Su TripAdvisor "false recensioni per avere sconti"
Federalberghi chiede nuove norme tra cui il diritto di replica e l'obbligo di firma delle recensioni
di Alberto Di Majo, 20 mag 2014
L’ultima denuncia a TripAdvisor è di poche settimane fa.
L’ha presentata un albergatore romano, proprietario di un hotel in via del
Corso.
Accusa il sito internet, in cui chiunque può scrivere una recensione, di
dare spazio a bugie e ripicche, ovviamente causando un danno alle aziende.
Il
fronte degli imprenditori è compatto, tanto che il coordinatore della
commissione Ota (On line Travel Agency), Daniele Frontoni, lo dice senza mezzi
termini: «Tanti clienti ci chiedono lo sconto e se non glielo diamo ci
minacciano, dicono che scriveranno una recensione di fuoco su TripAdvisor. Per
chi ha un albergo è un danno rilevante per cui alla fine gli imprenditori
preferiscono cedere e guadagnare di meno».
Ci sono pure casi in cui i giudizi
messi on line «sono scritti da dipendenti licenziati o da concorrenti».
E allora
la storia si complica. Ma non è l’unico problema.
«Su Trip Advisor risultano più
di 1.260 alberghi a Roma ma in mezzo ci sono anche gli affittacamere che non
vanno messi sullo stesso piano. Ci sono addirittura bed and breakfast con 30
camere invece di 3, come dovrebbe essere. Ho chiesto al sito di fare una
classificazione corretta - spiega Frontoni - ma pretendono un documento
ufficiale del Campidoglio che chiarisca la differenza tra alberghi e altre
strutture». Ormai si lamentano tantissimi addetti ai lavori, tanto che la
Federazione italiana degli albergatori ha dato il via ad una protesta formale
contro i siti che raccolgono recensioni anonime.
Alcuni mesi fa il presidente
Bernabò Bocca ha mandato una lettera ai ministeri del Turismo e delle Attività
produttive chiedendo che siano approvate norme su blog e siti, tra cui il
diritto di replica, l’obbligo della firma comprensiva di nome e cognome sulle
recensioni o, in alternativa, la presa di responsabilità da parte del sito.
Ovviamente il bersaglio è innanzitutto TripAdvisor che
raccoglie più di 40 milioni di visitatori mensili.
È di proprietà di Expedia
Inc., la compagnia americana di viaggi, che gestisce siti popolari come
Expedia.com, Hotels.com, Hotwire.com.
Ora qualcosa potrebbe cambiare.
Ha aperto la strada il
tribunale di Parigi, che ha condannato Expedia, TripAdvisor e Hotels.com a
pagare una multa da 430 mila euro per pratiche commerciali sleali e
ingannevoli.
Non solo. Il campo si allarga. Due giorni fa l’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato, proprio dopo la segnalazione di
Federalberghi, del gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della
Guardia di Finanza e Aica, ha deciso di avviare un’istruttoria per verificare se
le agenzie turistiche on line, Booking ed Expedia, limitino, attraverso gli
accordi con le strutture alberghiere, la concorrenza sul prezzo e sulle
condizioni di prenotazione tra i diversi canali di vendita, ostacolando la
possibilità per i consumatori di trovare sul mercato offerte più
convenienti.
Nel frattempo un albergatore del centro storico di Roma,
Franco Orecchio, ha presentato una denuncia, tramite lo studio legale
Cappelleri.
Nella lettera inviata alla società americana si chiede un
risarcimento di 2 mila euro a causa di una recensione risultata falsa. La storia
è significativa. A gennaio scorso si erano presentati in albergo due persone,
moglie e marito, e avevano prenotato una camera. Dopo aver passato in stanza
alcune ore, volevano andarsene senza pagare, sostenendo che la camera fosse
sporca. Il portiere dell’albergo gli ha spiegato che la stanza gli sarebbe stata
addebitata.
Da parte sua la signora minacciava di scrivere una brutta recensione
su TripAdvisor.
Così ha fatto.
Inoltre, tornata nella città dove abita, ha
presentato un esposto ai carabinieri, che hanno chiesto ai vigili urbani di Roma
di fare un sopralluogo nell’hotel. Lei, ovviamente, lamentava gravi carenze
igieniche.
Ma il verbale dei vigili è chiaro: «Visionavamo la stanza interessata
dall’esposto non rilevando però situazioni o condizioni di precarietà
igienico-sanitaria, né tantomeno carenze strutturali».
Conclude Franco Orecchio:
«Ovviamente nessuno vuole limitare la libertà dei clienti di poter esprimere
pubblicamente il loro giudizio ma non è possibile che questi siti internet,
ospitando false recensioni, diventino un’arma contro gli albergatori».
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