martedì 31 gennaio 2017

Commenti da Davos sulla disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza...



Il ministro dell'Economia partecipa al World Economic Forum, in Svizzera, all'indomani della lettera ufficiale da parte della Commissione europea che chiede un aggiustamento dei conti italiani da 3,4 miliardi. C'è anche il commissario Moscovici, domani l'incontro. Lagarde: "Più distribuzione dei redditi" 

di Ferdinando Giugliano e TONIA MASTROBUONIDAVOS

Le diseguaglianze e la rabbia di una classe media martoriata dalla crisi economica sono al centro dell'attenzione del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, presente al World Economic Forum di Davos e intervenuto insieme alla direttrice del Fmi, Christine Lagarde. 

Nella località svizzera il titolare del Tesoro si presenta all'indomani dell'invio - da parte della Ue - della lettera di richiamo all'Italia, con la quale si chiede la correzione dei conti pubblici per 3,4 punti di Pil. Per curiosa coincidenza, a Davos è presente anche il commissario europeo agli Affari Economici e Finanziari, Pierre Moscovici: dalla sua struttura sono partiti i richiami a Roma e il francese ha detto che un incontro ci sarà domani.

Nel suo tavolo di lavoro, Padoan ha sostenuto che - specialmente in Europa - l'insoddisfazione della clase media, la disillusione per il futuro e la delusione per le prospettive "vengono espresse dicendo no a qualsiasi cosa i leader politici suggeriscano" e in queste condizioni "individuare delle soluzioni è più difficile che dire no. E' il segno di una crisi che richiede il ripensamento della leadership". 

Parole forti da Lagarde, per la quale è tempo che i leader politici ripensino profondamente le politiche economiche e monetarie, di fronte alla chiara risposta di protesta e delusione della classe media che arriva dai risultati politici in Usa o Europa: "Probabilmente significa che ci vuole una maggiore redistribuzione dei redditi di quanta ne abbiamo oggi". 

venerdì 20 gennaio 2017

Intervista all'uomo designato il più grande chef del mondo: Massimo Bottura


LO CHEF


Lo chef: «È un ragazzo colpito da una rara sindrome genetica, mi insegna i veri valori. La dote degli italiani è saper maneggiare l’irrazionalità»

di Aldo Cazzullo, 19 nov 2016

«A volte non riconosco più il mio Paese. Persone che si azzuffano per un parcheggio. Risse al bar per il cappuccino. Una tensione pronta a esplodere in ogni momento. Giovani che non hanno fiducia in se stessi e nel futuro», dice lo chef Massimo Bottura. 
«Poi incontro gli allevatori, i contadini, i pescatori: gli eroi del nostro tempo. Mi rendo conto di essere seduto su secoli di tradizione, su un territorio unico al mondo; e posso fare come Ai Wei-Wei, che manda in pezzi un vaso di duemila anni, per poi ricostruirlo. Mi considerano un avanguardista; in realtà faccio la cucina più tradizionale che ci sia». 

Qualche dato oggettivo: quest’anno Massimo Bottura è stato designato il più grande cuoco del mondo. La rivista del New York Times, sotto il titolo «The Greats», annuncia le interviste a Michelle Obama, Lady Gaga, e a lui. In copertina c’è lui.

