lunedì 30 novembre 2015

Una applicazione che ti paga, se cammini...


30 nov 2015

Francesco Imbesi, milanese di 35 anni, e Nissan Bahar, nato a Tel Aviv 37 anni fa, sono gli autori di un'applicazione che paga per camminare, Bitwalking. 
La valuta è virtuale (come i bitcoin) e prende il nome di BW $, e se ne possono guadagnare 1 ogni 7 km circa. Ma attenzione, bisogna davvero camminare perché il telefono è in grado di smascherare chi bara.

Gli sviluppatori dell'applicazione hanno già ottenuto un finanziamento da investitori giapponesi pari a 10 milioni di dollari utili a lanciare la moneta e creare la banca che verifichi passaggi e trasferimenti. 
Nel frattempo alcune aziende hanno iniziato a stringere "alleanze" con il progetto offrendosi di accettare la moneta virtuale; parliamo di negozi ma anche di organizzatori di eventi, che scambieranno i BW $ con biglietti per assistere a concerti ed eventi in genere. 

Ma perchè pagare per camminare? È semplice, lo scopo è sempre lo stesso: pubblicità. L'app deve restare sempre in esecuzione e di tanto in tanto invierà messaggi pubblicitari; a questo si aggiungano le inserzioni nello store e naturalmente la profilazione di milioni di potenziali utenti. 


Ma come fanno a capire se si sta camminando davvero? L'idea in sé non è nuova, diverse start-up hanno tentato questa carta ma hanno fallito sul piano tecnologico non riuscendo a creare un sistema che smascherasse le truffe. Bitwalking non ha ancora rilasciato l'alrgoritmo utilizzato per verificare i passi ma dice di avvelersi della posizione GPS e delle connessioni Wi-Fi per calcolare la distanza percorsa. È probabile che sia l'accelerometro dello smartphone a dare contezza del tipo di movimento utilizzato. Ad ogni modo, al momento del lancio sarà vietato l'utilizzo di più account e ogni utente potrà guadagnare non più di 3 BW $ al giorno (quindi circa 30.000 passi).




Dove si potranno spendere i soldi?
L'idea di base è quella di uno store dove gli utenti potranno pagare sia con veri dollari che con i propri BW $ accumulati, o magari entrambi.
Naturalmente il successo del progetto dipenderà dai soggetti che aderiranno a questo tipo di iniziativa. Potrebbe trattarsi di grandi marche di abbigliamento sportivo, di imprese di assicurazione sanitaria e di tutti quelli che in genere hanno interesse ad acquisire profili di persone interassate al fitness.
In Giappone, tra l'altro, non è insolito per le imprese offrire delle ricompense ai dipendenti che mangiano in maniera sana e vanno a piedi al lavoro.
Gli sviluppatori dell'app sperano che questa logica possa aprirsi anche alle menti dei nostri imprenditori, che sfrutterebbero l'applicazione per integrare, ad esempio, lo stipendio del dipendente accollandosi l'importo in BW $ che avrà accumulato ogni mese.

Per ottenere l'applicazione bisogna raggiungere il sito ufficiale e richiedere un invito. Potrebbe passare qualche giorno prima che arrivi il link per scaricare l'app.

giovedì 26 novembre 2015

La meditazione: pro e contro


La meditazione serve a qualcosa?

Sempre più studi dicono di sì, al di là delle connotazioni religiose, per ridurre lo stress e controllare le emozioni: ma altri ricercatori invitano a essere cauti

24 nov 2015

Mindfulness In Schools




Se negli ultimi mesi quasi ogni giornale internazionale si è occupato di meditazione, e la pratica è stata adottata da scuole e grandi società – tra cui Google, per esempio – si deve agli studi scientifici che ne hanno studiato gli effetti sulla salute e soprattutto alla crescente diffusione della “mindfulness”, una forma di meditazione che deriva dalla meditazione buddhista e che, spogliata da elementi religiosi, viene usata per il trattamento di stress, depressione e altri problemi di salute mentale. Nei negozi di applicazioni per gli smartphone si trovano diverse app per la meditazione: di una di queste si è occupato di recente anche il New Yorker.
In primo luogo: cos’è la meditazione?
Esistono diverse pratiche che vengono genericamente raccolte con la parola “meditazione”. La meditazione di cui si parla in questi anni è un tipo di meditazione noto come “mindfulness”. In breve, è una pratica che aiuta, con una serie di esercizi, a concentrarsi sul momento presente. Normalmente si inizia a fare “mindfulness” con esercizi di attenzione sul respiro: come scrive Vox, “le persone iniziano stando sedute ferme per 10 minuti concentrandosi interamente sul loro respiro. L’idea è concentrare l’attenzione delle persone sulle molte sensazioni fisiche legate a ogni respiro: l’aria attraverso le narici, l’allargamento della cassa toracica, il movimento del diaframma”. Inizialmente riuscire a concentrarsi sul respiro per dieci minuti senza farsi distrarre dai pensieri è molto difficile, ma nel tempo si guadagna dimestichezza con la cosa.

