martedì 5 aprile 2016

I cibi che aiutano a vivere più a lungo e meglio.



Alimenti che si comportano come farmaci, capaci di curare e proteggere l’organismo.  La «Smartfood» influenza i geni che presiedono alla durata della vita

di Giangiacomo Schiavi, 24 feb 2016

Per vivere a lungo dimenticate Pellegrino Artusi e i suoi pollastri ripieni, le uova frullate con il bacon e il tartufo, il lardo rosa e la salama da sugo; mettete da parte i sacri testi interrotti alla voce peso forma, con il combinato disposto di Weight Watchers, Scarsdale, Dukan, allargato al cibo dissociato, scombinato, a zona o a cronometro. Ignorate, se potete, la friggitoria sotto casa, la focaccia farcita e l’insidioso cannolo. Fate uno sforzo e leggete questo libro pensando ai vostri geni, alla relazione tra cibo e patrimonio ereditario, a come evitare di incattivirli con pietanze sbagliate, aizzandoli in una battaglia suicida contro se stessi. E quindi farsi del male.

Si può essere sani per scelta

Si può essere sani per scelta, allineando alla scienza e allo stile di vita un vero e proprio esercito della salvezza alimentare: i longevity smartfood. Sono il cibo di domani. Alimenti che attivano i geni della longevità. 
Scoperti dalla nutrigenomica, studiati nei laboratori e conosciuti dalla civiltà contadina, contengono molecole che hanno dimostrato di influenzare i geni che presiedono alla durata della vita. 
Con loro, si può mangiare senza accorgersi di farlo, si è a dieta senza esserlo, si digiuna senza fatica, si invecchia restando giovani nel corpo e nello spirito, come diceva Giovenale: mens sana in corpore sano. Fanno parte della dieta Smartfood, la prima con un marchio scientifico approvata dallo Ieo di Milano, una rivoluzione salutista trasformata in un affascinante viaggio nell’alimentazione da Eliana Liotta, giornalista infiltrata nell’avanguardia della genetica (La dieta Smartfood, Rizzoli, da giovedì in libreria).

In 360 pagine ricche di esempi e spiegazioni, viene dato un filo e un percorso accessibile agli studi di Pier Giuseppe Pelicci e Lucilla Titta, direttore della ricerca e nutrizionista dello Ieo. 
E si smaschera finalmente il cibo amico, quello che contiene antocianine (arance rosse, cavoli, ciliegie, frutti di bosco, melanzane, patate viola, prugne nere, radicchio, uva nera), capsaicina (paprika piccante e peperoncino), la curcumina, l’epigallocatechingallato (tè verde e tè nero), la fisetina (cachi, fragole, mele), la quercetina (asparagi, capperi, cioccolato fondente, cipolle, lattuga), resveratrolo (uva).

Mixate a piacere, senza scrupoli

Mixate a piacere, senza scrupoli. Questa non è una dottrina, avverte l’autrice. È un invito a considerare la scienza come un alleato in grado di farci vivere meglio. 
Una scienza che fa venire l’appetito: sciogliete un quadratino di cioccolato in bocca e l’esistenza si allunga, assaporate una fragola e sposterete il crepuscolo. Andate anche oltre con aglio, cereali integrali, frutta secca, legumi, semi, olio d’oliva: sono nostri alleati, in grado di diminuire l’incidenza delle malattie. Liotta esplora la frontiera della nutrigenomica, quella che troverà posto nei laboratori del futuro del dopo Expo, se non ci saranno intoppi: la scienza del cibo, che combatte i chili di troppo, previene il cancro, le patologie cardiovascolari, metaboliche, neurodegenerative. Ricordate la massima di Mario Soldati, scrittore, regista e longevo gourmet? «In cucina la povertà diventa ricchezza». È questa povertà, che si traduce in semplicità e più ancora in qualità, che piace soprattutto ai nostri geni, decrittati e compresi,anche nei gusti. Bisogna accontentarli. Inserire nel menù le varianti longevity food. Sono trenta e ammettono qualche strappo. Ci sono slot nei quali infilare (senza esagerare) pane, pasta, pesce, uova e formaggi. La dieta Smartfood è un inno alla libertà, spiega Liotta. Mangiare è un piacere. Anche per i geni. Lasciamoli invecchiare in pace. 

(#dietasmartfood)





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