Vite parallele di Claudio Levorato della Manutencoop,
protagonista del nuovo scandalo sugli appalti dell’Expo milanese, ma in
passato già accusato di turbativa d’asta e di associazione per delinquere in
altre tre inchieste. E dell’ex presidente della Lega, adesso al governo con
Renzi, che ha sempre fatto finta di niente
20 mag 2014
Claudio Levorato, presidente della Manutencoop. (Credits: Luigi Mistrulli-Imagoeconomica) |
Claudio Levorato: segnarsi questo nome.
È il presidente della
cooperativa bolognese Manutencoop (giro d’affari di un miliardo di euro)
ed è un habitué delle procure italiane, che lo indagano per reati che vanno
dall’abuso d’ufficio all’associazione a delinquere, dalla turbativa d’asta al
falso in atto pubblico. L’ultima inchiesta su di lui, in ordine di tempo, è
quella aperta dalla Procura di Milano per le mazzette che sarebbero state pagate
per la costruzione della Città della salute, del valore di 323 milioni,
opera collegata a quel festival di appalti pubblici che è l’Expo di Milano.
Gianmaria Balducci: tenere a mente anche il suo nome.
È il presidente
della cooperativa imolese Cefla. Non è indagato, ma l’azienda, 400 milioni di
fatturato, è stata perquisita dalla Guardia di finanza perché, in concorso con
altri, avrebbe pagato tangenti per 600 mila euro nell’appalto «architetture e
servizi» dell’Expo.
Giuliano Poletti, questo nome, a differenza degli altri due, è noto a
tutti.
È il ministro del Lavoro e fino a febbraio era a capo della Lega delle
cooperative, cioè il rappresentante istituzionale di tutte le coop rosse
d’Italia che ha base ideologica a Bologna e fonte battesimale a Imola, città
d’origine sia di Poletti che di Balducci.
La star dell’inchiesta sull’Expo, che il 7 maggio ha portato in carcere 7
persone, prodotto decine d’indagati e 606 pagine di verbali d’intercettazione, è
Claudio Levorato, amico di lunghissima data di Poletti. I due si conoscono fin
da quando il ministro era un semplice funzionario del Pci imolese e Levorato
allievo della scuola di politica del Pci delle Frattocchie. Negli anni 80
Levorato è funzionario di partito mentre Poletti inizia la scalata al potere
cooperativo: segretario dei giovani comunisti di Imola, consigliere comunale,
segretario della Federazione di Imola, assessore all’Agricoltura, alle Attività
produttive, capo della Lega a Imola, poi regionale e infine nazionale. Nel 1984
Levorato entra in Manutencoop e la trasforma da piccola coop di servizi a
gigante da oltre 1 miliardo di euro di fatturato. Poletti intanto si lega a Pier
Luigi Bersani, poi a Massimo D’Alema e però diventa ministro nel governo più
antibersaniano e antidalemiano di sempre.
Levorato invece i rapporti politici li coltiva versando nel 2005 ben 500 mila
euro ai Ds guidati da Piero Fassino, che nel 2006 vincono le elezioni con Romano
Prodi leader del centrosinistra. Nel 2002 Poletti diventa presidente nazionale
della Lega e, a Bologna, ritrova il suo amico di sempre, Levorato, che in quegli
anni inizia a collezionare avvisi di garanzia sotto gli occhi indifferenti del
presidente Poletti. A oggi sono ben 4 le inchieste che lo hanno coinvolto. Ma
c’è di più: Levorato è sveglio e la leadership di Poletti gli va stretta.
Così
fa nascere quello che potrebbe essere definito un conciliabolo informale
composto dai leader delle più importanti (per peso politico o economico) coop
rosse emiliane, che oggi fa il bello e cattivo tempo nell’immenso mondo della
cooperazione emiliana.
A Bologna tutti lo chiamano «il caminetto».