Mark Williams, professore di psicologia clinica dell’università di Oxford che si occupa di meditazione, ha spiegato che la “mindfulness” «ci aiuta a fare un passo indietro rispetto ai nostri pensieri e a osservare i pattern. Gradualmente possiamo imparare a notare quando i nostri pensieri stanno prendendo il controllo e capire che i pensieri sono “eventi mentali” e che non ci devono necessariamente controllare».
I monaci buddhisti, come ha spiegato il Guardian, hanno praticato tecniche di meditazione simili a quelle della “mindfulness” per migliaia di anni, ma in Occidente la pratica si è diffusa a partire dagli anni Settanta grazie al lavoro del medico americano Jon Kabat-Zinn, che cominciò a trattare pazienti affetti da dolore cronico con un programma chiamato “Mindfulness-Based Stress Reduction”: una serie di incontri di gruppo in cui ai partecipanti venivano insegnati esercizi di meditazione da continuare a praticare nel tempo e in modo indipendente. I buoni risultati del lavoro di Kabat-Zinn hanno spinto altri a occuparsi di meditazione: ora programmi di cura che contemplano anche l’uso della “mindfulness” sono diffusi in diversi ambiti.
A cosa serve meditare?
In primo luogo, spiega Vox, meditare regolarmente aiuta a migliorare l’attenzione anche quando non si sta meditando. Diversi studi hanno mostrato che persone che hanno praticato “mindfulness” anche per pochi mesi si comportano meglio di persone che non meditano in test progettati per valutare la capacità di concentrazione. In alcuni test, per esempio, si chiede alle persone di dire il colore in cui è scritta una parola ignorando la parola stessa (bluverdegiallorossomarrone), in altri si chiede ai partecipanti di indicare dettagli di due foto che vengono mostrate in rapida successione: chi ha praticato “mindfulness” riesce spesso a indicare più dettagli della seconda foto, mostrando una migliorata capacità di dividere la propria attenzione. Altri test hanno mostrato infine che la meditazione può aiutare a migliorare la memoria e rallentarne il declino che accompagna l’invecchiamento.

Un altro aspetto in cui la meditazione può essere utile, dice Vox, è il controllo delle emozioni negative. Diversi studi hanno mostrato che le persone che meditano sono “emotivamente più solide” e più in grado di resistere a momenti difficili e controllare le loro emozioni. Per esempio, è stato notato che persone che hanno praticato “mindfulness” per un certo periodo di tempo sono meno influenzate dal guardare fotografie disturbanti mentre fanno qualcosa di non collegato a quelle immagini (mostrando quindi una miglior capacità di gestire le emozioni negative). Altri studi, basati su questionari da compilare, hanno mostrato che dopo alcune settimane di pratica di meditazione le persone si sentono meno arrabbiate e stressate e, in generale, meno spaventate delle loro emozioni. Questi studi, spiega Vox, fanno pensare che la “mindfulness” possa essere usata con successo per trattare forme di ansia e diversi tipi di dipendenza (a partire dalla dipendenza dalla nicotina).
Altri studi hanno infine mostrato invece che la meditazione può aiutare i pazienti che soffrono di depressione ricorrente a evitare ricadute; nel Regno Unito il trattamento della depressione basto sulla “mindfulness” è stato approvato ed è fornito dal servizio sanitario nazionale.
Ma funziona?
Sull’efficacia della “mindfulness” non c’è ancora una conoscenza certa. Come spiegaVox il numero e la qualità degli studi che se ne occupano stanno aumentando, ma ci vorrà parecchio tempo prima che si disponga di risultati certi e numericamente significativi. Gli studi condotti negli ultimi anni hanno dato risultati incoraggianti in diversi ambiti, ma ci sono ancora molte cose non chiare sul funzionamento della meditazione e qualche preoccupazione su possibili effetti collaterali. Diversi studi, per esempio, hanno mostrato che tra le persone che hanno praticato la meditazione a lungo e quelle che non lo hanno mai fatto ci sono differenze osservabili in almeno 8 diverse aree del cervello, ma per come sono stati strutturati gli studi non si può parlare di causalità ma solo di correlazione tra la “mindfulness” e i cambiamenti osservati.

