mercoledì 6 agosto 2014

Un'interessante intervista al Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.



di Roberto Napoletano, 6 ago 2014

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Il Ministro dell'Economia italiano, Pier Carlo Padoan

Sulla faccia di Pier Carlo Padoan, persona seria e timoniere dell'Economia, è stampata la delicatezza del momento, l'attesa dei dati dell'Istat di questa mattina per lui è già un'amara realtà, il ciclo non si è invertito e non siamo nemmeno immobili, la verità è che continuiamo a scendere, il motore dell'economia italiana perde giri.

«Finiremo con la troika» butto lì. 
«No, no, assolutamente no» urla e aggiunge: «La prego, lo scriva a caratteri cubitali». Si ferma un attimo, ancora uno scatto, e poi di getto: «Il Paese deve riformarsi da solo e lo sta facendo. Dobbiamo farlo ancora più in fretta». 

Sulla crescita in Europa quasi tutti sono messi male, ma noi stiamo sempre peggio di tutti e abbiamo un debito pubblico che non teme confronti. Sulla debolezza italiana pesano ovviamente i focolai di crisi internazionale, soprattutto quelli che riguardano l'energia e l'Ucraina, dobbiamo coprirci da nuovi rischi. Il quadro finale non può che uscire ulteriormente deteriorato e alimentare gli interrogativi dei mercati. «Io so, e i mercati sanno, che il Paese è fortemente orientato a sostenere la crescita, ci vorrà più tempo ma non li deluderemo», scandisce con voce ferma.

Ministro Padoan è un po' di tempo che la sentiamo ripetere che l'economia è ferma, non si riprende. Che fa: si iscrive anche lei al partito dei gufi?
No, non mi iscrivo a nessun partito dei gufi, sono sempre stato iscritto al partito dei realisti e qui resto. I dati dell'economia anche più recenti confermano un'economia che stenta a uscire dalla recessione. Rimango, però, convinto che esistano segnali positivi che andranno apprezzandosi nei prossimi trimestri e nei prossimi anni. 
Parlo del 2015 e del 2016. E dico questo non per una banalità contabile, ma perché è importante mantenere una prospettiva di medio periodo e i primi atti del governo Renzi sono, per me, tutti orientati a un obiettivo: realizzare politiche con impatto duraturo e crescente nel lungo termine.


Non ho capito: è vero o no che l'economia sta andando male, male, non è ferma, addirittura in recessione?
I dati negativi che ci arrivano dall'Istat riguardano, soprattutto, gli investimenti mentre, invece, i dati su consumi e esportazioni sono moderatamente positivi. Questo fa sperare bene sul recupero di fiducia delle famiglie e conferma che c'è una fase di uscita dalla recessione che è molto faticosa perché la recessione è davvero profonda. Non dimentichiamoci che il 2013 ha chiuso con un risultato finale di meno 1,9.


Il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, ha detto che l'effetto degli 80 euro è «quasi invisibile». Renzi ha risposto che la ripresa è come l'estate: prima o poi arriva. Si è mai pentito di avere iniziato dal bonus Irpef e non dall'Irap?
No, non mi sono mai pentito, naturalmente avrei voluto avere a disposizione risorse per fare di più, ma è importante del bonus Irpef ricordare due cose. La prima: riguarda 11 milioni di persone. La seconda: sarà permanente. Questo è importante perchè le famiglie devono avere più risorse e più fiducia per fare sì che queste risorse vengano spese.


Quanto dell'aumento record della Tasi, da un capo all'altro del Paese, è dovuto indirettamente alla copertura del bonus Irpef?
L'aumento della Tasi è slegato da coperture del bonus, ha a che fare con politiche fiscali del governo precedente che noi abbiamo ereditato. 


Insisto: se i Comuni non sono in grado di fare i tagli richiesti, non crede che seguano la scorciatoia di aumentare la Tasi e, quindi, mettano una parte del bonus sul conto a carico dei contribuenti?
Questa è una scelta successiva, i Comuni hanno a disposizione questo strumento, ma certo il Governo Renzi non vuole utilizzare la Tasi per finanziare il bonus.


Se la crescita è zero o addirittura negativa e non 0,8, la strada che ci separa dal 3% di deficit/pil si stringe pericolosamente. Sarà larga a sufficienza per evitare una manovra in autunno?
Il 3% nel 2014, e anche nel 2015, non sarà superato.
Non ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva.


Sia sincero, ministro: premesso che il Paese non è in grado di sopportare un'altra manovra, come fa con questi numeri a essere così sicuro di poterla evitare?
In base alle informazioni che ho adesso e alle previsioni che abbiamo aggiornato con le nuove informazioni Istat, ribadisco quello che ho appena detto.


Nel Def di aprile è scritto che, con la legge di stabilità, si devono fare 15 miliardi di tagli della spesa. Si possono conseguire tagli selettivi per un importo così rilevante in un tempo così breve? Non sarà che alla fine arriverà, come sempre, la doppia scure dei tagli lineari e di nuove tasse?
I tagli buoni e giusti si possono fare e il Governo farà di tutto per evitare l'applicazione di misure di salvaguardia come sono quelle dei tagli lineari o nuove tasse. 
Io penso che si possano fare.


