di Enrico Bronzo e Biagio Simonetta, 30 mag 2014
C'è anche un italiano nella commissione istituita da Google per la questione
del diritto all'oblio
Il suo nome è Luciano Floridi, laureato a La
Sapienza di Roma. Master in filosofia e PhD all'università di Warwick, è docente
di filosofia ed etica dell'informazione presso l'Università di Oxford. Per
sapere chi è bisogna consultare il «wikipedia inglese, che è affidabile, mentre
quello italiano non è aggiornato».
Potrebbe "lamentarsene" direttamente con uno dei suoi colleghi in
commissione, il co-fondatore di Wikipedia?
Perché no, appena lo
vedrò gli dirò «Hei Jimmy (Wales, ndr) potresti....»
Partiamo dalla notizia, la discesa in campo di Google in prima persona per
risolvere il problema del diritto all'oblio che andrà sempre valutato insieme al
diritto pubblico all'informazione. Una questione assai complessa. Lei è uno dei
primi cinque esperti chiamati a far parte della commissione incaricata di
studiare il problema.
La cosa importante da capire subito è lo spazio
del problema: non un interesse economico privato, che si contrappone a questioni
di tipo legale o etico, ma il fatto che ci siano diversi diritti coinvolti e la
necessità di evitare che uno prevarichi l'altro: da una parte c'è il diritto
ragionevole di veder cancellato il proprio passato online, quando per esempio il
richiedente ha pagato il proprio debito nei confronti della società, ha fatto
una sciocchezza da giovane o in Rete c'è una sua foto stupida presa da qualche
festa. Dall'altra c'è parte c'è il diritto all'informazione che può essere
rilevante, per esempio, se un giovane non ha consegnato la propria tesi in tempo
e si scopre che è andato a una festa e c'è di mezzo una borsa di studio. Altri
esempi: il medico che ha avuto problemi sul lavoro o l'avvocato che ha avuto
difficoltà nell'iscrizione all'albo. La difficoltà sta nello stabilire quando
un'informazione è rilevante. Il concetto di rilevanza, da un punto di vista
epistemologico, non è che aiuti molto. E poi gli strumenti per gestirlo sono
approssimativi. Peraltro, a Google viene dato un ruolo di censore che non
vorrebbe avere e, se le cose non cambieranno, il motore di ricerca deciderà caso
per caso come gestire la richiesta d'oblio. Ed è singolare che il potere di
gestire la questione sia dato alle aziende.
Ha letto la notizia della proposta tedesca di istituire dei
cyber-tribunali?
Bene, il punto è proprio che nella materia di cui
parliamo stiamo operando con strumenti del passato - giustamente, non è una
critica - e quindi bisogna trovare forze da tutto il mondo che uniscano gli
aspetti tecnologici, legali, politici per ottenere soluzioni innovative. Google
ha avuto l'idea (in due settimane, ndr) di creare, costituendolo, un
comitato per pensare radicalmente come questi diritti vadano bilanciati, per
avere un futuro migliore per tutti. Con questa tipologia di diritti si tratta di
partire dalle fondamenta ed ecco perché in commissione ci può stare anche un
filosofo come me. In Google, peraltro, sono convinti che la filosofia sia
qualcosa che possa contribuire al benessere della società.
Non le sembra che per Google, che vive la cosa come un onere, ci sia anche
una parte affascinante, empatica, legata alla possibilità di aiutare chi chiede
di cancellare una o più macchie nella propria vita?
Condivido: dal punto
di vista intellettuale è una sfida affascinante e al contempo fortemente
pragmatica. E poter cambiare la società è nelle corde di un filosofo. I filosofi
hanno sempre parlato con la società: Platone è andato tre volte in Sicilia per
la sua passione politica, idem Cartesio in Svezia. La filosofia è vitale per la
società. Mi piace intendere la filosofia come design concettuale: abbiamo tra le
mani dei concetti per creare soluzioni che, se buone, possono dare una mano per
migliorare il mondo. Sono orgoglioso perché quando il gioco si fa veramente duro
anche la filosofia scende in campo, con il diritto, la tecnologia, la
scienza.
Secondo lei in quanto tempo verranno soddisfatte le richieste di
cancellazione?
Questo ancora non lo sa bene quasi nessuno. I tempi
possono variare in base alla complessità della richiesta e poi c'è la seria
opportunità di rivolgersi ai vari garanti. Peraltro, sono già presenti tutele
per esempio per rendere anonimo un volto, potendo intervenire con la rimozione
immediata, in caso di minori, fino alla possibilità di ottenere non tanto la
rimozione dell'informazione quanto l'impedimento dell'accesso alla stessa.
Vorrei anche sottolineare che l'industria della gestione della reputazione
(reputation management), già oggi fiorente, è destinata a una forte
crescita.
Infine, come italiano di successo all'estero, le chiedo di commentare la
recente quantificazione dell'Istat: sono in 100mila i giovani che negli ultimi
cinque anni hanno lasciato l'Italia.