Anche se i risultati di molti studi sono incoraggianti e la pratica della “mindfulness” si sta molto diffondendo, qualche ricercatore ha espresso dubbi e perplessità sulla sua reale efficacia. Per esempio, Catherine Wikholm ha spiegato sul Guardian che non bisognerebbe trattare la “mindfulness” come una cosa innocua e che-fa-bene-a-tutti. In primo luogo perché il numero di studi che se ne occupa è ancora limitato e poi perché, secondo Wikholm, molti ricercatori hanno deciso di non occuparsi dei potenziali effetti negativi della meditazione. Per esempio la possibilità che concentrarsi sui propri pensieri possa farne affiorare di negativi e causarci dolore e stress, invece che ridurli. In generale, raccomanda Wikholm, bisogna evitare di affrontare la questione in modo ingenuo e superficiale e occuparsi invece seriamente degli studi che vengono condotti, notandone sia i punti di forza che quelli di debolezza.

lunedì 23 novembre 2015

Le frontiere dell'elettronica organica...



Ha sensori e fili elettrici biocompatibili nella rete in cui scorre la linfa

23 nov 2015

Elettronica organica e biologia vegetale: sbocciata la prima rosa bionica

Un fiore vero e proprio nell'aspetto se non fosse che la sua linfa è formata da circuiti elettrici e sensori. Si tratta della prima rosa bionica ottenute da Magnus Berggren, dell'università svedese di Linkoping, e descritta sulla rivista Science Advances. 
L'elettronica organica e la biologia vegetale insieme per sfruttare e amplificare l’attività elettrica naturalmente prodotta dalle piante. L'esperimento apre un campo di ricerca nuovo con risvolti, per esempio, su una nuova generazione di celle solari oppure su sensori capaci di controllare la crescita delle piante.

I cavi inseriti nelle piante modificate non sono normali fili elettrici, ma sottilissimi filamenti di polimeri creati in laboratorio e capaci di crescere all'interno della rete dei vasi linfatici senza danneggiarli. 
Lunghi fino a 10 centimetri, i filamenti sono in grado di trasportare segnali elettrici da e verso ogni punto della pianta. Ad esempio le foglie possono trasformarsi in una sorta di 'schermo' vegetale perchè ogni punto della loro superficie può essere sollecitato elettricamente in modo differente, in grado di cambiare colore a comando.

"Ora – ha affermato Berggren – possiamo davvero cominciare a parlare delle piante come 'centrali elettriche'. Possiamo ad esempio mettere sensori nelle piante e utilizzare l'energia fornita dalla clorofilla, produrre antenne verdi o materiali completamente nuovi”.
Anche Ove Nilsson, uno dei coautori della ricerca, ha sottolineato che “ora saremo in grado di influenzare la concentrazione delle varie sostanze nella pianta che ne regolano la crescita e lo sviluppo”.

domenica 22 novembre 2015

Lo sviluppo del linguaggio in un cervello artificiale.



È composto di due milioni di neuroni ed è stato realizzato in Italia. Sarà utilizzato per studiare i processi di sviluppo del linguaggio

11 nov 2015


Per ora ha "solo" due milioni di neuroni contro il miliardo circa di un cervello reale.  Ma Annabell ha ancora tanta strada da fare. 
Così, Annabell, è stato battezzato il primo cervello artificiale che ha imparato il linguaggio umano 'dialogando' con l'uomo a partire da zero, quando era cioè una vera e propria 'tabula rasa'. 

Descritto nella rivista Plos One, Annabell è stato realizzato in Italia, dal gruppo dell'università di Sassari coordinato da Bruno Golosio, in collaborazione con il gruppo dell'università britannica di Plymouth guidato da Angelo Cangelosi.

Annabell (Artificial Neural Network with Adaptive Behavior Exploited for Language Learning) è un modello cognitivo fatto di due milioni di neuroni artificiali interconnessi e permetterà di studiare in dettaglio i processi che, nel cervello, rendono possibile sviluppare una funzione complessa come il linguaggio. 
È un passo in avanti notevole, considerando quanto sia difficile studiare questi processi in un organo complicato come il cervello umano, formato da circa un miliardo di neuroni in comunicazione tra loro attraverso segnali elettrici.

