lunedì 11 maggio 2015

Un'esperienza entusiasmante del 2014: un campus estivo per menti superiori, sui Sistemi Complessi



di Angela Manganaro
18 giu 2014

C'è un modo per studiare la popolazione del lago di Como: non qual è il numero esatto di pesci ma quali sono le condizioni, i parametri, direbbero gli addetti ai lavori, che assicurano la vita nel lago. 
Cinquant'anni fa non si riusciva a prevedere il tempo, oggi l'osservazione del meteo è arrivata a un livello d'esattezza tale che si sa più o meno a che ora del giorno pioverà. 

Due esempi alla portata di tutti fanno superare la timidezza di chi poco o nulla sa di un Sistema Complesso - si sarebbe tentati di definirli esempi semplici, ma si tratta di scienza il che sconsiglia l'uso leggero di aggettivi. 

I Sistemi Complessi sono al centro di sette scuole per dottorandi, dottorati e professori che si tengono in una bella villa sul lago di Como, coinvolte quattro università lombarde con l'aiuto della fondazione Cariplo. 
Si è parlato di statistica baynesiana applicata ai social network e alla visualizzazione delle immagini - approccio che non a caso sta acquisendo peso con l'aumento delle elaborazioni di dati in campo medico-sanitario, economico-finanziario, socio-politico e ancor di più nelle scienze sperimentali. 

Nel giugno 2014 c'è stato un seminario di fisica quantistica, fisici e matematici che confrontano teorie e spunti ognuno con la propria lingua sulle informazioni recuperabili dai buchi neri, Big Bang, cosmologia. 

Fra gli scienziati ospiti c'era ad esempio Alain Connes, Fields Medal, l'equivalente del Nobel nella matematica, con una lezione sulle conseguenze della scoperte del quantum, testimone della superiorità della matematica pura su quella finanziaria «in questi ultimi tempi troppo in voga»: solo con quella pura che è anche ma non solo un linguaggio - spiega - , si può interagire con altre discipline: quando si manipola qualcosa dal punto di vista qualitativo non si va molto lontano, sono più importanti gli aspetti quantitativi - proprio come accade in altre discipline, la psicologia o la statistica.

Una società interconnessa come la nostra ha bisogno non tanto di risposte complesse quanto di analisi basate sui Sistemi Complessi la cui premessa è affascinante: «un comportamento individuale porta a individuare un comportamento collettivo che a sua volta influenzerà il comportamento individuale» spiega il professore Giulio Casati, fisico, professore della Università dell'Insubria e presidente della scuola. 
Utile nella pratica: «Il principio si può applicare alla crisi attuale vista come sottosistema di network, alle telecomunicazioni o alla legge elettorale, e al cancro, studio cruciale visto che se oggi muore una persona su otto, nel 2030 sarà una su quattro». 
Conforta, in particolare l'ignorante, la svolta degli ultimi anni: «Per molto tempo si è vissuto l'equivoco che una legge semplice poteva spiegare solo un comportamento semplice, convinzione ora superata: anche una legge semplice può spiegare un comportamento complesso che non verrà frettolosamente liquidato come "casuale" e potrà aiutare a comprendere e predire l'evoluzione dei fenomeni».

Fenomeni sempre più interconnessi, la globalizzazione e l'interazione a distanza fra svariati network richiedono così un approccio interdisciplinare: l'analisi dei Sistemi Complessi può aiutare ad analizzare lo sviluppo economico, la coesione sociale, l'ambiente. 
Può così capitare, racconta Casati, che in un convegno di fisici siano presenti fra il pubblico anche psichiatri. 
Emerge sempre di più il concetto di "intelligenza diffusa" che sarà sempre più importante sul modo in cui i network del futuro saranno progettati e gestiti. Cambio scena: un recente articolo del New Scientist racconta la storia di uno studio sulle locuste: i ricercatori fiaccati e fisicamente indeboliti dalla ricerche sul campo in Africa hanno cambiato approccio e scoperto, dietro a una più comoda scrivania, che anche uno sciame di insetti è un sistema complesso che funziona in modo semplice ed è governato da una mente collettiva. 