Gli inizi

«Mio padre commerciava petrolio. Una vita d’inferno. Ore a discutere per guadagnare una lira su un carico di cherosene. Sono l’ultimo di cinque figli: ingegneri, commercialisti. Io dovevo fare l’avvocato. Con papà fu una rottura insanabile. Mia madre capì che dovevo seguire le mie passioni: la musica, l’arte. La cucina. La prima trattoria l’ho comprata da un ex elettrauto, in campagna; mamma veniva a preparare le tagliatelle e le torte. Poi mi sono preso una pausa e sono andato a New York». 
«Un giorno entro a Soho al “Caffè di nonna”, un locale aperto da un italoamericano, Roy Costantini, un ex parrucchiere. Vedo che manca personale e mi offro: “Si comincia domani” è la risposta. Il giorno dopo, l’8 aprile 1993, al bancone trovo un’altra neoassunta, un’attrice dai capelli rossi che deve arrotondare i magri introiti del teatro: Lara. Ora è mia moglie. Abbiamo due figli, Alexa, che studia a Washington, e Charlie, che mi ha salvato». 
«È Charlie che mi aiuta a stare con i piedi per terra. Nostro figlio ha una sindrome genetica rarissima. Non sappiamo cosa sia. Disformismi, difficoltà di apprendimento. Passo dopo passo sta crescendo, sta imparando tante cose. Anche a fare i tortellini a mano, in un’associazione di Modena che si chiama appunto il Tortellante, dove le nonne insegnano ai ragazzini. Per anni ho sognato che al telefono mi dicesse: “Ciao papà, come stai?”. Ha fatto molto di più. Quando mi hanno proclamato il migliore al mondo, al telefono mi ha detto: “Papà, sarai anche il numero uno, ma per me sei sempre un gran babi”, il mio fessacchiotto. È Charlie che mi insegna ogni giorno i veri valori della vita».

La politica e l’Expo

«Il referendum è una questione culturale prima che politica. Se vince il No, mi viene voglia di mollare tutto e andare all’estero: ringrazio il mio Paese che mi ha dato moltissimo, chiudo e riapro a New York. Il punto non è Renzi, o Grillo. È la logica per cui “in Italia non si può fare”. Se passa questa logica, è finita. Purtroppo molti giovani si arrendono prima di combattere. Abbiamo detto no alle Olimpiadi, rinunciando a due miliardi di dollari del Cio. Se è per questo, volevamo dire no pure all’Expo». 
«Io all’Expo sono andato, a recuperare gli scarti e cucinarli. Un’esperienza bellissima. Ho voluto ripeterla a Rio, durante i Giochi. Sono venuti sia Alexa sia Charlie, che la sera girava a offrire hamburger ai bambini di strada. Abbiamo aperto un gigantesco ristorante per i poveri di Lapa, un quartiere dove i ragazzi girano con la pistola alla cintola. Volevamo fare cultura, non carità. Non regalare gli avanzi, ma insegnare ai giovani volontari brasiliani a recuperarli. Ho dovuto trovare la forza di violentarmi e mettermi a loro disposizione, non il contrario. Il giorno dell’inaugurazione non avevamo né acqua né luce né gas. Sono scappato e sono andato a farmi un tatuaggio sulla spalla destra. Eccolo qui: “No more excuses”; basta scuse. Al mio ritorno abbiamo trovato l’acqua tastando il muro con lo stetoscopio, è arrivato un camion con il generatore di corrente, abbiamo acceso i fornelli con le bombole a gas».

Il metodo

«Dovevo fare una carbonara per duemila persone, ma avevo bacon per due porzioni. L’ho tagliato a fettine sottilissime e le ho stese sulla teglia. Poi ho preso delle bucce di banana. Le ho sbollentate, grigliate, tostate in forno. Alla fine erano affumicate, croccanti. Le ho fatte a cubetti, ricoperte di un altro strato di bacon e rimesse in forno: il bacon si è sciolto; le bucce di banana parevano guanciale». 

Diranno che lei rifila ai poveri le bucce. 
«Applico la stessa idea qui nel mio ristorante: uno strato sottilissimo di porcini, e poi tuberi, radici, zucca, castagne: il ceviche d’autunno. E le lenticchie possono avere lo stesso sapore del caviale, anzi migliore, se cotte nel brodo d’anguilla». 

Il metodo Bottura è sintetizzato dall’opera di Joseph Beuys all’ingresso del ristorante: un limone, una spina, una lampadina. 
«Natura, tecnologia, poesia. La materia prima, la tecnica, la creatività. Come diceva Beuys: la rivoluzione siamo noi. Musica, arte, letteratura, filtrate da un cervello contemporaneo. I quadri possono diventare piatti, anche le combustioni di Burri, che traduco in cucina bruciando l’acqua di mare disidratata». 

