In Italia gli scandali delle tangenti Mose ed
Expo.
Francesco: «Voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall'altra parte? No, sarà difficile andare dal Signore»
Francesco: «Voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall'altra parte? No, sarà difficile andare dal Signore»
di Andrea Tornielli, 11 giu 2014
«Penso alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano
corrompere...».
A due giorni di distanza dall'eloquente omelia della messa
mattutina a Santa Marta ieri Papa Francesco è tornato a parlare della corruzione
durante l'udienza generale del mercoledì, di fronte a una piazza San Pietro
colma di folla nonostante il caldo opprimente. Riferimenti continui, che
sembrano quasi fotografare la situazione delle inchieste venete, sul diffuso e
organizzato sistema di tangenti del Mose, e delle inchieste lombarde sull'Expo.
«Nessuno può portare con sé dall’altra parte né i soldi, né il potere,
né la vanità, né l'orgoglio. Niente! - ha detto il Papa, alternando la lettura
del testo preparato con ampie aggiunte a braccio - Possiamo soltanto portare
l’amore che Dio Padre ci dà, le carezze di Dio, accettate e ricevute da noi con
amore. E possiamo portare quello che abbiamo fatto per gli altri».
«Attenzione a non riporre - ha ammonito - la speranza nei soldi,
nell’orgoglio, nel potere, nella vanità, perché tutto ciò non può prometterci
niente di buono! Penso per esempio alle persone che hanno responsabilità sugli
altri e si lasciano corrompere; voi pensate che una persona corrotta sarà felice
dall’altra parte? No, tutto il frutto della sua corruzione ha corrotto il suo
cuore e sarà difficile andare dal Signore».
Lunedì scorso, nell'omelia
di Santa Marta, Francesco aveva detto: «È tanto facile entrare nelle cricche
della corruzione», in «quella politica quotidiana del do ut des» dove «tutto è
affari»: «Quante ingiustizie, quanta gente che soffre per queste ingiustizie».
Un tema ricorrente che l'allora cardinale Bergoglio aveva trattato in
una meditazione nel 2005, parlando della corruzione che corrode la politica,
l'economia, la società, arrivando a minacciare la stessa Chiesa. In quel testo -
pubblicato l'anno scorso dalla Emi con il titolo «Guarire dalla corruzione» -
il futuro Papa spiegava che dalla corruzione si deve guarire proprio come da un
male. «Potremmo dire che il peccato si perdona, la corruzione non può essere
perdonata. Semplicemente per il fatto che alla radice di qualunque atteggiamento
corrotto c'è una stanchezza della trascendenza: di fronte al Dio che non si
stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell'espressione
della sua salvezza». La corruzione, spiegava ancora Bergoglio, «odora di
putrefazione». Il corrotto però, «come succede con l'alito cattivo», non se ne
accorge.
Nella catechesi di ieri Francesco ha denunciato con forza
anche la «tratta di persone e del lavoro schiavo»; gente che «sfrutta le persone
con il lavoro schiavo» e che «non hanno timore di Dio e non sono felici». Ed è
tornato a citare anche i fabbricanti d'armi, dei quali ha già parlato in varie
occasioni, durante un Angelus in relazione al conflitto in Siria e ancora
durante il recente viaggio in Terra Santa. «Penso a coloro che fabbricano armi
per fomentare le guerre; ma pensate che mestiere è questo». Questi «fabbricano
la morte, sono mercanti di morte e fanno mercanzia di morte. Che il timore di
Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere
conto a Dio».
Il Papa è apparso in buona forma: quella di ieri è stata
per la prima apparizione pubblica da lunedì mattina, dopo la lieve
indisposizione che lo ha fatto riposare per un giorno.
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