero essere molto potenti, per le stesse ragioni per cui noi esseri umani siamo molto potenti rispetto ad altri animali su questo pianeta. Non è perché i nostri muscoli sono più forti o i nostri denti più affilati, ma perché i nostri cervelli sono migliori".

Già, prima o poi arriva sempre qualcuno sopra di te nella catena alimentare a stabilire gli equilibri. L'umanità sarà tanto stupida quanto intelligente da creare il proprio predatore?

lunedì 18 luglio 2016

Cibi per rinforzare la memoria


di Claudio Schirru, 6 giu 2016

Prendersi cura della propria memoria con 7 cibi amici del cervello. A pubblicare questa minilista di alimenti benefici è la Dott.ssa Elisabetta Menna, ricercatrice presso l’Istituto di neuroscienze del CNR e l’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano).

In una nota inserita nella newsletter settimanale dell’IRCCS milanese la Dott.ssa Menna ha pubblicato un elenco di cibi amici della memoria:
Uova, germe di grano, arachidi, merluzzo, semi di girasole, caffè e cioccolato fondente sono alcuni dei cibi più amici del cervello e della memoria.
Gli effetti benefici per la memoria verrebbero garantiti in quanto tali cibi risultano, prosegue la Dott.ssa Menna:
Ricchi di colina, un coenzima essenziale ovvero una molecola importante per mantenere integra la struttura cellulare e le funzionalità del sistema nervoso.
Alcuni di questi alimenti della salute risulterebbero di particolare efficacia per quanto riguarda la memoria a lungo termine. Come sottolinea la Dott.ssa Menna:
Tra questi, cioccolato fondente e caffè sembra essere un buon abbinamento per il cervello. Se da una parte il cioccolato fondente contiene flavonoidi che rappresentano un valido aiuto per far fronte alla perdita di memoria, dall’altra il caffè migliora l’acutezza mentale grazie alla caffeina che, oltre a essere una fonte di antiossidanti che aiutano a mantenere il cervello in salute, aiuta anche a prevenire la depressione nelle donne.
Questi cibi, quando consumati regolarmente, aiutano a migliorare, insieme alla memoria a lungo termine, anche la funzionalità del sistema nervoso, la capacità di attenzione e partecipazione.
Dalla natura arrivano però anche altri aiuti per la salute del cervello, sottolinea la Dott.ssa Menna, come ad esempio:
Broccoli e altre brassicacee o crucifere come cavoli, cavolini, cavolfiori, che contengono vitamina C e acido folico e hanno un effetto positivo sulla memoria, la concentrazione e l’attenzione.
Altri ottimi rimedi naturali contro il declino cognitivo sono poi glispinaci, ricchi di luteina. Benefiche anche le noci grazie agli acidi grassi omega-3 e omega-6, e al loro contenuto di vitamina E e B6. Particolare attenzione va prestata anche a ulteriori due soluzioni, conclude la Dott.ssa Menna, come i mirtilli e la curcuma:
I mirtilli, ricchi di antocianine e cianidine ad azione antinfiammatoria, un valido alleato contro l’invecchiamento del cervello perché contrastano l’azione dei radicali liberi. Sempre in merito all’invecchiamento del cervello da alcuni studi sembra emergere che la curcumina contenuta nella curcuma possa fornire un valido aiuto nella prevenzione dell’Alzheimer.

venerdì 15 luglio 2016

Acciaio: i rapporti tra Europa, Stati Uniti e Cina




di Rita Fatiguso7 giu 2016


Nel dialogo strategico ed economico Usa-Cina (l’ottavo round si è aperto ieri nella Diaoyutai Guesthouse) la parte del leone tocca all’overcapacity, specie quella dell’acciaio. Gli Stati Uniti hanno attivato nei giorni scorsi una controffensiva sull’acciaio cinese a basso costo, aprendo un’inchiesta per accertare l’entità del dumping, più che logico, quindi, il rimbalzo della questione sui tavoli economici del dialogo in corso in questi giorni a Pechino.

Ci aveva già pensato del resto domenica scorsa il segretario al Tesoro Jacob Lew a definire il problema “grave” non solo per il mondo ma anche per la Cina stessa, invitando Pechino a prendere misure più decise per favorire una crescita sana. Morale: ieri in conferenza stampa il ministro delle finanze cinese Lou Jiwei, dando conto del tavolo di lavoro bilaterale dedicato all’economia, si è mostrato particolarmente scettico sull’overcapacity.

La Cina non ama le intrusioni nelle misure di politica interna, quindi l’approccio di Lew è stato giudicato piuttosto invadente. «La metà delle aziende cinesi dell’acciaio è privata non pubblica – ha detto il ministro – quindi noi non possiamo fare molto per incidere sulle loro decisioni concrete».




Il concetto è stato ripetuto per una seconda volta quando gli è stato chiesto se si riesce a quantificare il numero degli esuberi, ad esempio, per ogni 10mila tonnellate di acciaio prodotte in meno. Lou Jiwei, come in un disco rotto, ha risposto che sui comportamenti dei privati Pechino non può fare molto. Quindi, non è possibile nemmeno sapere quanti lavoratori rimarrebbero a casa se l’output di acciaio dovesse essere tagliato in misura consistente. La cifra esatta dei licenziamenti preventivati in caso di chiusura o conversione di acciaierie è quindi sconosciuta. Circolano cifre puramente indicative, molte delle quali si rifanno al 2008, anno chiave della crisi finanziaria globale in cui milioni di cinesi persero il lavoro. Ma da allora non si è più capito cosa i vertici stanno meditando di fare, almeno per le aziende statali per le quali è stata messa in campo un'eterna riforma.