La ricetta che la rappresenta meglio? 
«Forse le cinque consistenze di parmigiano. Un paesaggio masticabile. All’inizio le consistenze erano solo tre. Le ho inventate per Umberto Panini, il re delle figurine che aveva aperto una fattoria biologica, ora in mano ai figli. Mi disse: “Il piatto è ottimo, ma stai pensando a te stesso, non al parmigiano”. Così l’ho rifatto. Aveva ragione: la tecnica deve essere al servizio della materia prima, non del cuoco. Ora le consistenze sono cinque. Il parmigiano di 24 mesi diventa un demi-soufflé, quello di 30 una spuma, quello di 36 una salsa, quello di 40 una galletta croccante, quello di 50 una nebbia. È un piatto che restituisce il lento scorrere del tempo in Emilia. Come l’aceto balsamico, che abbiamo messo da parte nel 1981, e ora ha vinto la medaglia d’oro».

I cuochi in tv

«Il dolce che preferisco si chiama “Ops! Mi è caduta la crostata al limone”. Una crostata rotta è diventata un’icona della cucina internazionale. La ricostruzione perfetta dell’imperfezione. Come il nostro Sud: che è l’imperfezione assoluta, eppure è il posto più bello del mondo; perché un posto bello come la Valle dei Templi o come Capri non esiste in nessun altro Paese. Anche se tendiamo a dimenticarcelo». 

MasterChef? Hell’s Kitchen? 
«Non mi piacciono i talent. La cucina è un atto d’amore, è un lavoro intellettuale; non è una gara. In tv non vado volentieri. Troppo superficiale. Al limite la tv viene da me. Così Cracco ha portato i suoi concorrenti all’Ambrosiana di Milano, dove abbiamo un altro progetto sociale. Sono molto amico di Carlo». 

Anche se ha fatto la pubblicità alle patatine nei pacchetti? 
«Ha capito di aver sbagliato. Del resto, così ha salvato il ristorante. Non è facile per noi far quadrare i conti. Qui alla Francescana ho 45 dipendenti per 28 coperti. Ma non è un’azienda. È un laboratorio di idee, che genera conoscenza, quindi coscienza, quindi senso di responsabilità». 

Bottura, lo sa cosa dicono di lei, vero? 
«Certo. Dicono che sono pazzo». 

E lei cosa risponde? 
«Che saper maneggiare l’irrazionalità è la più grande dote di noi italiani».

martedì 17 gennaio 2017

Integratori - o droghe - per la mente...



Le startup degli integratori. In California cinquant’anni dopo tornano gli psichedelici. Non per lo sballo, ma per lavorare di più e meglio

16 gen 2017

San Francisco. Cinquant'anni fa a San Francisco arrivava un pullmino variopinto battezzato Oltre, che portava in Alta California il gruppo dei Merry Pranksters, gli Allegri Burloni, guidato dall’autore di un certo successo editoriale, “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Lui si chiamava Ken Kesey e col ricavato del libro, scritto rigorosamente sotto peyote, comprò il bus e partì per un viaggio coast to coast per spalancare occhi e recettori tramite Acid Test, con questa droga allora di nicchia ma legale, l’Lsd.

Era poco prima dell’Estate dell’Amore, e un giornalista già famoso, Tom Wolfe, era stato spedito in California perché sulla East Coast c’era lo sciopero dei poligrafici. Da quel reportage sarebbe nato un classico americano, "The Electric Kool-Aid Acid Test", dove si raccontava lo sgangherato road trip di questa band lisergica in cerca della condivisione universale, con incontri a base di Lsd nel succo d’arancia (il Kool-Aid in questione) ma anche di Hells Angels, di Grateful Dead, con una spruzzata d’Allen Ginsberg.

Era una grande stagione per questa droga già sperimentata dalla Cia e poi introdotta dal dottor Timothy Leary più a sud, in Messico. Oggi, cinquant’anni dopo, sulle stesse tratte si aggirano i Google bus che trasportano in Silicon Valley i travet creativi che progettano il futuro, ma sarà un caso o il genius loci tossico, comunque l’Lsd, insieme ad altre droghe e droghine più nerd, è tornato di gran moda.