Mi permetto di dare due consigli:
il primo, al Sistema Italia, è quello di non bloccare l'uscita dei cervelli
perché un Paese serio esporta cervelli di gente brava che sa lavorare; la
differenza è che ne importa altrettanti. Noi dovremmo essere orgogliosi di
esportare premi Nobel, ma il saldo tra quanti vanno via e quanti arrivano deve
essere almeno in pareggio. Innovazione, mentalità nuove, energie che entrano:
dobbiamo incentivare i nuovi arrivi. Il problema è che esportiamo intellettuali,
scienziati, manager ma facciamo entrare perlopiù chi fa lavori umili. La Gran
Bretagna (dove Floridi lavora, ndr) è invece all'avanguardia perché sa
rendersi appetibile per l'importazione di cervelli, come dovremmo fare noi. Il
secondo consiglio è: fare il passaporto e muoversi in Europa, non rientrando in
Italia per almeno un periodo di 5-10 anni. Chi pensa di trovare lavoro sotto
casa o dietro l'angolo perde già da subito, bisogna essere capaci di fare
qualche sacrificio.
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Sono già 12mila le richieste di rimozione arrivate da tutta Europa, in meno
di una giornata, dopo che Google ha aperto la possibilità ai cittadini europei
di poter inviare con un modulo su Internet la richiesta di rimuovere link
inadeguati, a loro riferiti. A quanto risulta all'Ansa, in alcuni picchi, le
richieste sarebbero 20 al minuto.
Larry Page non ha perso tempo. E a due settimane dalla sentenza della Corte
Europea sul cosiddetto "diritto all'oblio" Google mette a disposizione degli
utenti un modulo web attraverso il quale i cittadini europei possono chiedere al
motore di ricerca la rimozione di risultati non rilevanti sul proprio conto.
La notizia è stata diffusa da Google, e lo stesso Page ha rilasciato
un'intervista al Financial Times nella quale ha spiegato nel dettaglio la
decisione presa da Big G. Una decisione storica, perché per la prima volta un
cittadino potrà chiedere a un motore di ricerca la rimozione di link sul suo
conto, se ritiene questi «inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o
eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati».
Le ragioni di Google.
«Per ottemperare alla recente decisione della
Corte Europea, - fa sapere un portavoce di Google - abbiamo reso disponibile un
modulo web attraverso cui gli Europei possono chiedere la rimozione di risultati
dal nostro motore di ricerca. La sentenza della Corte richiede a Google di
prendere decisioni difficili in merito al diritto di un individuo all'oblio e al
diritto del pubblico di accedere all'informazione. Stiamo creando un comitato
consultivo di esperti che analizzi attentamente questi temi. Inoltre,
nell'implementare questa decisione coopereremo con i Garanti della Privacy e
altre autorità».
La procedura
Inutile dire che, almeno nelle prime fasi, il
processo sarà complesso e non privo di problematiche. Molti esperti di diritto
della comunicazione, infatti, hanno storto il naso leggendo la sentenza della
Corte Europea. E gli stessi motori di ricerca non hanno accettato di buon grado
la decisione dei giudici. Ma Google ha deciso di muoversi in fretta realizzando
il modulo per la richiesta di rimozione dei link.
Il procedimento,
analizzando il form creato dai programmatori di Big G, appare molto essenziale.
C'è da selezionare il Paese dell'Ue al quale l'utente appartiene, poi i propri
dati (nome, cognome e indirizzo mail, allegando la scansione di un documento di
identità), gli url per i quali è richiesta la rimozione e un breve messaggio nel
quale si spiega la motivazione della richiesta. Roba di pochi minuti, insomma.
Ancora non sono chiare, invece, le tempistiche per la rimozione. Anche perché
Google potrebbe essere subissata di richieste già da oggi. E inizierà il
difficile compito di separare le richieste legittime da quelle illegittime, tese
esclusivamente alla censura.
Le critiche
Nella sua intervista al Financial Times, Page ha sottolineato come Google non
abbia riscontrato grossi problemi nell'adeguarsi alla sentenza della Corte
Europea. «Questa storia avrebbe potuto farci male quando Google era ancora
composta da tre persone in un garage. Oggi siamo una grande azienda e abbiamo le
risorse per affrontarle questo tipo di situazioni». Tuttavia il CEO di Google
non ha nascosto le sue preoccupazioni, e nell'affermare che avrebbe gradito un
maggiore coinvolgimento in una decisione del genere, non esclude che questa
sentenza possa essere utilizzata anche da altri governi «che non sono così
progrediti come l'Europa» per ottenere risultati «meno buoni».
C'è da dire -
e lo stesso Page non lo nasconde – che il tema in questione è veramente
difficile, e sicuramente ci vorrà del tempo per capire quale possa essere la
strada più giusta. «La perfezione in questi casi non esiste» ha detto il Ceo di
Google. E' necessario trovare un equilibrio complesso fra il diritto del singolo
cittadino e il diritto all'informazione. Proprio per questo Google si avvarrà di
un team di esperti del quale fanno parte Jimmy Wales (Wikipedia) e Luciano
Floridi (docente di filosofia e etica dell'informazione all'università di
Oxford).
La decisione della Corte Europea, del resto, mira a tutelare una
tipologia di diritti. Ma allo stesso tempo ne mina altri. Decidere cos'è meglio
sarà una sfida notevole. Probabilmente quella più complessa che Goolge si trova
ad affrontare dal giorno della sua nascita. C'è in ballo la libertà del web, in
fondo.
E non è mica poco.
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