Come la mettiamo con Bruxelles che ci ha, di fatto, negato il rinvio del pareggio di bilancio dal 2015 al 2016 e, anzi, ci ha chiesto sforzi aggiuntivi già da quest'anno. Chi glielo dice a Renzi? Lei ci riesce?
Renzi lo sa benissimo e sicuramente il quadro macroeconomico che si sta delineando in questi mesi e in queste settimane è molto più deteriorato di quello di qualche settimana fa e, naturalmente, l'obiettivo di riequilibri strutturali tiene conto dell'andamento del ciclo. 
L'Italia stenta a uscire dalla crisi perché ha accumulato ostacoli strutturali. 
Per riprendere a crescere non ci sono scorciatoie: dobbiamo rimuovere quegli ostacoli con riforme strutturali.


A febbraio avevate fatto una scommessa: facciamo le riforme, otteniamo la flessibilità in Europa, abbiamo una crescita del pil e tutto si sistema. La flessibilità europea è in alto mare, i falchi del Nord ci guardano con sospetto, mi spiega perchè avete dato la precedenza alle riforme istituzionali rispetto a quelle del fisco, del lavoro e della macchina dello Stato?
Le riforme strutturali sono la caratteristica fondamentale della strategia del governo. 
Tra le riforme è fondamentale includere le riforme istituzionali anche perchè queste hanno un impatto molto importante sul funzionamento dell'economia e cito due ragioni evidenti. 
La prima: la semplificazione del processo legislativo. 
La seconda: la certezza della durata dei governi. Questi due fattori sono estremamente importanti per stabilizzare la fiducia e le aspettative di imprese, famiglie e investitori internazionali. Naturalmente le altre riforme sono altrettanto importanti.


Altrettanto o, forse, anche di più vista la delicatezza dell'economia del momento?
Altrettanto. Penso alla riforma del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione e alla riforma fiscale. Sono queste le scelte che migliorano la competitività e la crescita del Paese nel medio lungo periodo. 


E qui come siamo messi, non mi pare proprio che siamo messi bene?
Siamo messi che molte di queste riforme sono in via di realizzazione, come nel caso della delega fiscale, e altre saranno approvate presto dal Parlamento, l'implementazione sta cominciando, per vederne i benefici reali in un orizzonte di medio periodo. 


La situazione dell'economia reale è sotto gli occhi di tutti, non migliora, si può dire ottimisticamente che è ferma, in realtà peggiora. Questa situazione lei la conosce molto bene. Non crede che sia necessario fare subito un fischio di fine partita per iniziarne un'altra? Che cosa impedisce di fare partire subito tutto ciò che è cantierabile e varare un bel credito d'imposta per ricerca e innovazione, evitare di promettere ciò che non si può dare (vedi pensioni agli insegnanti) e fare invece sul serio su privatizzazioni e lavoro? Alcune misure già indicate sono state già approvate con il decreto competitività, quelle del cosiddetto sblocca-Italia sono già state presentate nelle linee-guida e saranno approvate con il Consiglio dei ministri di fine agosto. Per quanto riguarda le misure come quelle relative alla "quota 96", come è noto, sono state ritirate dal governo e saranno affrontate in modo organico nei prossimi mesi.

Dove è finita la spending review? Resterà Cottarelli? Anche per lei farne a meno non è così grave?
La spending review è viva e vegeta, continua e viene introitata nel lavoro dei ministeri. 
Sicuramente sarà un elemento importante della costruzione della legge di stabilità del 2015. 
Su Cottarelli posso dire che ho la massima stima e apprezzamento del suo lavoro.


Debito/pil: i numeri reali e il rapporto percentuale tra i due, con le stime disponibili, sono impressionanti e appaiono destinati a crescere ancora in termini assoluti e percentuali. Con le privatizzazioni si era ipotizzato di realizzare uno 0,7% di pil per 10/12 miliardi, ma tutto appare sostanzialmente fermo. Lei crede nel Fondo immobiliare con i beni dello Stato che tagli dalla sera alla mattina di qualche centinaio di miliardi le esposizioni o in un intervento della Cassa Depositi e Prestiti che acquisti e scambi titoli di Stato con titoli della Cassa garantiti da propri asset o crede che sia puttosto da perseguire la via maestra delle privatizzazioni a partire dalla giungla delle municipalizzate controllate dagli enti locali?
Il processo di privatizzazioni va avanti. 
Come tutti sanno un processo serio di privatizzazioni che mira a valorizzare le aziende del patrimonio pubblico richiede un po' di tempo perchè coinvolge non solo le imprese già sul mercato, ma anche altri asset che richiedono un lavoro preliminare come le municipalizzate e il patrimonio immobiliare. 
Sulle proposte citate, posso dire che in giro ce ne sono varie e mi sembra che il punto di partenza di misure di questo tipo sia quello di avere un patrimonio da valorizzare: chiarite le idee su questo, gli strumenti che si possono immaginare sono diversi. 


Ha una preferenza?
Guardi, non ho una preferenza, sono aperto a varie ipotesi che stiamo esaminando, ma qual è il patrimonio di cui parliamo? 
Che cosa spinge a immaginare che sia marketable così come è un patrimonio che invece richiederebbe lavori di riqualificazione importanti e onerosi? 
La via delle privatizzazioni è quella che stiamo seguendo con maggiore determinazione: stiamo parlando di Poste, di Enav, di Ferrovie dello Stato. 
Comunque, sia chiaro: la via maestra per ridurre il debito è una sola: la crescita.