"È una sorta di cervello artificiale sviluppato per capire come le nostre competenze linguistiche emergono dai processi neurali che avvengono nel nostro cervello", ha spiegato Golosio. Questo è soltanto il primo passo perché Annabell "crescerà". 
Le sue capacità possono infatti migliorare aumentando il numero dei neuroni, cosa che i ricercatori hanno intenzione di fare. Ma i possibili sviluppi sono ancora più ambiziosi perché questo cervello artificiale potrebbe diventare parte di un robot sofisticato, con vista e tatto, capace di localizzare oggetti nello spazio e di controllare i movimenti.

mercoledì 18 novembre 2015

L'intelligenza artificiale di Google a disposizione di tutti (e per molti è una grande opportunità..)

Da Keyforweb

TensorFlow, Google apre a tutti i segreti della propria intelligenza artificiale

di Orlando Rocchi, 12 nov 2015

Google ha deciso di aprire al mondo dell’open source il proprio sistema digitale di autoapprendimentoalla base di molti dei servizi offerti, annunciando TensorFlow, un sistema machine learning utilizzabile sia nel settore della ricerca sia nel business.

TensorFlow è il sistema di machine learning che sostituisce il predecessore DistBelief, rispetto al quale risulta nettamente più flessibile, facile da usare, portabile ed ovviamente, estremamente più potente ed in grado di raddoppiarne le prestazioni in diversi benchmark.

L’elaborato sistema di algoritmi di TensorFlow ha generato un intelligenza artificiale utilizzata anche dalla stessa Google ed alla base di diversi servizi messi a disposizione degli utenti da Big G come,Google Maps (da alcuni giorni disponibile finalmente anche offline su Android ed iOS), il sistema di risposta automatiche Smart Reply di GMailGoogle Traduttore e molti altri.






Nonostante l’enorme potenziale e la già sviluppata IA, TensorFlow è ancora agli albori e necessita ancora di profondi studi, ricerche e sviluppi, come spiegato da Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, in occasione della presentazione ufficiale del progetto:



“Il ‘machine learning’ è ancora agli albori, non riesce a fare quello che un bambino di quattro anni fa agevolmente come riconoscere un dinosauro dopo averlo visto in foto un paio di volte. Abbiamo tanto lavoro da fare ma TensorFlow è un buon inizio e ci aiuterà a fare questo lavoro tutti insieme. Speriamo che la community che lavora sul machine leraning scambi idee più velocemente possibile per accelerare la ricerca. TensorFlow è una piattaforma valida non solo per la tecnologia ma è utile anche ai ricercatori che vogliono dare un senso alla loro mole di dati, dalle scoperte sulle proteine a quelle che riguardano l’astronomia”.

TensorFlow secondo Google è altamente scalabile ed in grado di essere utilizzato su PC desktop, gadget mobile, supercomputer ed infrastrutture distribuite nel cloud, diventando così accessibile da chiunque intenda accedervi. 


Google ha deciso di rendere open source il sistema TensorFlow, fornendo uno strumento unico per la ricerca e per il settore business ed al contempo consentire agli sviluppatori di contribuire alla crescita di questa IA e poter offrire così prodotti ancora migliori rispetto agli attuali.

martedì 17 novembre 2015

Creare la nostra "resilienza": essere equilibrati, usare il buonsenso...



Spesso un tracollo è preceduto da fenomeni in lento peggioramento, e bisogna intervenire subito
Alcune intuizioni di Bateson potrebbero essere utili a districarci anche nel tempo presente

"Andate oltre, fatevi sentire": il consiglio di Tim Cook a Milano



"Andate oltre, fatevi sentire": questo il succo del discorso che il CEO Apple ha tenuto alla Bocconi di Milano

11 nov 2015

Non è lo "Stay hungry, stay foolish" di Steve Jobs, ma non ha nemmeno la pretesa di esserlo. Eppure Tim Cook, CEO Apple, secondo Skuola.net qualche piccolo insegnamento lo ha lasciato lo stesso agli studenti. 

Il 10 novembre scorso, ospite alla Bocconi di Milano, ha presenziato all'apertura di un nuovo corso di laurea triennale dedicato all'innovazione e ai big data, il Bachelor of Science in Economics, Management and Computer Science (Bemacs). 

E proprio in questa occasione ha permesso ai ragzzi di fare scorta di consigli e di selfie.


#1 Cambiate il mondo 

Non proprio una cosetta da niente, diciamolo. Ma secondo il CEO Apple vale la pena di provare a lasciare un impronta dietro il proprio passaggio. E tentare di rendere il mondo il posto che si è sempre sognato. 



