"Abbiamo tutti paura di Google. Anche io. La più grande società editoriale al mondo non sarà mai in grado di fare concorrenza a Google e questo ha a che fare con la democrazia, perché una sana concorrenza editoriale è una garanzia per la democrazia". E' il grido di allarme lanciato da Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale l'Espresso, al forum mondiale dell'editoria in corso a Torino.

Il presidente del Gruppo Editoriale L'Espresso ha proposto che la Commissione europea imponga a Google di dividere i servizi di ricerca generale dai propri servizi specializzati. Ha suggerito che sia impedito l'uso incrociato di dati raccolti nei diversi servizi. Un ricorso contro l'abuso di posizione dominante di Google è, come è noto, pendente davanti all'autorità antitrust europea.


"Google è un'azienda straordinaria, siamo disponibili a collaborare e già lo facciamo, ma riteniamo che non faccia concorrenza corretta: utilizzano il global search per fare pubblicità'. Google deve seguire le regole che si applicano a tutti gli altri", ha detto l'ingegnere paventando il rischio di "una oligarchia nel mondo digitale" e sostenendo la necessità di definire "nuove forma di collaborazione, cosa che può fare solo la politica". L'auspicio dell'ingegnere che la Ue tenga conto di questo suggerimento degli editori. E' recente l'atto d'accusa del gruppo Springer contro l'azienda Usa: ha parlato di vera e propria "estorsione".

"La soluzione di gran lunga migliore ai problemi concorrenziali che abbiamo di fronte  -  ha detto - sarebbe di sottomettere i servizi di ricerca specialistica di Google alle norme che l'algoritmo della ricerca generale applica a tutti gli altri. Ciò potrebbe essere raggiunto sia con una separazione delle proprietà (un'antica e ben nota misura antitrust) o con una separazione funzionale della attività di General Search da quelle dei Servizi e Ricerca specializzati, a prescindere da fatto che tali servizi e attività siano attualmente monetizzati direttamente. Questa separazione funzionale potrebbe essere raggiunta proibendo l'uso dei dati raccolti tramite un servizio a beneficio di un altro servizio della società". Come ad esempio le mappe, i servizi di comparazione prezzi, i video.

Altro elemento sottolineato da De Benedetti nel suo intervento critico verso Google è che "queste compagnie over the top non pagano le imposte nei paesi in cui operano".

"Gli editori non chiedono privilegi alla politica, ma la possibilità di competere a parità di condizioni. Google segua le regole che si applicano a tutti gli altri" ha concluso De Benedetti, sostenendo che l'epoca dei grandi giornali generalisti "è finita". La strada si apre a quelli specialisti che possono essere più facilmente monetizzati. 

Il presidente del Gruppo Espresso ha anche affrontato alcuni temi relativi all'evoluzione del prodotto editoriale giornalistico, ricordando come un giornale del Gruppo, la Gazzetta di Mantova, compia proprio in questi giorni 350 anni di vita  -  è il più antico giornale ancora stampato al mondo  -  e come dai valori e del passato, anche molto antico, possano trarsi insegnamenti per il futuro. In particolare ha sottolineato come l'ambiente digitale abbia radicalmente sconvolto i  "contenitori" culturali: "Editori e giornalisti dovrebbero tornare a pensare e a pianificare in termini di puro contenuto, a prescindere dal contenitore: è così che il marchio della testata vive".

La strada per assicurare un futuro digitale al giornalismo di qualità è già stata intrapresa, ha detto De Benedetti, ma per percorrerla con efficacia occorrono nuove forme di "coopetizione" tra testate ed editori, perché l'uso redditizio della tecnologia "ha bisogno di investimenti, risorse e specialmente di dati su tale scala che anche il più grande gruppo editoriale si trova a mal partito a competere con i grandi concorrenti, teoricamente 'non media'".

Questa cooperazione, "che lascia aperto il campo alla sana concorrenza informativa", è già attuata in Italia nel campo, per esempio, delle piattaforme pubblicitarie (come il consorzio Premium Publisher Network per la pubblicità contestuale), ma potrebbe allargarsi anche al livello giornalistico, come è stato dimostrato dalla collaborazione di testate come il Guardian, il New York Times e Pro-Publica nella gestione e nell'analisi dei documenti "wikileaks" o in quelli resi noti da Edward Snowden.

Per quanto riguarda l'Italia, ha proposto De Benedetti, "potremmo mettere insieme le maggiori testate, ma anche ONG, fondazioni e altri gruppi interessati per costruire 'basi di conoscenza o 'infrastrutture di conoscenza'. Queste ci aiuterebbero a raccogliere, raffinare e strutturare dati e documenti, sarebbe poi compito di ogni singola organizzazione giornalistica usarli nel modo ritenuto migliore. Esse lo faranno mettendo a frutto le proprie conoscenze, le proprie fonti e i propri criteri di giudizio  -  in efficace concorrenza che si svolge in un campo costruito in modo collaborativo".

"La strada c'è - ha concluso - sarà difficile percorrerla da soli". Il presidente del Gruppo Espresso ha concluso il suo intervento con un'affermazione: "ciarlatani e impostori attenti a voi perché noi editori continueremo il nostro lavoro".