Dopo gli interventi in Fiat, Eni e Enel, Pechino è al 2% anche in Telecom, ma poi si scopre che Telefonica ci sta lasciando e tenta di prendersi il piatto più prelibato in Sudamerica. Ministro, ci spiega che cosa sta succedendo?
Telecom è un'impresa privata e, quindi, non entro nel merito di queste vicende proprio perché si tratta di imprese private. 
Voglio, però, aggiungere che stiamo osservando un interessamento crescente e concreto dei cinesi nei confronti del nostro Paese e le notizie di investimenti degli ultimi giorni confermano, con i fatti, i segnali positivi che ho raccolto in Cina appena dieci giorni fa. 
Si tratta di un Paese nel quale le decisioni di investimento sono sempre di lungo termine. La Cina vuole investire in Italia non con la logica del mordi e fuggi e ciò non mi pare poco. 
Questo mostra come sia possibile accrescere l'investimento nel nostro Paese.


Tra veti sindacali, perplessità di Caio, tavoli e tavolini che non portano da nessuna parte, non c'è il rischio che nella vicenda Alitalia sia Etihad ad accusarci di un eccesso di bizantinismi?
Io sono molto fiducioso sia sul fatto che l'accordo, certo faticoso e laborioso, si concluda positivamente e credo anche che sarà una scelta molto positiva per il Paese.


Abbiamo parlato poco del mondo e invece il mondo è scosso da focolai di crisi come non mai: Russia-Ucraina. Israele-Palestina, Siria, Iraq e, soprattutto, almeno per noi, Libia. La Russia ha azzerato la crescita, la Cina dichiara (non mancano dubbi) di essere sopra il 7%, forse gli Stati Uniti sono la vera nota positiva. Ciò che più inquieta, però, è la frenata tedesca che rischia di coincidere con la frenata europea. Che cosa può e deve fare la Germania per rilanciare la sua domanda interna e la crescita e, ancora più importante, se la locomotiva europea non riparte, noi da soli che cosa possiamo fare?
L'Italia come presidente di turno dell'Unione europea ha posto crescita e occupazione al centro dell'agenda. Tutti i Paesi hanno condiviso che questa debba essere la nuova priorità dell'Europa e, per concretizzarla, abbiamo indicato una strategia basata su tre pilastri: riforme strutturali, investimenti e maggiore integrazione, sia del mercato interno sia con i mercati globali. In questo quadro tutti i Paesi devono fare la loro parte anche quelli più forti. 


Ha ragione il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, quando sostiene che la Germania deve aumentare i suoi salari per rilanciare i consumi interni?
Sicuramente sì, anche se detta da lui questa affermazione appare come un'idea un po' tardiva. 


Che cosa deve fare, allora, la Germania?
Ad esempio, liberalizzare il suo settore dei servizi e accrescere il suo investimento, ne ha forte bisogno.


Ci sarà in autunno una ripresa della locomotiva tedesca a cui agganciare il treno indebitato dell'Italia? Vede all'orizzonte una possibilità che questo treno riparta?
Io credo che in tutti i Paesi dell'Europa si sta facendo strada la convinzione di mettere in pratica misure di sostegno alla crescita. Nella riunione dell'Ecofin di settembre dedicheremo molta attenzione a misure concrete di sostegno agli investimenti. Bisogna guardare avanti, i mille giorni sono una cosa concreta. 
I mercati continuano ad avere un atteggiamento positivo nei confronti dell'Italia e si aspettano la crescita. 
Ma sta al governo dimostrare di sapere attivare la crescita.

I dati Istat sul Pil italiano: in recessione tecnica nel secondo trimestre

6 ago 2014

Nuova gelata per la crescita già anemica dell'Italia. 
Nella stima preliminare dell'Istat sul Pil del secondo trimestre la flessione è stata pari a -0,2% rispetto al trimestre precedente. 
Su base annuale la flessione è pari a -0,3%. Dopo due trimestri consecutivi col segno meno del Pil, l'Italia tecnicamente ritorna in recessione. 
L'ultimo dato positivo risale al quarto trimestre del 2013 (+0,1%) dopo una striscia ininterrotta di segni meno iniziata nel terzo trimestre 2011. Il livello del Pil nel secondo trimestre del 2014 risulta essere il più basso dal secondo trimestre del 2000, ovvero da 14 anni.

Diminuzione del valore aggiunto in agricoltura, industria e servizi
Il calo congiunturale, spiega l'Istat, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi. 
Dal lato della domanda, il contributo alla variazione congiunturale del Pil della componente nazionale al lordo delle scorte risulta nullo, mentre quello della componente estera netta è negativo. 
Il secondo trimestre del 2014 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2013.

Il Pil degli altri Paesi
Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dell'1% negli Stati Uniti e dello 0,8% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,4% negli Stati Uniti e del 3,1% nel Regno Unito.


Italia in recessione tecnica
Il dato odierno certifica, dunque, una nuova recessione tecnica dopo la contrazione del primo trimestre. 
«Il 3% nel rapporto deficit-Pil «nel 2014,e anche nel 2015, non sarà superato. Non ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva», ha assicurato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan in un'intervista al direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, in cui esclude il rischio Troika, ma non nasconde le difficoltà del Paese, in attesa dei dati Istat sul Pil diffusi oggi. 
«Sulla crescita - aveva commentato qualche giorno fa il premier Matteo Renzi - ci aspettavamo dati più alti, in linea con le previsioni dell'eurozona, ma questo significa che lavoreremo con maggior determinazione. Che il Pil sia zero o 0,6% dobbiamo fare di tutto per rimettere in moto l'economia italiana»

L'incredibile viaggio spaziale della sonda Rosetta verso una cometa...

