Inchiesta Ue sulla Apple nel mirino gli sconti fiscali
A Dublino l’imposta per le imprese è del
12,5%; l’indagine della Commissione parte dall’Irlanda e potrebbe allargarsi ad altri paesi
di Marco Zatterin, 11 giu 2014
La notizia arriva da Dublino, non è commentata ufficialmente, ma raccoglie
conferme a denti stretti negli ambienti diplomatici.
La Commissione Ue sta per
annunciare l’apertura d’una inchiesta formale sulla Apple e il sistema complesso
di società finanziarie a cui il gruppo americano affida i ricavi e - sfruttando
i buchi di armonizzazione del sistema impositivo europeo - riduce all’osso le tasse pagate, sottraendo miliardi di imponibile a molti erari,
compreso quello italiano.
Le voci dicono che Joaquin Almunia, lo sceriffo
dell’Antitrust, attaccherà oggi partendo dall’Irlanda. Un’altra fonte, però,
assicura che se l’azione sarà annunciata, non riguarderà solo l’isola.
E’ da settembre che Bruxelles tiene d’occhio il gruppo di Cupertino,
studiandone i comportamenti in una serie di paesi. Ad attirare l’attenzione di
Almunia e dei suoi sono state le accuse rivolte dal Senato statunitense proprio
all’Irlanda, imputata di consentire un ricco movimento di elusione fiscale. Il
governo del popolare Enda Kenny ha respinto ogni ipotesi di malefatta,
difendendo un sistema che ritiene «aperto e trasparente».
Ogni intervento sulla
natura del trattamento societario, ha affermato il premier, non può che essere
discusso a livello internazionale. Sospetto.
In realtà l’accoglienza tributaria irlandese è celebre quanto quella dei loro
pub. L’imposta di riferimento offerta alle imprese è del 12,5 per cento,
nonostante le contestazioni europee che denunciano una concorrenza sleale. La
logica è che questo serve per attirare le multinazionali - soprattutto quello
dei servizi che nell’Eire hanno trovato l’America - e creare posti di lavoro.
Così a certe imprese globali vengono anche praticati ulteriori sconti.
A
Dublino, il produttore dell’iPhone dove ha strappato un’aliquota inferiore al
2%.
La camera alta statunitense aveva dichiarato che Apple faceva passare gli
incassi attraverso una controllata di Cork, per poi dichiarare che la società da
tassare non era fiscalmente residente in alcun paese.
L’inchiesta affermò che
gli accordi facevano parte di «una complessa ragnatela di entità off shore»
dislocata anche in Olanda e Lussemburgo. Da anni l’Europa delle istituzioni
chiede di impedire i giochini transfrontalieri per ragioni di equità. Le
decisioni fiscali, però, vanno prese a maggioranza e gli interessanti non
mollano. Colpire le società, sempre che sia possibile, potrebbe essere una
scorciatoia.
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