Oltre a Levorato e Balducci fanno parte del caminetto Adriano Turrini,
capo della Coop Adriatica che nel 2012 ha realizzato vendite in supermercati e
ipermercati per oltre 2 miliardi di euro. C’è Piero Collina, capo della
Cooperativa costruttori e cementisti (Ccc) che siede nel consiglio
d’amministrazione della società proprietaria dell’area dove deve nascere la
Città della salute a Milano e dove sono presenti Cmc, Coop Lombardia e Coopfond.
C’è Rino Baroncini, presidente di un’altra cooperativa imolese, la Cesi,
anche lei vincitrice di appalti nell’ambito Expo; e non possono mancare
Pierluigi Stefanini, presidente della seconda compagnia assicurativa
italiana, l’Unipol-Sai, e Gianpiero Calzolari, presidente dell’industria
casearia Granarolo. Sono tutti pezzi da 90 del business «rosso» che decidono
carriere, incarichi e chissà cos’altro.
È anche grazie ai legami tra gli «iscritti al caminetto» che Levorato diventa
un ras del territorio e si permette di dettare la linea sugli appalti.
Curiosamente Poletti, per nulla preoccupato che la sua leadership venga messa
così platealmente in discussione, trascura sia il potere del caminetto che,
soprattutto, le inchieste penali su Levorato. Anzi, non manca mai di partecipare
alle manifestazioni pubbliche della Manutencoop: presentazioni di bilanci, feste
popolari, pranzi e cene sociali. Così il ministro non fa un plissé quando, nel
2005, Levorato finisce nei guai a Barletta per la vicenda della Barsa,
azienda multiservizi del comune della quale la Manutencoop è azionista di
minoranza con il 28 per cento. In questa inchiesta Levorato era accusato di
abuso d’ufficio perché avrebbe concorso a cambiare lo statuto della società, in
modo illegittimo, per estromettere due consiglieri non omogenei all’orientamento
politico di centrosinistra del comune. Nel 2008, in primo grado viene assolto,
ora si attende il giudizio d’appello.
Ma è solo un antipasto. Nell’ambito dell’inchiesta Virus sugli appalti
della Asl di Brindisi, nel dicembre 2013 i pm hanno chiesto addirittura
l’arresto e l’incarcerazione (negata dal giudice) non solo per Levorato, ma
anche per altri due manager Manutencoop accusati di associazione per delinquere
nell’ambito di alcune gare d’appalto pubbliche. Che cosa avrebbero fatto?
L’avviso di conclusione delle indagini (presto partirà la richiesta di rinvio a
giudizio) non poteva usare parole più esplicite: «Aprivano
fraudolentemente (utilizzando fisicamente l’opera di altri due
indagati,ndr) le buste contenenti le offerte economiche presentate dalle
altre imprese in gara e dopo averne rilevato la entità e il valore (…)
richiudevano i plichi con accorgimenti tali da non consentire un’immediata
rilevazione della manomissione e sostituzione». Semplice. E dire che in Puglia
Manutencoop ha vinto appalti pubblici per 71 milioni.
Ma l’inchiesta più clamorosa è quella sulla centrale termica
dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Nel maggio 2013 Levorato è stato
denunciato non da un concorrente qualsiasi, ma da un’altra cooperativa aderente
alla Lega. Si tratta della Cpl Concordia (400 milioni di fatturato) in provincia
di Modena, presieduta da Roberto Casari che nel caminetto non è mai stato
ammesso. La commissione aggiudicatrice dell’appalto ha assegnato al
raggruppamento d’imprese guidato da Manutencoop un punteggio di 0,04
punti superiore a quello assegnato alla Cpl, arrivata seconda. Si tratta di
circa 10 mila euro di differenza su un appalto del valore complessivo di 300
milioni e della durata di 25 anni. A Casari sembra tutto molto strano. Chiede i
verbali delle riunioni della commissione aggiudicatrice, ma nessuno glieli dà.
Chiede di sapere se al momento dell’aggiudicazione i componenti
della commissione erano tutti presenti, ma nessuno glielo dice. Così manda tutto
al Tar e poi al Consiglio di stato, che danno ragione a Manutencoop.