Quindi Lou Jiwei, il ministro cinese delle finanze che aveva il compito di spiegare l’esito del tavolo bilaterale con i counterparts americani ha praticamente glissato la questione. Segno che il dialogo tra Pechino e Washington è pieno di ostacoli. Lou Jiwei ha ricordato le poste in gioco del Governo per far fronte alla perdita di posti di lavoro, almeno un miliardo di renminbi, ma poi ha preferito aggirare la questione, tutt’altro che semplice da gestire.

Anche il tavolo precedente, dedicato al climate change, indirettamente è stato dominato dai costi della riconversione delle produzioni pesanti e inquinanti.

Xie Zhenhua, che non è un funzionario qualunque ma lo special representative on climate change della potente NDRC, il braccio armato del partito per le riforme, ne ha parlato come di uno sforzo enorme, in termini economici e umani. Anche quello sul climate change è un fronte importante, l’incontro con i counterparts americani è stato laborioso, perché bisogna implementare le decisioni prese, Cina e Usa sono tra i primi inquinatori al mondo. E ognuno a casa propria deve iniziare a impugnare l’accetta. C’è soprattutto da recepire l’accordo di Parigi sul clima, tutti promettono di farlo entro l’anno, ma i costi che si profilano sono tali da scoraggiare anche le economie più solide. In Cina, soprattutto, rendere le produzioni più “pulite” implicherà, ha fatto capire Xie Zhenhua, politiche lacrime e sangue.

lunedì 4 luglio 2016

La manipolazione delle informazioni nei Social Media: il caso Facebook



Le rivelazioni di Gizmodo sulla manipolazione dei contenuti, e sulla penalizzazione di quelli sui conservatori, hanno scoperchiato il vaso di Pandora della gestione delle informazioni da parte del social network

di Martina Pennisi, 10 mag 2016




La bolla (filter bubble) è esplosa. 
Come era lecito attendersi, le elezioni americane sono diventate un banco di prova importante — l’ennesimo — per il trattamento delle informazioni da parte di algoritmi e curatori delle piattaforme di social networking e per il delicato rapporto fra editori di notizie e colossi della tecnologia. 
E la bolla è già esplosa sull’asse Facebook - Partito Repubblicano, con la commissione Commercio, Scienze e Trasporti del Senato statunitense che ha chiesto spiegazioni a Menlo Park.

La cancellazione delle notizie

Tutto è partito da due articoli di Gizmodo (ne abbiamo parlato qui) sull’intervento umano nella gerarchizzazione degli aggiornamenti, da cui è emersa una gestione arbitraria e penalizzante per i conservatori. «Cancelliamo costantemente le notizie sui conservatori», ha raccontato una fonte anonima alla testata. Facebook, per voce del vice presidente della sezione trending topic — quella incriminata, che non è disponibile in Italia — Tom Stocky, ha smentito categoricamente la manipolazione.




Anche se, come fa notare The Verge, il social network non ha alcun obbligo formale a rendere conto della gestione dei contenuti e non ha avuto remore in passato a mettere pesantemente mano al News Feed per testare le nostre reazioni (salvo poi scusarsi, in parte, a cosa fatta). La reazione dei repubblicani, come prevedibile, è stata immediata: a chiedere spiegazioni è stato prima di tutto il presidente del comitato Reince Priebus.




Il botta e risposta fra senatori

Poi è stata la volta del senatore repubblicano John Thune, che ha approfittato del suo ruolo di presidente della Commissione commercio del Senato per chiedere «risposte» a Mark Zuckerberg entro il 24 maggio sul presunto «pregiudizio politico nella diffusione della notizie» e sulla sezione trending topics, con cui Facebook sta cercando di colmare il gap con Twitter e la sua capacità di far discutere gli utenti in tempo reale. La partita si è già fatta (anche) squisitamente politica: il senatore democratico Harry Reid ha accusato il collega di occuparsi di questioni marginali.


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Il discorso dei contenuti, siano gestiti dall'algoritmo o manualmente, è però più ampio.

«Don't be evil»

Stocky non ha fatto mistero del lavoro di selezione per evitare materiale «spazzatura, duplicazioni, truffe o articoli con fonti insufficienti». 

E le ultime novità della formula matematica alla base del News Feed sono state comunicate proprio all'insegna della lotta alle bufale e ai link furbi poco rilevanti. Nella sua missione — fornire un servizio qualitativamente in grado di non far uscire il miliardo e 600 mila iscritti dal suo perimetro — Facebook ha già la sua linea di difesa. «Don't be evil», la chiama da anni la madre di tutte le piattaforme (Google), nel promettere una gestione in buona fede di risultati o suggerimenti nella ricerca. Durante queste elezioni ci si chiederà, ancora una volta, se sia una risposta sufficiente.