Con usi e utente però molto differenti: qualche mese fa in città si è tenuto l’ennesimo meetup dell’associazione “San Francisco Peak Performance”, organizzata dal suo paladino George Burke, teorico del microdosing, che si traduce in quantità minime di Lsd. “Microdosing” è la parola d’ordine che senti ultimamente alle feste e alle cene, qui: ma non per sballare; per lavorare meglio.

A spiegare meglio il nuovo utilizzo dell’acido c’era sul palco una leggenda della psichedelia californiana, lo psicologo James Fadiman, già autore di una Psychedelic Explorer's Guide, secondo cui “il microdosaggio rende più creativi, più a proprio agio, meno soggetti a emicrania”. “Il microdosaggio significa prendere un decimo rispetto alle dosi classiche da sballo, appunto di Lsd” dice invece Burke al Foglio. “Chi lavora in Silicon Valley oggi cerca sostanze per ottenere performance migliori”.

“Possono essere integratori, smart drugs, si può andare dalla semplice caffeina alla vitamina B, a medicinali su ricetta come il modanafil, un farmaco utilizzato contro la narcolessia, alle microdosi appunto di Lsd. Con le microdosi non si ottengono gli effetti classici dell’acido, come lo sballo e le visioni, ma una miglior concentrazione, una miglior reattività”, ci dice Burke. “Una miglior connessione tra pensieri e parole”.

Pensieri e parole stanno ingenerando qualche timore però in Silicon Valley, che dovendo distinguersi non usa certo la coca come quei burini di Wall Street. “Credo che abbiamo un problema di droga” dice la dottoressa Molly Maloof, terapeuta e consulente medica di startup. “Molti imprenditori e manager per esempio prendono il Ghb per dormire. E sai perché non riescono a dormire? Perché hanno preso sostanze eccitanti durante il giorno. E per cosa? Per lavorare di più”.

Ma chi sono questi consumatori? “Persone che devono scrivere molto, organizzare molto, fare presentazioni, riunioni, telefonate, e che trovano il microdosaggio molto utile in queste attività”, spiega Burke (ma anche in altre attività usuranti come fare la moglie, come Ayelet Waldman, sposa californiana dello scrittore Michael Chabon che qualche settimana fa ha detto che il microdosaggio di Lsd ha salvato il suo matrimonio).

Chi non si spinge fino alla microdose o al Ghb, detto anche droga dello stupro perché mette una certa allegria tra le lenzuola, fa volentieri uso dei “nootropics”, cioè superintegratori non per il fisico ma per il cervello. “Nootropics” è una parola inventata nel 1972, sono sostanze a cavallo tra gli integratori e le droghe, perché alterano, migliorandole, le capacità cognitive. Un mix perfetto tra la vecchia cultura tossica e la nuova dei "supplements", che se finora hanno riguardato aminoacidi proteine vitamine per dimagrire o farsi più velocemente la tartaruga ora puntano finalmente sul cervello.

Ecco così una Silicon Valley tossicona ma medicalizzata, che va all'attacco di un mercato annuale, quello dei supplementi dietetici, che vale 121 miliardi di dollari in America; ma qui parliamo di diete molto speciali. Paladino dei “nootropics” è un signore che si chiama Dave Asprey e ha fondato un impero su questi nutrienti.

Asprey, che teorizza l’uso di modanafil, aniracetam e nicotina che si inietta coi cerotti da ex fumatori, ha coniato la definizione di “biohacking”, cioè di manomissione del corpo umano per farlo rendere di più. “E’ l’arte e la scienza di cambiare l’ecosistema intorno e dentro di te, per avere maggiore controllo sulla sua stessa biologia” ci dice ancora Burke con un lessico un po’ da figli dei fiori. Cinquant’anni dopo però a nessuno qui interessa lo sballo, si perde solo tempo e ci sono i mutui e le Tesla da pagare.

Saliamo dunque al decimo piano di un palazzone di vetro nel centro di San Francisco, non lontano dagli uffici di Twitter e Uber, arriviamo all'ufficio 1025 per andare a rendere omaggio alla "startup più hot della Silicon Valley" secondo il Time. Si chiama Nootrobox, tra i suoi investitori ci sono Andreessen Horowitz, leggendario fondo di investimento, una Mediobanca siliconvallica, e Marissa Mayer, numero uno di Yahoo. Aristocrazia siliconvallica, insomma.

