De Benedetti: "Paura di Google, è un problema di democrazia. Stop all'incrocio dei dati degli utenti"
Il presidente del Gruppo Espresso al forum mondiale dell'editoria di Torino: "Rischiamo l'oligarchia digitale"
11 giu 2014
"Abbiamo tutti paura di Google. Anche io. La
più grande società editoriale al mondo non sarà mai in grado di fare concorrenza
a Google e questo ha a che fare con la democrazia, perché una sana concorrenza
editoriale è una garanzia per la democrazia". E' il grido di allarme lanciato da
Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale l'Espresso, al forum
mondiale dell'editoria in corso a Torino.
Il presidente del Gruppo
Editoriale L'Espresso ha proposto che la Commissione europea imponga a Google
di dividere i servizi di ricerca generale dai propri servizi
specializzati. Ha suggerito che sia impedito l'uso incrociato di dati
raccolti nei diversi servizi. Un ricorso contro l'abuso di posizione dominante
di Google è, come è noto, pendente davanti all'autorità antitrust
europea.
"Google è un'azienda straordinaria,
siamo disponibili a collaborare e già lo facciamo, ma riteniamo che non faccia
concorrenza corretta: utilizzano il global search per fare pubblicità'. Google
deve seguire le regole che si applicano a tutti gli altri", ha detto l'ingegnere
paventando il rischio di "una oligarchia nel mondo digitale" e sostenendo la
necessità di definire "nuove forma di collaborazione, cosa che può fare solo la
politica". L'auspicio dell'ingegnere che la Ue tenga conto di questo
suggerimento degli editori. E' recente l'atto d'accusa del gruppo Springer
contro l'azienda Usa: ha
parlato di vera e propria "estorsione".
"La soluzione di gran
lunga migliore ai problemi concorrenziali che abbiamo di fronte - ha detto -
sarebbe di sottomettere i servizi di ricerca specialistica di Google alle norme
che l'algoritmo della ricerca generale applica a tutti gli altri. Ciò potrebbe
essere raggiunto sia con una separazione delle proprietà (un'antica e ben nota
misura antitrust) o con una separazione funzionale della attività di General
Search da quelle dei Servizi e Ricerca specializzati, a prescindere da fatto che
tali servizi e attività siano attualmente monetizzati direttamente. Questa
separazione funzionale potrebbe essere raggiunta proibendo l'uso dei dati
raccolti tramite un servizio a beneficio di un altro servizio della società".
Come ad esempio le mappe, i servizi di comparazione prezzi, i
video.
Altro elemento sottolineato da De Benedetti nel suo
intervento critico verso Google è che "queste compagnie over the top non pagano
le imposte nei paesi in cui operano".
"Gli editori non chiedono privilegi
alla politica, ma la possibilità di competere a parità di condizioni. Google
segua le regole che si applicano a tutti gli altri" ha concluso De Benedetti,
sostenendo che l'epoca dei grandi giornali generalisti "è finita". La strada si
apre a quelli specialisti che possono essere più facilmente monetizzati.
Il presidente del Gruppo Espresso ha anche affrontato alcuni temi
relativi all'evoluzione del prodotto editoriale giornalistico, ricordando come
un giornale del Gruppo, la Gazzetta di Mantova, compia proprio in questi giorni
350 anni di vita - è il più antico giornale ancora stampato al mondo - e
come dai valori e del passato, anche molto antico, possano trarsi insegnamenti
per il futuro. In particolare ha sottolineato come l'ambiente digitale abbia
radicalmente sconvolto i "contenitori" culturali: "Editori e giornalisti
dovrebbero tornare a pensare e a pianificare in termini di puro contenuto, a
prescindere dal contenitore: è così che il marchio della testata
vive".
La strada per assicurare un futuro digitale al giornalismo
di qualità è già stata intrapresa, ha detto De Benedetti, ma per
percorrerla con efficacia occorrono nuove forme di "coopetizione" tra testate ed
editori, perché l'uso redditizio della tecnologia "ha bisogno di investimenti,
risorse e specialmente di dati su tale scala che anche il più grande gruppo
editoriale si trova a mal partito a competere con i grandi concorrenti,
teoricamente 'non media'".
Questa cooperazione, "che lascia aperto il
campo alla sana concorrenza informativa", è già attuata in Italia nel campo, per
esempio, delle piattaforme pubblicitarie (come il consorzio Premium
Publisher Network per la pubblicità contestuale), ma potrebbe
allargarsi anche al livello giornalistico, come è stato dimostrato dalla
collaborazione di testate come il Guardian, il New York Times e Pro-Publica
nella gestione e nell'analisi dei documenti "wikileaks" o in quelli resi noti da
Edward Snowden.
Per quanto riguarda l'Italia, ha proposto De Benedetti,
"potremmo mettere insieme le maggiori testate, ma anche ONG, fondazioni e altri
gruppi interessati per costruire 'basi di conoscenza o 'infrastrutture di
conoscenza'. Queste ci aiuterebbero a raccogliere, raffinare e strutturare dati
e documenti, sarebbe poi compito di ogni singola organizzazione giornalistica
usarli nel modo ritenuto migliore. Esse lo faranno mettendo a frutto le proprie
conoscenze, le proprie fonti e i propri criteri di giudizio - in efficace
concorrenza che si svolge in un campo costruito in modo
collaborativo".
"La strada c'è - ha concluso - sarà difficile percorrerla
da soli". Il presidente del Gruppo Espresso ha concluso il suo intervento con
un'affermazione: "ciarlatani e impostori attenti a voi perché noi editori
continueremo il nostro lavoro".
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