#2 Migliorate la vita delle persone 

Tim Cook pensa in grande, ma magari è proprio questo suo modo di vedere le cose che lo ha portato ai vertici di un'azienda come Apple. E poi, c'è forse qualcosa che realizza di più della consapevolezza che il proprio lavoro può aver aiutato qualcuno e migliorato la sua vita? 



#3 Portate più in la le frontiere 

"Siete cittadini non solo dell'Italia - ha detto il CEO alla Bocconi - o di altri paesi, ma cittadini del mondo. Voi studenti dovete riuscire a mantenere il vostro idealismo, spingete, andate oltre, portate più in là le frontiere tenendo conto dei vostri valori".



#4 Fate sempre il vostro meglio 

È questa la chiave dell'eccellenza secondo Cook e l'Italia ne è la dimostrazione: "È il vostro paese che dimostra continuamente come qualità significa fare il meglio, non produrre di più". 



#5 Fate sempre quello che è giusto 

Perchè si deve vivere bene e in maniera coerente con quelli che sono i propri valori. Non bisogna mai snaturarsi. Fare sempre quello che è giusto fa bene "Non solo al business", dice Cook. Perchè "Non siamo qui per far soldi, ma per lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato". 



#6 Le differenze rendono forti

Il CEO elogia il lavoro di gruppo, il fare squadra. E racconta del suo gruppo di studi di quando anche lui era solo uno studente: "Amavo il team work e nel mio gruppo di amici abbiamo usato le differenze per diventare più forti".




#7 Fatevi sentire

"Speak up" conclude poi Cook. "Siete la prima generazione che può parlare al mondo e allora tirate fuori la voce!".



Sette cose da imparare dal boss Apple

Nessuno esce vivo da questa vita: siate gentili e grati per la vita stessa...

Da HuffingtonPost


Il discorso di Jake. 

Aveva solo 3 settimane di vita ma riesce a ritirare il diploma: "Siate gentili, siate grati"


10 nov 2015







"Nessuno esce vivo da questa vita. Quindi siate gentili e siate grati". Gli avevano dato solo 3 settimane di vita, invece Jake Bayle, 18 anni, è riuscito a ritirare il suo diploma e ha fatto un commovente discorso di 20 minuti, che su Youtube ha ricevuto più di 250mila visualizzazioni in poco tempo.
"Nessuno di noi esce vivo dalla vita. Per questo siate coraggiosi, siate i migliori, siate altruisti e sempre grati per le opportunità che avete: l'opportunità di imparare da chi c'era già prima di voi e da chi vi cammina accanto". Questo è un altro dei passaggi più commoventi del discorso pronunciato da Jake Bailey, studente di una scuola superiore in Nuova Zelanda, la Christchurch High School, che ha voluto salutare i suoi amici e professori, dopo aver saputo si avere il linfoma Burkitt, uno dei tumori dalla crescita più rapida che gli lascia solo due-tre settimane di vita.
"I medici mi avevano sconsigliato di venire qui, ma io volevo salutarvi" ha detto Jake. Al termine del discorso, che a tratti ha fatto anche sorridere la platea, i compagni gli hanno dedicato la classica danza Maori, la Haka

lunedì 16 novembre 2015

Il pasto in busta: Joylent...



di Luca Sofri, 16 nov 2015

Anni passati a cercare di capire se c'era un approccio innovativo e originale nel giornalismo del Post, e alla fine l'abbiamo trovato


Quando nacque il Post, quasi sei anni fa, eravamo cinque: siamo cresciuti di numero nel tempo, ma abbiamo mantenuto un’abitudine complice a stare molto insieme, e per esempio andare quasi sempre a pranzo tutti insieme: quando in uno dei locali del quartiere, quando facendo la spesa e ricavando un angolo dove sbriciolare in redazione, quando su una panchina del parco.
Così era almeno fino a qualche mese fa, prima dell’estate.

Secondo alcune ricostruzioni è stato il crescente numero di persone e collaboratori occasionalmente in redazione a far saltare l’unanimità di menù: mettersi d’accordo in dieci-dodici diventa più complicato.
Secondo me, invece, è stato il Joylent. Quella del Post è infatti probabilmente la prima redazione giornalistica alimentata a Joylent. Anni passati a cercare di capire se c’era un approccio innovativo e originale nel giornalismo del Post – facciamo cose abbastanza tradizionali, cercando di farle bene – e alla fine l’abbiamo trovato: la prima redazione giornalistica alimentata a Joylent.