Nootrobox secondo quello che si dice in giro è la “pusher” di droghe legali per i meglio unicorni della valle. Di sicuro è un caso raro di startup appena nata ma con i conti in attivo. L’ufficio, però, una gran delusione, ci si aspettava una mansion tipo almeno uffici di Vice a Milano, atmosfere da Bret Easton Ellis, invece è un ufficietto piccolo vagamente fantozziano, che guarda su North Beach e i suoi antichi fasti beat con la libreria di Lawrence Ferlinghetti.

I cinque ragazzi che smanettano dentro, tutti sotto i trent'anni, coi loro computer Mac, difficilmente sapranno chi è; ma rispetto al consueto interior decoration startupparo non ci sono neanche i soliti dispenser di merendine: alle pareti invece libri di neurologia e biochimica, e quintali di barrette e barattolini, è una via di mezzo tra un ambulatorio e la cassa di un Autogrill.

Ci viene incontro Geoffrey Whoo, il ceo, 28 anni, ha un misterioso strumento nero Motorola in mano, che controlla continuamente; essendo nella startup più fica della Silicon Valley ci aspettiamo qualunque cosa (forse è un vecchio telefono ipervintage, o un registratore per registrare l’intervista). Ci sediamo.

“Col mio cofounder ci siamo conosciuti a Stanford, studiavamo entrambi computer science” dice Geoffrey, origini asiatiche, nato a Los Angeles, molto a suo agio, poco nerd. Mentre era appunto a Stanford ha inventato un localizzatore Gps che ha venduto poi a Groupon per decine di milioni. Il cofounder Michael Brandt, 28 anni pure lui, invece è biondo e viene da Chicago, è stato subito preso nel programma Assistant Product Manager di Google, una specie di Circolo della Caccia qui.

“Siamo la prima generazione di informatici non sfigati”, mi dice convinto Woo, che non ha per niente l’aria da spacciatore. “Quel film, The Social Network, ha cambiato tutto. Prima i migliori di noi andavano a Wall Street, ora tutti vogliono studiare informatica”. Loro nello specifico sono due fieri biohackers. Ma che vuol dire? “Mettiamola così. Pensa all'iPhone.

L’iPhone è lì da dieci anni, le dimensioni sono più o meno quelle, ma è stato migliorato e perfezionato rispetto alla versione iniziale, si è lavorato sulle sue funzioni, migliori fotocamere, che hanno reso possibile Instagram, gps che ha reso possibile Uber. Come imprenditore insomma mi sono reso conto che sulla tecnologia non c’era più niente da migliorare, andava trovato un altro campo d'azione da migliorare". Nello specifico, "il corpo umano”, e il luogo dove risiede il suo sistema operativo, cioè il cervello: “io lo definisco approccio ingegneristico al corpo umano, testarlo ed ottimizzarlo” (nel frattempo continua a controllare l’affarino nero).

Il business di Nootrobox, come insinua la parola, è una scatola: un pacco di farmaci che al prezzo di 135 dollari al mese ti arriva direttamente a domicilio. È uno Spotify della pillola, con un packaging molto Apple. Apriamo la scatola nera di cartone, l’interno è bianco, sembra quella di un iPhone 7 solo che dentro ci sono dei vasetti di pillole invece che un telefono. Anche i nomi sono molto Apple: al mattino devi prendere la pillola che si chiama "Rise", la sera per dormire "Yawn", a metà pomeriggio "Sprint".

Dentro, una quantità di sostanze: nel Rise c’è una tale bacopa monnieri, una rhodiola rosea e una a-GPC. In Sprint c’è invece caffeina, L-theanina e vitamina B, che dovrebbe garantire 4 ore di concentrazione (va preso alla bisogna, agisce entro mezzora, l’abbiamo provato per scrivere questo articolo); nello Yawn, melatonina, L-teanina, glicine e magnesio citrato che dovrebbe garantire 8 ore di sonno - “io non metto mai la sveglia, mi sveglio dopo otto ore perfettamente riposato”, dice Woo, mentre avvicina lo strumento nero al braccio, e a quel punto non si resiste e si chiede cosa sia mai; “oh, è un misuratore di glicemia Bluetooth, niente di che”. “Sai, sono tre giorni che non mangio”.