Da IlSole24Ore
Rosetta a un passo dalla cometa a forma di «papera di gomma»
di Leopoldo Benacchio, 6 ago 2014

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Una missione spaziale che ha dell'incredibile, centrare un corpo di roccia e ghiaccio di soli 4 chilometri dopo un viaggio complicatissimo che di chilometri ne ha macinati miliardi. Eppure c'è riuscita, partita nel 2004, dopo aver preso velocità nel 2005 usando la Terra come fionda che gli ha dato una spinta grazie alla gravitazione sfruttata in modo opportuno, una manovra incredibilmente astuta scoperta nel secolo scorso da un grande italiano, Giuseppe Colombo, se ne è andata verso il suo obiettivo.

Nel 2007 è stata la volta di Marte a essere sfruttato per la stessa opportunistica manovra, e via negli spazi siderali con rinnovata energia per una visita, nel 2010, con il grande asteroide Lutetia, di cui ha mandato immagini strepitose.

Ma la cometa era ancora lontana, molto lontana e nello spazio non si può proprio andare in linea retta, come noi facciamo quando siamo in autostrada. 
E allora dal 2011 fino all'inizio di quest'anno Rosetta è stata messa in ibernazione, praticamente spenta per risparmiare energia, salvo il minimo indispensabile di apparecchiature per rimetterla nello stato di veglia. 
Tutto bene e ora si trova a un centinaio di chilometri dalla 67P/Churyumov-Gerasimenko e mercoledì alle 11.45 ora italiana stabilirà, con una complessa manovra, il contatto fra cometa e sonda.

Rosetta le andrà attorno per varie settimane in una curiosa orbita prima triangolare e poi a spirale, per studiare il punto preciso dove far atterrare, su questa roccia ghiacciata di 4 chilometri, immaginiamoci il Monte Bianco, la sonda Philae. Questo è un piccolo mezzo che tenterà, per la prima volta, di sbarcare sulla cometa per studiarla direttamente in sito. Manovra delicatissima, mai tentata e difficile: la gravità della cometa è bassissima, causa la sua modesta massa, e Philae dovrà ancorarsi e soprattutto sperare di non rimbalzare. Insomma come buttare una pallina da ping pong su un tavolo in modo che non rimbalzi e si fermi. Difficile prprio.

Punto chiave saranno le comunicazioni, tutto avviene a oltre 400 milioni di chilometri dalla Terra un segnale radio mette una ventina di minuti per arrivare e comunque la potenza in gioco in campo spaziale è veramente bassa, -290 dB per chi è del mestiere ben più debole del miliardesimo di miliardesimo di Watt per chi non lo è. La sonda quindi deve fare molto da sola, troppo lungo il tempo per comunicare. Gli strumenti anche sono programmati per tempo, e abbiamo una forte e veramente qualificata presenza italiana in strumentazione chiave per lo studio delle comete. Virtis, lo spettrometro che ci dirà di cosa è fatta e tanto altro e che già ha misurato la "febbre" alla cometa, trovandola stranamente calda, sui 70 gradi sotto lo zero, un incubo per noi, ma un segnale che la cometa ha meno ghiaccio del previsto.

L'Istituto di Astrofisica Spaziale di Frascati è l'artefice mentre l'Università di Padova, che già sviluppò la camera fotografica per la missione europea Giotto, la prima che ci diede la fotografia di quel brutto bruco polveroso che è il nucleo di una cometa, ha sviluppato elementi chiave della sistema di ripresa ottica della cometa che già ci hanno regalato immagini nitidissime. Dulcis in fundo la coda della cometa, composta di impalpabili grani di polvere cosmica che riflettono la luce del Sole come tanti catarifrangenti, saranno pesati, avete letto bene : pesati, da una bilancia da favola, GIADA, sviluppata dall'Università Parthenope di Napoli che apprezza il miliardesimo di grammo. Tutto finanziato dalla nostra Agenzia Spaziale Italiana, ASI.

Ci sveleranno, assieme agli altri strumenti, come è fatta questa buffa cometa, la cui forma ricorda quella di una papera di gomma che si usa per far giocare i bimbi durante il bagno. Lì dentro, dentro a quell'ammassi di ghiaccio, sono nascosti i segreti dell'origine del nostro sistema solare. E nostra. Un momento storico.

L'analisi di Alberoni sul vuoto di ideali, speranze e creatività in Europa...

Da IlGiornale

I miti sono morti e anche noi non stiamo bene

La fine delle ideologie in Italia si è trasformata in un vuoto ideale e di speranza

di Francesco Alberoni, 28 lug 2014

È come se l'Europa fosse coperta da una caligine e i suoi abitanti presi da sonnolenza. 
Le élite sono rigide, apatiche. Per tre secoli l'Europa è stata il centro propulsivo del mondo. La società era pervasa da un'energia collettiva che spingeva i singoli individui a tentare nuove avventure in tutti i campi, nella scienza, nella politica, negli affari, nell'arte.

