domenica 12 gennaio 2014

I vincoli di Bruxelles pesano sui giovani

Da Il Sole 24 Ore

Quei vincoli di Bruxelles che pagano i giovani


Sulla disoccupazione in generale e su quella giovanile in particolare ci siamo spesso intrattenuti cercando di chiarire la complessità del problema e la necessità di affrontarlo con politiche che da un lato attenuino le urgenze presenti e dall'altro individuino strategie di durata per valorizzare al meglio le risorse umane. Nelle riflessioni ci siamo sempre interessati di Europa e Italia nella convinzione (o nella speranza) che in queste democrazie avanzate sia diffusa la consapevolezza che lavoro e occupazione sono connotati essenziali di civiltà (e quindi di progresso umano e sociale) che comportano cooperazione tra le istituzioni e le parti sociali anche per il buon funzionamento di una economia fatta di imprese sane. Ritorniamo sul tema con riferimento alla disoccupazione giovanile in Italia e nella Eurozona.
La divaricazione dell'eurozona. Siamo di fronte a numeri impressionanti. A novembre 2013 il tasso di disoccupazione per la classe di età tra 15 e 24 anni ha raggiunto in Italia il 41,7% rispetto ad una media della eurozona (Uem) del 24,3% con agli estremi la Germania al 7,5% e la Spagna al 57% (con quello della Grecia ancora più alto). Nel 2007 l'Italia era al 20,30%, la Uem al 15,10%, la Germania al 12%, la Spagna al 18,20%. Nella crisi il tasso di disoccupazione giovanile italiano è raddoppiato, quello spagnolo è triplicato, quello tedesco si è ridotto del 35%, quello della eurozona è aumentato del 56%. Questi dati peggiorano significativamente se si considerano anche i giovani che non cercano lavoro e che non sono inseriti in processi di istruzione, formazione o apprendistato (i cosiddetti Neets).

È dunque evidente che nella crisi la Uem ha subito una grave divaricazione nei livelli di disoccupazione giovanile. Non è possibile pensare che questo sia dovuta solo alle "eccellenti" politiche per la formazione e l'occupazione della Germania rispetto a quelle "pessime" degli altri Paesi. Perchè anche la Germania si è "aiutata" in anni di sue necessità.
Infatti dal 2001 al 2005, quando il tasso di disoccupazione giovanile tedesco saliva dall'8% circa al 15% (e quello totale sopra l'11%), la Germania ha violato il rapporto deficit sul Pil portandolo sopra il 3% per sostenere la sua crescita ed occupazione. È vero che in quel periodo fece anche delle riforme ma si guardò bene dall'attuare politiche fiscali restrittive che rispettassero i vincoli europei. E riuscì a farlo senza sanzioni malgrado i richiami della Commissione europea.
Evitare la spaccatura. Adesso bisogna evitare che la divaricazione economica sulla disoccupazione giovanile e sulla inattività giovanile diventi spaccatura sociale e civile dentro la Eurozona. Perchè ormai è chiaro che proprio nella crisi si è avuto un miglioramento netto nel tasso di disoccupazione giovanile tedesco che dal 12% del 2007 (ovvero poco sotto il livello del 2004) è sceso all'attuale 7,5%. Non c'è dubbio quindi che la crisi abbia avvantaggiato la Germania come è stato dimostrato da molti altri dati tra cui quelli nei tassi di interesse e nei surplus commerciali (la cui natura è stata spiegata da Marco Fortis). Non ci risulta infatti che durante la crisi stessa in Germania siano state fatte altre riforme per migliorare il già ottimo sistema di formazione-apprendistato-lavoro per i giovani e che negli altri Paesi ne siano state fatte all'opposto altre per peggiorare il loro.
Perciò anche noi dovremmo chiedere una flessibilità sui vincoli di finanza pubblica (come la Germania se li prese dal 2001 al 2005 addirittura nella misura di 5 punti totali in eccesso del deficit sul Pil rispetto alla media della Uem) per attuare le riforme che sostengano l'occupazione giovanile in senso lato.
Più precisamente sappiamo che da tempo è al lavoro presso la Commissione europea lo "Output Gap Working Group" per valutare eventuali flessibilizzazioni dei vincoli di finanza pubblica al fine di tenere meglio conto degli effetti delle crisi. Bisognerebbe dare allora un margine di flessibilità ai deficit quando il tasso di disoccupazione giovanile di un Paese supera il suo tasso di disoccupazione fisiologico oppure quello medio della Uem a condizione che le risorse liberate vengano investite in processi di formazione-apprendistato dei giovani. Saremmo anche lieti se l'attuazione di questi programmi pagata da noi fosse in parte eseguita presso centri di formazione-apprendistato di altri Paesi efficienti.
Le politiche euro-italiane. La nostra proposta si aggiunge alle iniziative già in atto in Europa e Italia. Spesso abbiamo esaminato i Programmi europei per contrastare la disoccupazione giovanile sui quali anche il Governo Letta è attivo tant'è che sul tema si terrà (dopo quello del giugno scorso) un nuovo vertice a Roma nei prossimi mesi. Per l'attuazione del progetto europeo "garanzia Giovani" il Governo, in collaborazione con le Regioni (che attueranno il programma) ed altri soggetti, ha sottoposto il Piano Nazionale alla Commissione europea da cui si attende l'assenso e l'erogazione di 1,5 miliardi nel biennio 2014-2015. Se l'esito sarà favorevole già dai prossimi mesi si avvieranno iniziative multiple (di orientamento, formazione, apprendistato, lavoro, servizio civile, imprenditorialità, lavoro autonomo). Ne saremmo molto lieti con il suggerimento di applicare un modello tedesco di formazione-apprendistato sia per il metodo (rigoroso) che per il merito (professionalizzante) in modo da evitare che le risorse vengano disperse in tanti rivoli più politicizzati che formativi.
In conclusione. Senza un forte rilancio di una crescita (sostenibile) la Uem rischia la stagnazione e perfino la spaccatura. Perciò le misure sul l'occupazione giovanile sono importanti ma non sostitutive degli investimenti nelle loro più avanzate forme che l'Europa potrebbe finanziare sia attenuando il fiscal compact sia attingendo unitariamente ai mercati internazionali se capisse che dopo anni di progresso è adesso in regresso.

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