Come non mangia? “Ah, sì, qui dentro nessuno mangia da tre giorni. L’ultimo pasto l’abbiamo fatto domenica sera. Stiamo benissimo, stai molto meglio sai, molto più focused, concentrato. Seguiamo infatti la dieta delle 60 ore, cioè ogni settimana facciamo 60 ore di digiuno. Gavin invece fa la 23:1”. Al digiuno non si era preparati. Cerchiamo di capire. Chi è Gavin, e cos’è la 23:1? "Chiediglielo tu". Andiamo allora nell’altra stanzetta, Gavin è un ragazzotto mulatto dall’aria molto sana, “ex atleta al college”, dice Woo, e Gavin che qui si occupa del servizio clienti tutto fiero dice che fa solo un pasto al giorno, e nelle 23 restanti ore niente, neanche un boccone di pane.

E la mattina? “Un bel bicchiere d’acqua, e le mie pillole!”. Gavin sta benissimo, naturalmente, va in palestra e prende una quantità di integratori. (Forse questo digiuno semitossico funziona veramente, i ragazzi rispondono alle email in trenta secondi, alla richiesta di intervista, “certo vieni tra mezz’ora”). Woo ci spiega meglio: “le nostre abitudini alimentari, sono tutti condizionamenti dell’industria. Siamo abituati a fare tre pasti al giorno. Ma non è sempre stato così. Nell’antica Roma si mangiava una volta sola. Sono le aziende alimentari che hanno interesse a farci mangiare sempre di più. Anche il mito della prima colazione: pensa agli interessi dell’industria dei cereali!”.

Così allora adesso loro digiunano tutti insieme, “è diventata una cosa comunitaria, anche molti nostri clienti stanno cominciando a digiunare. Il nostro stile di vita non è mai naturale, dipende tutto dalle rivoluzioni industriali, pensa a quanto sport e quanta palestra si fa oggi, e trent’anni fa nessuno si sognava, si facevano ancora lavori manuali. Oggi si lavora praticamente solo col cervello, ecco perché dobbiamo renderlo più performante”.

Così, tra un digiuno e l’altro, per rendere performante questo nostro vecchio sistema operativo i due startupper-pusher spediscono ogni mese lo scatolone di pillole a 20.000 clienti tra cui vipponi siliconvallici (“non posso certo dire i nomi, ma ci sono molte persone che avrai visto in televisione”) e pure nel resto degli Stati Uniti.

Ma è legale? “Beh, con gli investitori che abbiamo noi non possiamo certo metterci a spacciare sostanze proibite”, dice Woo, anche se “il confine tra legale e illegale sta diventando sempre più labile, e se un alieno scendesse sulla terra non si capaciterebbe di come vengono trattate certe sostanze: l’alcol è legale, l’MDMA che fa meno male è illegale; la marijuana è illegale in molti stati mentre le sigarette sono legali e ai bambini danno l’Alderall che è pura anfetamina”.

“Tutto questo probabilmente cambierà” riflette Woo. “La marijuana probabilmente sarà l’apripista per uno sdoganamento graduale delle droghe, la chetamina, l’MDMA”, dice. “Sai, qui in Silicon Valley le persone sperimentano un po’ di tutto, Ghb non ne ho mai visti sinceramente però le microdosi di LSD per lavorare sì, ne conosco tanti. Ma se guardi alla tossicità, l’Lsd fa molto meno male dell’alcol”.

Ma gli startupper-pusher fichetti non vogliono certo finire in galera e poi hanno azzeccato il marketing giusto: come Apple ha soppiantato gli smanettoni e reso sottili ed eleganti i computer, così loro rendono l’essere nootropicali un’esperienza esteticamente rilevante: il loro sito è bellissimo, l’interno della scatola nera è super hipster con la sagoma di un bagaglio e dentro delle cuffie, degli occhiali, è un bell’oggetto, i barattoli sono di vero vetro.