Non c'erano allora università con mezzi sterminati, era l'individuo con la sua scoperta che cambiava il mondo, come Jenner che inventa il vaccino, Stephenson la locomotiva, Siemens il telegrafo, Pacinotti la dinamo, Marconi la radio, Mendel la genetica. In questo clima di ottimismo vulcanico emergono personalità straordinarie, eccessive. In politica Marx, Lenin, Bismarck, o grandi avventurieri come Cecil Rhodes. E lo stesso avveniva nella musica, nella pittura, nell'architettura


Poi tutto si spegne. Ma non si spegne a causa delle spaventose guerre mondiali. L'attività creativa è continuata fra le due guerre ed anche dopo. 
No, il collasso culturale dell'Europa, è avvenuto negli anni settanta e ottanta.

Cosa è successo di fatale in quel periodo? 
Gli intellettuali hanno rifiutato le nostre tradizioni e creduto in quattro miti. 

Prima quello di MaoTze-tung e Che Guevara, un rigurgito di marxismo che ha preceduto la sua morte avvenuta nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. 

Il secondo ci è arrivato dagli Usa, come rivoluzione sessuale e libertaria finito in droga e anarchia emotiva. 
Il terzo prometteva la democrazia in tutto il mondo ed è morto in Iran, in Irak, in Afghanistan, nelle primavere arabe. 
L'ultimo è il sogno dell' Europa come nazione nascente, diventata invece un condomino amministrato da puntigliosi burocrati.

Ne è rimasto un vuoto ideale e di speranza che in Italia sta trasformandosi in lotta di tutti contro tutti, in cecità di fronte ai terribili pericoli che incombono. 

Un grave momento storico in cui possiamo solo sperare che si affermi un'élite di audaci riformatori che non si fa fermare da nessuno e scuota il paese dal suo sonno mortifero, rimettendo in moto la capacità di vivere e di rinnovarsi.

martedì 5 agosto 2014

Il pensiero di Alberoni sulla funzione educativa della televisione (e dei libri)

Da IlGiornale

Non andate a ripetizione dalla televisione

La cultura si veicola solo coi libri. 
Il piccolo schermo non insegna.

di Francesco Alberoni, 21 lug 2014

Quando ero a Catania c'era un programma di formazione detto delle 150 ore ed io venivo spesso chiamato a tenere conferenze nei paesi circostanti, ad Acireale, Giarre e Riposto, con un pubblico popolare che amava la cultura e voleva sapere.

Oggi la cultura viene erogata dalla televisione che, con centinaia di canali, ti dà infinite cose interessanti, ma crea un rapporto totalmente diverso rispetto a quello che aveva il conferenziere che parla a te personalmente, a cui tu fai domande, con cui hai un rapporto umano che poi ricorderai per anni. 

La televisione mostra, racconta, diverte, emoziona, informa; ma non insegna. 
Per insegnare ci vogliono due cose apparentemente opposte. 

La prima è l'autorità, il prestigio, il credito personale dell'insegnante. 
Il rapporto fra maestro e allievo è squilibrato. 
Uno sa più dell'altro e questa superiorità gli viene riconosciuta nel rapporto faccia a faccia.

L'altro elemento è la possibilità di chiedere chiarimenti, di far ripetere e di dissentire. In televisione queste condizioni mancano entrambe. 
Nel dibattito televisivo tutti quelli che discutono sullo schermo hanno la stessa autorevolezza, possono avere tutti ragione. 
Tu, partecipando da casa, ti consideri uno di loro, ma la tua è una illusione di appartenenza, in realtà sei fuori, non puoi parlare, non conti nulla. 
E se non conti nulla, se non puoi obbiettare, dire la tua, non puoi nemmeno imparare. 
Non puoi imparare nemmeno quando c'è uno che insegna come fa Daverio in Passepartout. 
Perché corre veloce sui quadri, sui monumenti, ma non ti chiede se hai capito, non puoi chiedergli di ripetere ciò che ti interessa. E così non ricordi niente.

Perché invece il libro insegna? Perché lo leggi e ritorni sul letto, sottolinei, scrivi una critica, prendi appunti, pieghi una pagina e tutto questo resta sul testo, che diventa così un libro vissuto, riscritto, commentato, corretto da te. 
Per questo impari, perché la lettura è un dialogo, un dibattito che puoi riprendere in seguito insistendo sulla tua tesi o cambiando idea. 
Impari perché il libro è un pensiero che elaborate insieme tu e l'autore. Invece davanti alla tv sei solo uno spettatore.

Una "querelle" tra il Vaticano e Repubblica...

Intervista a Papa Francesco sparita dal sito
Ora è “mistero Scalfari” in Vaticano

Dopo la dura presa di distanza fatta dalla Santa Sede sulle parole attribuite dal fondatore di Repubblica a Bergoglio circa i "cardinali pedofili", il 16 luglio sul portale della Santa Sede è riapparso il primo colloquio tra i due, pubblicato dal quotidiano romano il 1° ottobre 2013. Ma con la stessa velocità con cui è riapparso, il testo è stato subito rimosso

di 17 lug 2014

In Vaticano il mistero Scalfari si infittisce. 
Dopo la durissima presa di distanza fatta a rotatorie appena ferme dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, sulle parole attribuite da Eugenio Scalfari a Bergoglio, appena tre giorni dopo, il 16 luglio, sul sito del Vaticano è riapparsa la prima intervista del fondatore di Repubblica a Papa Francesco
Ma con la stessa velocità con la quale è improvvisamente e misteriosamente riapparsa sul sito della Santa Sede è scomparsa una seconda volta. Cosa è successo?