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È cominciato tutto quest’estate. In realtà avevamo discusso del Joylent – nella sua versione americana che si chiama Soylent – quando era stato raccontato in un lungo articolo del New Yorker del 2014 intitolato “La fine del cibo?“. Come il Post ha spiegato poi in un articolo di inizio agosto, il Soylent è 
un prodotto alimentare sostitutivo dei normali pasti. Il Soylent è una specie di beverone composto da acqua e sostanze nutrienti che con pochi sorsi soddisfa i bisogni nutrizionali ideali quotidiani di una persona.
Il Soylent è una bevanda formata da acqua e sostanze come carboidrati, zuccheri, proteine e grassi sciolti dentro. Secondo chi la produce – e anche la grandissima parte dei nutrizionisti interpellati – è un valido sostituto degli altri cibi: è stato pensato e progettato per soddisfare tutti i requisiti nutrizionali di una dieta sana.

Ad agosto la redazione milanese del Post si svuota un po': chi va in vacanza, chi lavora da luoghi alternativi, quest’anno a ferragosto in via Bertani erano in tre, tutti maschi, età tra i 24 e i 31. E hanno letto che in Olanda era stata commercializzata una versione europea del Soylent – il Joylent, appunto – che a differenza del prodotto americano poteva essere ordinato e spedito nei paesi europei.
Ad agosto anche il ciclo delle notizie rallenta, e chi resta al Post costruisce una più robusta solidarietà da sentinelle del baluardo desolato, e insomma uno di loro – ignoro chi – ha proposto di provare il Joylent: lo ordiniamo, e per una settimana ci nutriamo solo di quello. Vediamo come va.

Lo hanno fatto. Il racconto della loro esperienza è stato l’argomento di conversazione principale man mano che rientravano tutti dalle vacanze. 
Si erano fatti recapitare uno scatolone pieno di buste variopinte di polverine da sciogliere in acqua per ottenere i beveroni ai gusti cioccolato, banana, fragola o vaniglia. Cioccolato ha prevalso. Niente pranzo, niente cena, solo beverone. Reazioni diverse all’inizio, chi più convinto, chi più affamato, ma dopo una settimana tre su tre soddisfatti e abituati. Io l’ho assaggiato un giorno senza pregiudizi e sapeva di Nesquik ma più diluito: e ho lasciato perdere. Altri del Post hanno rifiutato indignati anche di assaggiarlo, esibendo un armamentario retorico di variazioni intorno al “dove andremo a finire” e “io non ce la farei mai”. Invece alcuni, soprattutto i più giovani, si sono lasciati tentare, e si sono uniti a un gruppo di cinque o sei che oggi si nutrono di Joylent con grande frequenza. Nuovi ordini, scatoloni di Joylent in cui inciampiamo spesso muovendoci in redazione, maledicendone i clienti come se fossero la setta di Guilty Remnants di Leftovers.

Perché?, direte voi.
Cito le risposte ricevute: perché solleva dall’impegno del pranzo, che non è ogni giorno un festoso baccanale di manicaretti, ma spesso una necessità di affamati da soddisfare con quel che si trova nei bar della zona; perché fa risparmiare tempo (non necessariamente reinvestito in lavoro: anche a fare una passeggiata nel parco, o persino una partita di pallone, qualche giorno fa); “perché mi nutro meglio di come farei col cibo solido e sono sazio senza quella sensazione di pesantezza di quando ci si alza da tavola”. E infine per una ragione non da poco per dei ventenni al primo stipendio, affitti da pagare e costi della vita milanesi: per risparmiare. 
Un pasto costa neanche due euro, meno di qualunque alternativa.



Il che apre riflessioni interessanti sugli usi che si potrebbero fare di prodotti di questo genere in regioni o situazioni con crisi o emergenze alimentari. 
“La fine del cibo”, insomma, non era un titolo così assurdo. E non stiamo parlando di futuri fantascientifici o americanate da Silicon Valley: credetemi, che son qui che pranzo da solo al giapponese.

Un indirizzo utile per imparare qualcosa di nuovo...

Da developers.google.com

domenica 8 novembre 2015

Problemi logico-matematici 3

Da adnkronos


Quiz di matematica diventa virale, ecco la soluzione

3 nov 2015


Un problema di matematica sta ossessionando il web in questi giorni. 

Il quesito chiede di calcolare l'angolo compreso tra due monete da 50 cent, ma gli studenti australiani che si sono trovati questo quiz agli esami lo hanno trovato un po' troppo difficile. Sui social è partita la sfida. 

