di Sissi Bellomo, 24 mag 2014
È troppo presto per dire se si tratta di un caso isolato o della punta di un
iceberg. Ma ormai è certo che almeno una volta nella sua storia centenaria il
fixing dell'oro è stato manipolato. L'ha fatto un trader di Barclays,
all'indomani del giorno in cui la banca britannica aveva ammesso le sue colpe
nello scandalo dei tassi interbancari, pagando una supermulta da 290 milioni di
sterline.
Ad accertarlo è stata la Financial Conduct Authority (Fca), equivalente
britannica della Consob, che stavolta ha comminato una sanzione molto più mite:
26 milioni di sterline (32,1 milioni di euro), che Barclays deve pagare perché
colpevole di «non essere riuscita a gestire in modo adeguato i conflitti di
interesse con i clienti» tra il 2004 e il 2013. Sfruttando la debolezza dei
sistemi di controllo interni un dipendente, Daniel James Plunkett – anch'esso
multato per 96.500 sterline e radiato dalla professione – è riuscito il 28
giugno 2012 a manovrare a proprio favore il fixing dell'oro, un riferimento di
prezzo che esiste fin dal 1919 e di cui all'epoca dei fatti si occupavano cinque
banche: oltre a Barclays, Hsbc, Scotiabank, Société Générale e Deutsche Bank
(quest'ultima ha da poco abbandonato il campo senza trovare un erede).
«Le azioni di Plunkett – ha sottolineato Tracey McDermott, responsabile della
divisione crimini finanziari dell'Fca – si sono verificate proprio nel giorno in
cui è stato pubblicato il nostro intervento contro Barclays in relazione a Libor
ed Euribor. L'indagine e i suoi risultati implicano che l'azienda e lo stesso
Plunkett erano chiaramente sull'avviso riguardo al potenziale insorgere di
conflitti di interesse relativi ai benchmark».
«La mancanza di controlli da
parte di un istituto e il disprezzo di un trader per gli interessi di un cliente
– è l'amara conclusione di McDermott – hanno permesso di infangare di nuovo la
reputazione dell'industria dei servizi finanziari».
Nel caso di Barclays, coinvolta anche nelle indagini sulla manipolazione dei
mercati valutari, è l'ennesimo colpo alla reputazione. Il ceo Antony Jenkins –
subentrato 18 mesi fa a Bob Diamonds, che si era dimesso per lo scandalo Libor –
ha espresso «profondo dispiacere» per la vicenda. «Queste situazioni – ha
aggiunto – rafforzano la nostra determinazione a migliorare». Era stata d'altra
parte la stessa banca, allertata da un cliente, ad avvertire l'Fca e a
collaborare nella ricostruzione dei fatti, guadagnandosi così uno sconto del 30%
sulla sanzione.
Plunkett non era uno qualunque all'interno di Barclays: dirigeva infatti il
desk metalli preziosi ed era responsabile del pricing dei prodotti finanziari ad
essi collegati. La sera del 27 giugno 2012 aveva informato via e-mail alcuni
colleghi che il giorno dopo avrebbe cercato di fare «una mini-schifezza per il
fixing a 1.558 dollari». Se l'oro fosse stato fissato a un valore superiore a
1.558,96 $/oncia Barclays avrebbe dovuto versare 3,9 milioni a un cliente,
titolare di un contratto derivato. Poiché il fixing è stato inferiore, la banca
non ha versato nulla e Plunkett è riuscito a gonfiare il suo trading book di 1,8
milioni.
Al fixing si arriva con una conference call durante la quale le
banche incrociano ordini propri e dei clienti finché non riescono a determinare
una sorta di prezzo di equilibrio dell'oro. Plunkett aveva inserito falsi ordini
di vendita, per influenzare al ribasso il risultato finale.
La vicenda accertata dalla Fca potrebbe anche restare isolata. Ma getta
comunque benzina sul fuoco delle polemiche che ormai da tempo investono il
fixing, giudicato un meccanismo obsoleto e rischioso. Negli Usa ci sono almeno
una ventina di class action in cui le banche sono accusate di aver manipolato di
concerto il benchmark dell'oro. Per il fixing dell'argento è invece già suonato
il de profundis: dopo il ritiro di Deutsche Bank terminerà il 14
agosto.
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