È il primo ottobre 2013 quando Repubblica apre in prima pagina con la prima intervista a Papa Francesco. Il testo della lunga conversazione viene subito ripubblicato da L’Osservatore Romano e poi dal sito della Santa Sede nella sezione dei discorsi di Bergoglio. 
Colpo di scena. 
Il 15 novembre successivo dal sito vaticano sparisce improvvisamente il testo del colloquio tra Scalfari e Francesco. “L’intervista è attendibile in senso generale, – chiarisce subito padre Lombardi – ma non nelle singole valutazioni: per questo si è ritenuto di non farne un testo consultabile sul sito della Santa Sede. In sostanza, togliendola si è fatta una messa a punto della natura di quel testo. C’era qualche equivoco e dibattito sul suo valore”. 
Chi lo ha deciso? Risposta secca: “La Segreteria di Stato”. Si narra di malumori vaticani per alcune formulazioni attribuite da Scalfari al Papa. 
Ma il fondatore di Repubblica chiarisce che aveva fatto rivedere prima della pubblicazione il testo a Bergoglio e si era preoccupato, telefonando due volte al suo ex segretario particolare monsignor Alfred Xuereb, di avere il “visto si stampi” da Sua Santità. Scalfari e il Papa continuano a sentirsi per telefono e a vedersi a quattr’occhi a Santa Marta, tre gli incontri sicuri ma si parla di almeno una decina di visite, ma Francesco non vuole che il giornalista trascriva le loro conversazioni, quelle che per entrambi sono un dialogo tra un credente e un non credente.

Il 6 aprile 2014 Scalfari compie 90 anni e festeggia in grande stile al teatro di Largo Argentina a Roma. In quell’occasione racconta di aver ricevuto le telefonate di auguri del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del premier Matteo Renzi e di Papa Francesco. E svela la richiesta di Bergoglio di continuare a dialogare con lui ma senza che nulla di tutto ciò sia trascritto e pubblicato. Fino a domenica 13 luglio 2014 quando di nuovo sulla prima pagina di Repubblica irrompe l’intervista a Francesco che parla di temi scottanti e attualissimi: pedofilia, mafia e celibato dei sacerdoti. 
Il Vaticano si infiamma. 
Due le affermazioni più roventi nei sacri palazzi: “Cardinali pedofili”e “le soluzioni sul celibato”. Padre Lombardi precisa subito che entrambe “non sono attribuibili al Papa”. “Nell’articolo pubblicato – spiega il portavoce vaticano – queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma, curiosamente, le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura. Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”.
Nei sacri palazzi si racconta che l’affermazione che nel collegio cardinalizio ci siano “pedofili” ha fatto arrabbiare non pochi porporati, dentro e fuori la Curia romana, a partire dal decano Angelo Sodano. Ciò avrebbe motivato l’immediata e dura precisazione di padre Lombardi. Una difesa del Papa dalla Curia più che un attacco a Scalfari. Anche perché nella nota del portavoce vaticano il contenuto delle dichiarazioni di Francesco era stato approvato: “Se quindi si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente ‘intervista’ apparsa su Repubblica, cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa”. Una vicenda che fa tornare alla mente un altro “incidente diplomatico”, causato questa volta dal cardinale di Vienna Christoph Schönborn durante il pontificato di Benedetto XVI
Il porporato austriaco aveva accusato il decano Sodano, Segretario di Stato vaticano dal 1991 al 2006, di aver bloccato le indagini di Ratzinger sul suo predecessore a Vienna, il cardinale Hans Hermann Groër, accusato nel 1995 da alcuni ex seminaristi di abusi sessuali, che risalirebbero a molti anni prima rispetto alla sua nomina episcopale. Benedetto XVI convocò subito Schönborn in Vaticano ricevendolo insieme con Sodano e con l’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone e subito dopo l’udienza autorizzò la pubblicazione di un comunicato che sanzionava in modo chiaro il comportamento del suo ex alunno: “Nella Chiesa, quando si tratta di accuse contro un cardinale, la competenza spetta unicamente al Papa; le altre istanze possono avere una funzione di consulenza, sempre con il dovuto rispetto per le persone”.

Senza dimenticare la punizione inflitta da Francesco al “cardinale molestatore” Keith Patrick O’Brien, esiliato dalla sua Scozia. Il porporato non aveva preso parte al conclave che ha eletto Bergoglio perché aveva ammesso le sue responsabilità riconoscendo che la sua condotta sessuale era “scesa al di sotto degli standard che ci si doveva aspettare da me come prete, arcivescovo e cardinale”

Le domande ora sono due: perché ritirare fuori dal cassetto la prima intervista di Scalfari a Francesco e poi toglierla di nuovo dal sito della Santa Sede? 
E se l’intervista del Papa a Scalfari fosse stata concordata e approvata dai due autori quasi in previsione di qualche immediato provvedimento contro la pedofilia definita da Bergoglio “messa nera” e “culto sacrilego”
Il mistero si infittisce.

Il pensiero "divergente" di Alberoni sull'Europa...