E poi ecco il loro bestseller, si chiamano Go Cubes e sono chewing gum di caffè in tre gusti (caffè, latte, cappuccino), che hanno vinto il premio di miglior prodotto al South By Southwest, fondamentale festival dell’innovazione che si tiene ogni primavera in Texas. I Go Cubes racchiudono cinquanta milligrammi di caffeina, che però è a lento rilascio, più L-teanina, un amminoacido contenuto nel tè verde, vitamina B3, B6 e B12, più altri ingredienti incomprensibili che ne fanno una specie di Pocket Coffee-Frankenstein che promette mostruosa concentrazione.

“Non volevamo sembrare dei freak che vanno in giro a smerciare pasticche. Un chewing gum è molto più accettato” dice Woo. I pocket coffee per startupper verranno commercializzati presto anche in tutti i negozi, non solo online.

“In cinque anni i nootropics faranno parte della dieta di ognuno di noi”, assicura. Varie startup hanno già richiesto questi chewing gum per distribuirli gratuitamente ai loro dipendenti. Così arriveranno in ufficio già concentratissimi dopo aver ruminato sul Google bus. E chissà cosa ne direbbero i loro antenati, quegli Allegri Burloni che sul loro pullman psichedelico volevano solo sballarsi.

sabato 7 gennaio 2017

I cambiamenti climatici della Terra...



Gli studiosi dellʼUniversità di Swansea, in Galles: il fenomeno "cambierà radicalmente il paesaggio della penisola antartica"


6 gen 2017

Un iceberg di dimensioni gigantesche, grande come il Delaware o l'isola di Trinidad e Tobago, si sta staccando dall'Antartide. L'allarme arriva dagli scienziati dell'Università di Swansea, in Galles. 

Scienziati: un gigantesco iceberg si sta staccando dall'Antartide


La spaccatura del ghiaccio era già stata evidenziata gli anni scorsi, ma a dicembre ha subito una brusca accelerata e ora ha una lunghezza di 80 chilometri. 
L'iceberg "cambierà radicalmente il paesaggio della penisola antartica".


Gli esperti affermano che il fenomeno "potrebbe preludere a una più ampia frattura della piattaforma di ghiaccio Larsen C, una delle tre che compongono la piattaforma glaciale situata nella zona nord occidentale del mare di Weddell" che si estende lungo la costa orientale della penisola Antartica da capo Longing fino all'area meridionale dell'isola di Hearst, in Antartide.

§§§

Per approfodire, vedi: 
PIATTAFORMA DI GHIACCIO LARSEN

L'amore quando non si è più ragazzi nel corpo (ma forse non nell'anima)...



Lʼesperienza insegna a vivere con più leggerezza… anche lʼamore! Ecco le lezioni imparate grazie allʼetà.

6 gen 2017

Ci sono cose che solo gli anni insegnano, perché l'amore vero esiste, ma non sempre è facile come lo avevamo immaginato. Tu che cosa hai imparato grazie all'esperienza
Dieci lezioni sulle relazioni positive a cui ora, a quarant'anni, non vogliamo più rinunciare.

PRINCIPE O… ? 
Il principe azzurro non esiste: sì, probabilmente è così. Il principe azzurro è un ideale della mente. 
Quello che esiste è l'uomo che fa per noi. Autentico, imperfetto, reale.

TEMPO 
Nessuno ci può restituire il tempo. Rimuginare sul passato o piangersi addosso è inutile. Basta attendere. 
La cosa migliore che possiamo fare per noi stesse è iniziare a scegliere la nostra felicità, da adesso.

CONVINZIONI 
La cosa bella dell'età è che le esperienze di vita, positive o negative, insegnano a prendersi meno sul serio. 
Si modificano opinioni e stili di vita insieme a cose che non avresti mai pensato: cambiare è avere coraggio.

GRAZIE 
Quante sono le persone a cui senti di poter dire grazie dal cuore? 
Guardati intorno e… non aspettare. Gli amici sono una forza positiva, trova tempo per coltivare le relazioni importanti della tua vita.