Chi è in grado di risolvere questo problema?


Quiz di matematica diventa virale, ecco la soluzione


La soluzione in realtà è più semplice di quello che sembra. 

Come prima cosa bisogna calcolare la somma degli angoli interni del dodecagono. Tale somma (che chiameremo S) è uguale a tanti angoli piatti quanti sono i lati del poligono meno due.

   S=(12-2)x180°=10x180°

Poi si divide S per il numero di angoli e otteniamo l'angolo interno (a) del dodecagono.

   a=10x180°/12=(10/12)x180°=(5/6)x180°

La metà dell'angolo che dobbiamo trovare (b) è supplementare all'angolo a, il che vuol dire che la somma è 180°. 
Quindi basta risolvere una semplice equazione e il gioco è fatto.

   b/2+a=180° b/2=180°-a
   b/2=180°-(5/6)x180°
   b/2=180°/6
   b=60°

Problemi logico-matematici 2

Da Linkiesta.it

Altro che Cheryl: provate a risolvere questo enigma


D’improvviso il mondo si è appassionato a problemi logico-matematici. Eccone uno tosto
20 apr 2015

Tra le cose che hanno impegnato le menti del mondo nelle ultime settimane, oltre agli open bar del Fuorisalone a Milano e alle volontà della Boldrini di distruggere l’architettura fascista, c’è stato “il compleanno di Cheryl”.

Un problema di matematica usato a Singapore per mettere alla prova gli studenti di 15 e 16 anni. Il fatto che molti, laureati e vaccinati, lo abbiano trovato difficile è eloquente.

Per chi, invece, lo ha superato in agilità (non ci risulta, per ora, nessuno), vi proponiamo questo altro problema, che negli Usa ha sconfitto le menti disperate del 96% degli studenti di matematica:

Una corda è avvolta intorno a una bacchetta cilindrica. La corda gira intorno alla bacchetta per quattro volte esatte. La circonferenza della bacchetta è di 4 cm. La sua lunghezza di 12. Quanto è lunga la corda? (Prego, è tutto vostro. Qui si parrà la vostra abilitate)


Il test è stato usato dalla IEA (International Association for the Evaluation od Educational Achievement) per mettere alla prova i livelli di abilità matematica degli studenti di 16 Paesi nel 1995. Con risultati disastrosi.

Problemi logico-matematici 1



Centinaia i commenti al quesito sottoposto ai giovani studenti di Singapore e rimbalzato sulla Rete. Anche i lettori si sono divisi tra chi lo ha risolto in scioltezza, chi dubita della soluzione e chi la butta sul ridere. 
E c'è chi rilancia con nuovi enigmi, esche per la mente a cui è (quasi) impossibile resistere

15 apr 2015


"Mannaggia a me. Se anche A capisce allora vuol dire che è luglio perché fra le tre date rimaste ce ne è una luglio e due ad agosto.... ce l'ho fatta....è il 16 luglio". Sono le parole con cui il lettore Alberto Malavasi ripercorre il ragionamento che lo ha portato a dedurre il giorno in cui Cheryl festeggia il compleanno sulla base delle informazioni a disposizione degli amici immaginari Albert (che conosce il mese) e Bernard (il giorno). Accompagnate da quella sincera esclamazione, "ce l'ho fatta", che trasuda sollievo e soddisfazione.


Il senso di liberazione che riempie il cuore di chi fino a un attimo prima sbatteva contro le cieche pareti di un labirinto senza avere nessuna certezza di trovare la via d'uscita. E un fuggente attimo di goduria per essere riuscito a farcela sottraendosi alla fortissima tentazione di saltare direttamente al link della soluzione. Con il suo intervento, il buon Malavasi fa da perfetto spartiacque ai commenti incolonnati in calce all'articolo dedicato al rompicapo, "quando è nata Cheryl?" appunto, che da quesito infilato in un test per studenti 15-16enni di Singapore è rimbalzato nella Rete provocando reazioni a vari livelli, dal richiamo irresistibile del cimento alla frustrazione, fino al dubbio sulla sua possibilità di soluzione.