Il Sistema Complesso è costituito da elementi eterogenei la cui interazione crea una struttura collettiva - biomolecole, cellule viventi o anche internet. 
Incrocia più discipline ma parte dalla forte specializzazione in ognuna di esse: alla base vi è un metodo che grazie ai dati cerca di anticipare un trend. 

Sistema complesso è anche la Teoria dei giochi, resa popolare da "A Beautiful Mind", film sul Nobel per l'Economia John Nash, applicabile a una situazione in cui non si deve studiare il profitto del singolo ma la sostenibilità di un sistema; è con una certa ironia che si annuncia che il seminario dedicata a teoria dei giochi e telecomunicazioni si svolgerà quest'anno a settembre a Campione. 

Obiettivo di questa scuola nata dalla collaborazione dalle università di Insubria, Pavia, Statale e Bicocca di Milano, è creare occasioni accademiche di alto livello – l'idea della Lake Como School of Advanced Studies non è nuova, è copiata dagli Stati Uniti e anche in Italia è ormai prassi abbastanza consolidata – ma anche aiutare una Como in crisi con il suo passato di capitale del tessile a ripensare l'industria e ritrovarsi grazie alla scienza e all'innovazione tecnologica.

La conseguenza più immediata di una scuola così è assistere a un raro e certo momentaneo caso d'importazione di scienziati – questione che l'Italia non s'è ancora posta intenta com'è a crucciarsi e dibattere della loro fuga. 

A Como pranzano sul prato di Villa del Grumello come fossero in un campus americano - e rifiutano foto se sono per l'altrui profilo Facebook - dottorandi americani, indiani, mediorientali assieme a giovani italiani ormai trasferiti in un'università straniera che per qualche giorno tornano a studiare in Italia. 

Cervelli vista lago come Francesca Vidotto ed Eugenio Bianchi. Vidotto si è formata a Padova, ora continua a studiare le applicazioni della gravità quantistica sulla cosmologia in Olanda. Bianchi ha studiato a Pisa, Marsiglia e in Canada, in un centro privato finanziato dal fondatore di Blackberry, da pochi mesi è professore alla Penn State della Pennsylvania. I loro racconti confermano che la fuga non è affatto fuga, «è movimento, essere nel posto giusto al momento giusto, ancora meglio: essere nel posto in cui le cose stanno avvenendo» dice Bianchi. Si va all'estero perché non si potrebbe fare qui quello che si fa lì, manca un ambiente internazionale in cui crescere, dice Vidotto, non esiste l'importazione di cervelli stranieri disposti a studiare da noi e far crescere il livello degli studi in Italia.

Consola che all'estero la preparazione dei laureati italiani in materie scientifiche è considerata «altissima, almeno prima della riforma del tre più due» dice Vidotto «ci aiuta la nostra formazione umanistica» banalmente «anche il fatto di aver studiato filosofia al liceo». 

All'Italia manca altro: non considerare la scienza Cenerentola, ma pensare che sia cultura quanto e come le lettere. Soprattutto c'è il rischio quasi la certezza, dice il professore Bianchi, che per tutti gli stranoti motivi - i vecchi vizi dell'università italiana e la nuova serissima mancanza di risorse - si salterà una generazione di professori. Quelli che andranno in pensione non saranno sostituiti come in passato, e se è vero che il sapere si trasmette da maestro ad allievo, molte informazioni si perderanno. 

Come asset per attrarre cervelli restano posti come il lago di Como, il professor Eyo Ita del Maryland e il pluripremiato Connes sono d'accordo: la bellezza aiuta la scienza, non v'è dubbio che in posti così si pensa meglio. 

Nessun commento:

Posta un commento