AIUTO, GLI AVARI! 
Chi è tirchio con il denaro spesso lo è anche verso i sentimenti
Sono la generosità e l'autentica bontà del cuore a rendere luminoso e limpido lo sguardo di una persona, dagli amici al partner.


RISPETTO PER NOI 
Dona con generosità. Sii disponibile, ma abbi il coraggio di rimanere fedele a te stessa. 
Attendere il rispetto degli altri ferisce: gli anni ci hanno insegnano che quel rispetto lo dobbiamo prima di tutto a noi stesse.

OSA 
Ci si mette una vita intera a imparare come vivere l'amore e ciò nonostante si fanno errori, continuamente. Adesso lo sai, invece di giudicare i tuoi sbagli usali per comportarti in modo diverso. 
Inizia a avere il coraggio di osare ciò che desideri.

FAMMI RIDERE 
Un sorriso è gratuito, fa crollare le barriere, scioglie la stanchezza e consola. 
È una conquista dell'età e oggi lo sappiamo bene: abbiamo voglia di persone con cui ridere e stare bene. Perché la bellezza autentica è quella del cuore.


FUTURO VS PRESENTE 
Quante volte abbiamo rovinato tutto con l'ansia dell'aspettativa
Immaginare il futuro è naturale, ma la vera sfida è imparare a vivere il presente, perché la dimensione in cui viviamo è oggi: inizia a dare valore al presente.


INGREDIENTE MAGICO 
La passione è una forza impetuosa. Energia sconfinata, aiuta a superare le difficoltà, cancella la stanchezza, dà fede. No, non arrenderti a chi dice che non è più tempo. 
Credere nella magia dell'amore è una scelta e funziona a ogni età.

martedì 3 gennaio 2017

Classificato un nuovo organo nel corpo umano...

Da Il Giornale

Scoperto nel corpo umano un nuovo organo: è il mesentere
J. Calvin Coffey e un team della University Hospital Limerick hanno classificato il nuovo organo. Prima di questa scoperta scientifica, il mesentere veniva considerato come una semplice piaga del peritoneo
di A.Rossi, 3 gen 2017

Per tutto questo tempo è stato davanti agli occhi dei ricercatori, ma nessuno ci aveva mai fatto caso: c'è un organo in più nel nostro corpo, il mesentere.

Non era mai stato classificato prima d'ora perché è sempre stato considerato soltanto come una piega del peritoneo. Oggi quella "piega" ha un nome e funzione ben precisa. Il mesentere - questo è il suo nome - si trova nel colon e ha un'importante funzione nel processo digestivo.

L'organo è stato scoperto grazie ad una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Gastroenterology & Hepatology . Lo studio ha portato a classificare il mesentere come organo a sé stante e ha evidenziato alcune sue caratteristiche. "Abbiamo un organo nel nostro corpo che non era mai stato riconosciuto come tale - spiega J. Calvin Coffey , il medico irlandese che ha condotto la ricerca con il team della University Hospital Limerick -. La descrizione anatomica del corpo umano che è stata portata avanti negli ultimi 100 anni non è corretta. Il mesentere non è, come prima si credeva, complesso e frammentato, bensì un organo semplice e dalla struttura continua".

A seguito di questa scoperta scientifica, scrive Huffingtopost, il manuale medico-chirurgico più importante riguardo all'anatomia - la cosiddetta Anatomia di Gray o Gray's Anatomy, è già stata modificata per accogliere il "nuovo" organo.

Ma allora a cosa serve il mesentere? Inserito - come detto - nel peritoneo, ha la funzione di tenere uniti intestino e addome. E il suo riconoscimento potrà essere importante anche per scopi sanitari. Come ha sottolineato il ricercatore irlandese Coffey, "approcciandoci al mesentere come a un organo, possiamo classificare le malattie digestive in base ad esso". Nonostante questa grandiosa scoperta scientifica, la strada per la comprendere perfettamente il funzionamento del mesentere è ancora lunga. 
Intanto il primo importante passo è stato fatto.