Reazioni perfettamente rispecchiate dal campione di lettori che col quesito si è cimentato attraverso Repubblica e della sua esperienza ha lasciato traccia nei commenti. Dove trovano spazio quanti hanno risolto l'enigma in scioltezza, liquidando con una sorta di "elementare Watson" la sua presunta difficoltà ("non è un enigma così terribile, qualsiasi esperto di enigmistica lo saprebbe risolvere. Non è assolutamente necessario invece essere esperti in matematica, non è un problema matematico", spiega beppone57), dispensando consigli (per Paolo Tenderini "non è così difficile... bastano carta e penna... a mente è un'altra cosa..."), contestando la premessa contenuta nell'articolo sulle migliori qualità matematiche dei ragazzi dell'estremo oriente come conseguenti a simili prove ("Si vede - dice nibbiodinotte - che questi, giornalista compreso, non hanno mai visto i quiz di accesso ai corsi universitari. Nei miei c'erano domande simili a questa per testare le capacità logiche") o sfoderando l'immancabile orgoglio italico (per ginogini "nella settimana enigmistica c'è una sezione chiamata 'prova d'intelligenza' dove i quesiti sono simili a questo ma molto più laboriosi da risolvere").

E, dall'altra parte, tutte le sfumature del dubbio: chi non è convinto che il 16 luglio sia l'unica soluzione ("Scartando maggio e giugno - dice ehrenfest - e conoscendo il numero, Bernard sa che la risposta è 16/7 oppure 15/8 oppure 17/8 perché sono date uniche, ma questo non permette ad Albert di scartare agosto"), chi lo ritiene errato (a alsarago58 pare "manchi un indizio", e Sergio Cammarata dice: "Anche io protesto! Da un punto di vista logico il problema è formulato male"), chi assistendo all'esultanza altrui ci prova ma non trova il filo di Arianna ("mi sa che hai fatto un po' di casino con i nomi", aiuta 1berto1), chi arriva ad altra data ma poi ha l'umiltà di riprovarci e riuscirci, come Luigi Levin ("Risolto! Grandeeeeeee").

Due mondi che erigono a muro di reciproca separazione l'emblematico commento citato all'inizio. A loro, evidentemente, va aggiunta tutta la componente, silenziosa e sicuramente nutrita, di quanti sono passati ad altro dopo le prime difficoltà perché non muniti del giusto tempo o della giusta pazienza per affrontare la prova. E che magari, pur di non lasciarla in bianco, l'hanno buttata sul ridere (a Pax73: "E chi non ha capito nemmeno la soluzione?" risponde il bomba: "Con un po' di fortuna puoi sempre fare il senatore come Razzi") o sono andati alla deriva con favolistiche variazioni sul tema, come Bert0ld0 ("Cheryl vuol far indovinare la data del suo compleanno a tre nuovi amici: Albert, Bernard e David... dice ad Albert qual è il mese giusto ma non il giorno, a Bernard il giorno giusto ma non il mese, a David, dato che era brutto, non gli dice niente... tutti e tre gli amici alla fine dicono a Cheryl la data giusta e vivono felicemente il resto della loro vita. Tutti tranne David che rimane brutto per sempre").

Di certo, il gran numero di commenti pervenuti spiega da solo il gran rumore attorno al rompicapo di Cheryl: è attrazione irresistibile come un'esca appetitosa e insidioso come la tela di un ragno. Ebbene, c'è chi ha addirittura rilanciato, disseminando tra gli stessi commenti altre "esche" ed altre "ragnatele" per la mente. Eccole. Impossibile resistere. Forse altre seguiranno. 
Che anche a Singapore accettino la sfida?


Desdemona incontra al mercato Elvira, che non vede da molto. Franco ascolta in disparte
D: "Come stai, hai avuto figli?"E: "Si, Alvise, Bernardo e Carlo"D:"Quanti anni hanno?"E:"A*B*C=36. La somma A+B+C fa il numero civico di casa tua"D: "Ancora non mi basta per avere una soluzione!"E:"Hai ragione. Comunque il più grande ha meno di 36 anni."F:"Ho capito!"(Leonardo Della Pietra, leggermente modificato su indicazione di altri utenti)


Ci sono tre persone e cinque cappelli, tre bianchi e due neri. Ogni persona ha in testa un cappello e le tre persone hanno l'opportunità di guardarsi, ma senza poter vedere il colore del proprio cappello e senza poter comunicare fra loro. Le tre persone hanno in testa i cappelli bianchi. Viene chiesto al primo di dire il colore del proprio cappello, e lo stesso risponde di non sapere. Viene chiesto al secondo di dire il colore del proprio cappello, e lo stesso risponde di non sapere. Viene chiesto al terzo di dire il colore del proprio cappello, e lo stesso risponde bianco. Come ha fatto ad essere certo della sua risposta?(Gregorio Di Rocco)