Scandinavi e mediterranei,
l'Europa come l'Irak

Popoli diversi tenuti insieme artificialmente. Inevitabile una lotta culturale

di Francesco Alberoni, 7 lug 2014

L'Irak è stato costruito artificialmente da inglesi e francesi in una zona in cui vivevano al nord i curdi, una popolazione indoeuropea con una propria lingua, al centro gli arabi sunniti e al sud gli arabi sciiti. 
Queste tre popolazioni sono state unificate a forza da Saddam Hussein e, quando gli americani lo hanno sconfitto e ucciso, si sono di nuovo divise ed ora sono in lotta.

Ho portato l'esempio di questo mostro geopolitico perché anche l'Europa è stata unificata mettendo insieme Paesi etnicamente e linguisticamente diversi e per di più profondamente divisi dalla riforma protestante. 
L'Europa è una babele di lingue. Non si fa una comunità culturale ed emotiva senza una lingua comune perché non si possono esprimere le proprie emozioni, i propri sentimenti, le proprie recondite intenzioni e, usando una lingua vicaria come l'inglese, tutto resta piallato, astratto, straniero.

Aggiungiamoci la differenza fra Paesi di cultura protestante e cattolica, che è enorme. I protestanti sono passati istantaneamente dal rigorismo sessuale più assoluto alla più sfrenata licenza, ma conservano la mentalità cupa e rigorista in altri campi, sul denaro per esempio. L'austerità tedesco-scandinava è protestante e, nel profondo, è intenzionalmente punitiva verso i Paesi mediterranei, che ai loro occhi sono Paesi-vacanza, dove la gente anziché lavorare fa la movida.

Sono stati folli gli europei a darsi regole immodificabili perché basate sul principio delle decisioni all'unanimità. 
Per paura di dividersi hanno impedito ogni cambiamento, ogni separazione, ogni divorzio, ogni uscita. 
Il risultato è che sta nascendo un orientamento euroscettico distruttivo che aumenta il cinismo e il pessimismo. 

Ha fatto bene Renzi a parlare di ideali e di principi anziché di interventi economici dettagliati, perché è sul piano dei valori, dei principi ispiratori che può nascere la riforma della gabbia europea. 
È forse giunto il momento di pensare a due zone distinte, come già avviene adesso con la Gran Bretagna, magari con presenze mediterranee. 

In ogni caso bisogna volare alto per uscirne, perché altrimenti ci si sfracella contro le pareti della gabbia.

Il misterioso cratere russo...

Mistero in Siberia: scoperto un gigantesco buco nel terreno

Spedizione scientifica diretta sul postoIndividuato un cratere di quasi 100 metri di diametro in una regione remota nel nord della Russia. Si indaga per capire cosa lo abbia creato: tra le ipotesi, un'esplosione sotterranea. Sulla Rete c'è chi pensa agli Ufo

Yamal (Russia), 17 lug 2014

Il misterioso cratere apparso in Siberia (AP)
Qualcuno ha già tirato in ballo gli alieni, altri pensano che sia una conseguenza del riscaldamento globale. Di sicuro l’enorme cratere apparso all’improvviso in una remota regione del nord della Russia è ancora avvolto nel mistero. Per capire cosa lo abbia creato è stata organizzata una spedizione composta da esperti dell’Accademia russa delle scienze.

Profondità ancora ignota
L’enorme buco nel terreno si trova nella penisola di Yamal, in Siberia. Nella lingua delle popolazioni locali, il nome significa “Fine della terra” e in effetti è uno dei luoghi più sperduti del globo. La cavità ha una larghezza stimata tra 80 e 100 metri, mentre la sua profondità per il momento è ignota.

Esplosione sotterranea?
Un portavoce del ministero delle Emergenze ha escluso che si tratti del luogo di impatto di un meteorite, anche se ha ammesso che è ancora troppo presto per determinare le cause del buco. La spedizione inviata sul posto raccoglierà campioni del terreno, dell’aria e dell’acqua presenti in zona. Anna Kurchatova, esperta che lavora per il Sub-Arctic Scientific Research Centre, ipotizza che possa essere l’effetto di una esplosione sotterranea, innescata da un mix di gas, sale e acqua sviluppatosi in profondità a causa del riscaldamento globale che scioglie il permafrost.

Il video su YouTube
Sulla Rete circolano intanto le ipotesi più fantasiose, favorite dalla pubblicazione su YouTube di un filmato girato da un elicottero. Si parla della caduta di un Ufo e qualcuno, in modo più fantasioso, fa paralleli il film “I fantastici quattro e Silver Surfer”, in cui l’arrivo del personaggio è preceduto dall’apparizione di una serie di crateri in giro per il mondo.


Altre fotografie del cratere:

Il misterioso cratere apparso in Siberia (AP)

Il misterioso cratere apparso in Siberia (AP)

Il misterioso cratere apparso in Siberia


I nuovi cellulari cinesi Xiaomi, che competono con quelli di Samsung...

Xiaomi presenta il nuovo Xiaomi Mi 4 e braccialetti Xiaomi Mi Band

La cinese Xiaomi ufficializza al pubblico due nuovi prodotti, ovvero lo smartphone top di gamma Xiaomi Mi 4 e i braccialetti smart Xiaomi Mi Band.


di Fabrizio Ventre, 23 lug 2014


Partiamo con il primo prodotto. Xiaomi Mi 4 è uno smartphone realizzato con scocca in metallo. Presenta un display da 5 pollici da 1080p ed è equipaggiato con Android 4.4 Kitkat.