Non contento nel maggio del 2013 fa partire una denuncia penale per
turbativa d’asta e falso in atto pubblico che porta all’iscrizione nel registro
degli indagati di Levorato. Non era mai successo che due colossi della
cooperazione si scontrassero in procura, ma Casari, un’istituzione nel settore,
non si pente. «Le persone che prevaricano mi danno fastidio» spiega
a Panorama «per questo non parlo con Levorato da 15 anni, anche perché
non ha mai dato esempi di grande lealtà». Per capire che tipo è l’amico di
Poletti, oltre alle inchieste, basta questo episodio raccontato da Casari: «Nel
2004 ho dovuto spesare delle perdite su derivati e la cooperativa è andata in
rosso di 2,8 milioni. Appena l’ha saputo Levorato si è mosso per tentare di
comprarci con la scusa che eravamo in perdita. Ma avevamo un patrimonio di
90 milioni, altro che perdita! Si è comportato da spregiudicato».
E non è che Casari sia un oppositore politico di Levorato. Ha finanziato con
10 mila euro la campagna per le regionali lombarde di Umberto Ambrosoli; ha
versato 10 mila euro a Ugo Sposetti, tesoriere del partito e 6 mila al Pd di
Roma. In Lazio Manutencoop ha vinto appalti del ministero dell’Istruzione per la
pulizia delle scuole.
L’inchiesta bolognese, scoppiata sotto gli occhi sempre indifferenti del
presidente della Lega delle cooperative, ha dato maggior forza alla componente
modenese della Lega delle cooperative che si è opposta ai due nomi proposti dal
caminetto come successori di Poletti, nel frattempo diventato ministro,
Gianpiero Calzolari di Granarolo e Levorato stesso, riuscendo a imporre come
presidente Mauro Lusetti, originario di Sassuolo, in provincia di Modena. La
cosa abbastanza incredibile è che Lusetti non viene dal mondo della Lega, ma da
quello delle Conad (era amministratore delegato di Nordiconad) che sono sempre
cooperative, ma tra proprietari, non tra dipendenti, e sono importanti
concorrenti delle coop di consumo della Lega.
Poi arriva l’Expo e la quarta inchiesta su Levorato: per costruire la Città
della salute nelle aree ex Falck di Sesto San Giovanni avrebbe promesso una
carriera all’Anas ad Antonio Rognoni, manager della appaltante Infrastrutture
Lombarde, e ottenuto indebite informazioni sull’appalto. Le accuse sono
turbativa d’asta e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, reati per
cui i pm avevano chiesto l’arresto, rifiutato dal giudice. Il tutto con
l’intermediazione dei redivivi Gianstefano Frigerio, uno al quale Levorato
parlava di se stesso dicendo «noi della Lega», e Primo Greganti, il Compagno G
che avrebbe agito soprattutto sull’imolese Cefla, quella di Balducci. «Primo
Greganti?» dice Casari. «Quando ho letto il suo nome ho pensato che l’Italia non
finirà mai di stupirmi». A Roma Levorato ha un suo deputato di riferimento; anzi
ha un proprio dipendente che siede alla Camera. Si tratta di Daniele Montroni,
imolese, amico di Balducci della Cefla e dipendente in aspettativa della
Manutencoop.
Montroni ha alle spalle gli incarichi giusti per aspirare ad
assurgere a importanti incarichi nella cooperazione: partito, assessorati,
municipalizzate.
Montroni e Poletti ovviamente si conoscono, e in questo non c’è nulla di male
tranne per il fatto che quest’ultimo, nei 12 anni di presidenza della Lega
cooperative, non ha mai sentito il bisogno nemmeno di stigmatizzare il
comportamento di Levorato. A meno che non sapesse nulla del modus operandi del
presidente della Manutencoop e delle inchieste che lo riguardano. Circostanza
ovviamente impossibile.
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