Dispone di una fotocamera sul retro da 13 Megapixel e una anteriore, ideale per selfie, da 8 Megapixel. La fotocamera posteriore, dispone di apertura focale f/1.8, flash di tipo led e registrazione video a 1080p per 30 fps.
La batteria standard è da 3080 Mah, ma per ora non è stata dichiarata una autonomia.


All'interno troviamo un processore Quad Core Qualcomm Snapdragon 801 da 2.5 Ghz, lo stesso processore potenziato utilizzato nel samsung Galaxy S5 inglese. 
Il processore può contare su ben 3 Gb di memoria Ram, rispetto alla media di 2 GB presenti negli smartphone top.

Per completare le caratteristiche tecniche, dispone di connettibitù 3G e LTE, Bluetooth 3.0 e Wifi 802.11 a/c

Il prezzo è ovviamente il suo punto forte: 319 euro per la versione da 16 GB, 399 euro per la versione da 64 GB.
I braccialetti smart Xiaomi Mi Band, lanciati sul mercato ad un prezzo da saldo, poco più di 12 euro, consentono di poter disporre delle classiche funzioni da wearable device: tracking delle calorie, contapassi, attività motorie, registrazione del sonno, oltre a potersi interconnettere con lo smartphone per gestire diverse altre funzionalità oltre ad essere resistenti all'acqua.


Tra le funzionalità particolari, la possibilità di sbloccare lo smartphone senza bisogno di inserire una password.

I braccialetti avranno una autonomia, dichiarata, di 30 giorni.
A proposito di Xiaomi


Xiaomi è ad oggi la principale società cinese nella vendita di smartphone. Diversamente dalle concorrenti cinesi, riesce a vendere molti dei suoi prodotti fuori dalla Cina, toccando quota 58 milioni di smartphone venduti in appena 3 anni, tanto da diventare la seconda società per numero di vendite in Cina dopo Samsung e la sesta azienda a livello mondiale.

Nei primi 6 mesi del 2014, la società ha venduto 26 milioni di smartphone.


Xiaomi Mi 4

Xiaomi Mi 4

Xiaomi Mi Band


Non siamo ancora fuori dalla crisi, ma la fiducia nel futuro cresce...

Gli italiani si scoprono più fiduciosi.
Ma resta la prudenza: l'uscita dal tunnel è lontana

Italiani più fiduciosi, ma soprattutto prudenti. E' l'identikit che emerge dalla survey "Global Consumer Confidence" di Nielsen relativa al secondo trimestre 2014, eseguita su un campione di 30mila individui in 60 Paesi.

22 lug 2014

Secondo Nielsen la fiducia degli italiani cresce di 6 punti nel secondo trimestre 2014 rispetto al primo, toccando quota 51. L'Italia ha avuto anche l'incremento di fiducia maggiore dopo l'India (+7) e le viene accreditato anche un effetto traino sul trend europeo, il cui indice complessivo ha guadagnato due punti arrivando a quota 77.

Fiducia maggiore, sì, ma realismo, anche. Infatti dall'indagine emerge anche una sostanziale prudenza dovuta dalla consapevolezza che la situazione resta critica: secondo il 95% degli intervistati da Nielsen l'Italia è attualmente in fase di recessione anche se in miglioramento rispetto al medesimo periodo del 2013. 
Gli italiani risultano più ottimisti rispetto alla media Ue e a francesi e spagnoli circa le prospettive di uscita dal tunnel della crisi: per il 56% dei nostri connazionali (4 punti in meno rispetto ai primi tre mesi dell'anno) non si uscirà dalla congiuntura negativa nei prossimi 12 mesi. La media Ue sale al 58%, mentre a pensarla così sono il 72% degli intervistati francesi e il 73% di quelli spagnoli.

Certo, gli ultimi dati statistici diffusi dall'Istat in Italia (calo di fatturato e ordini per le imprese) e i segnali di rallentamento dell'economia tedesca non sembrano di buonissimo auspicio e potrebbero rappresentare una doccia fredda sul sentiment dei cittadini italiani ed europei. 
Tuttavia, «il miglioramento del clima di fiducia dei consumatori italiani – spiega Giovanni Fantasia. Amministratore delegato di Nielsen Italia - si inserisce all'interno di un contesto politico in cambiamento con l'insediamento di un nuovo esecutivo, che ha promesso l'adozione immediata di misure anti-crisi». Secondo Fantasia, «pur rimanendo ancora vigili nei comportamenti di acquisto e consumo, gli italiani mostrano piccoli segnali di miglioramento sul clima economico e sulla percezione del futuro rispetto al primo trimestre: segnali di fiducia che vanno colti e soprattutto conquistati, pena la conferma, anche per quest'anno, di un trend di fiducia che ha visto l'Italia scendere ai minimi storici».

Al di fuori dell'Italia hanno fatto registrare un andamento positivo anche gli indici di Francia (60) e Regno Unito (90) (rispettivamente +1 e +3 punti rispetto al primo trimestre), così come quello degli Usa (+4 punti). La fiducia è, invece, diminuita complessivamente in America Latina (-3 punti), Medio Oriente (-1) e Giappone (-8). Anche la Germania ha fatto registrare una battuta d'arresto, con un decremento di 3 punti rispetto al primo trimestre 2014.