domenica 29 giugno 2014

I numeri (poco confortanti) della giustizia in Italia...

Dopo 50mila errori i pm rischiano di pagare

Alla Camera passa l’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati. Le vittime della malagiustizia esultano.
E Napolitano avverte: «Basta privilegi»

di Mau. Gal., 12 giu 2014

La Camera dice sì alla responsabilità civile delle toghe. 
Un emendamento della Lega alla legge comunitaria sulle bibite gassate che introduce la norma, votata al referendum dell’87 da quasi 21 milioni di italiani e parzialmente vanificata dalla legge Vassalli l’anno seguente, è passato con 187 consensi e 180 «no», grazie all’astensione massiccia dei grillini e di alcuni deputati di Sel. Il voto era segreto. 
Ora toccherà al Senato decidere, ma con scrutinio palese.

La votazione ha causato polemiche e preoccupazioni. Il Governo è stato battuto anche grazie a qualche «infedele» del Pd. Ma il premier, da Pechino, minimizza, parla di una «tempesta in un bicchier d’acqua» e si dice certo che la normativa sarà modificata a Palazzo Madama. Il vicepresidente del Csm Michele Vietti e l’Anm, invece, sono sul piede di guerra: «È in gioco l’indipendenza di giudizio del magistrato, esporlo a un’azione diretta di responsabilità metterebbe a repentaglio il suo libero convincimento e produrrebbe un numero indefinito di processi sui processi», avverte il primo. Per l’associazione di categoria l’emendamento è incostituzionale e «indebolisce l’azione giudiziaria proprio mentre la magistratura è chiamata a un forte impegno contro la corruzione». Soddisfatti, invece, i parlamentari di Forza Italia: «Si introduce una norma sacrosanta che la Ue sollecita da mesi e che abbatte un privilegio incomprensibile», osserva Stefania Prestigiacomo. 
E il presidente della Repubblica sottolinea che «la tutela dell’indipendenza assicurata al giudice dagli ordinamenti non rappresenta un mero privilegio». Serve, ha aggiunto Napolitano, «il giusto bilanciamento attraverso il rispetto da parte dei magistrati dei principi deontologici».

Si stima che nella storia della Repubblica circa quattro milioni di persone sono state coinvolte in inchieste e poi risultate innocenti. Ma solo dal 1989, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, esistono statistiche precise e attendibili. E fanno venire i brividi. In 23 anni, fino al 2012, quasi 25 mila italiani e stranieri sono stati incarcerati ingiustamente. Lo Stato ha speso per risarcirli 550 milioni di euro. Se a questi sommiamo altri 30 milioni rimborsati per errori giudiziari, arriviamo a quasi 600 milioni. Ma alle 25 mila vittime ne dobbiamo aggiungere altrettante. Per Eurispes e Unione delle camere penali, infatti, ogni anno vengono inoltrate 2500 domande di rimborso per ingiusta detenzione e solo 800 vengono accolte. Molte vite sono state distrutte da questi sbagli. Vite di persone famose, da Enzo Tortora a Serena Grandi, da Gigi Sabani a Lelio Luttazzi. O di semplici cittadini. E gli errori sono rimasti puntualmente impuniti. Dall’introduzione della Vassalli (1988) al 2012 le cause contro le toghe sono state 406. Appena 4 concluse con una condanna. Meno di una su cento.

La «fotografia» recente del nostro sistema giudiziario scattata da Confindustria, Confartigianato, Bankitalia, Banca mondiale e Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria-Direzione generale di statistica è impressionante. 
Il 42% dei detenuti è in custodia cautelare, quindi virtualmente innocente. 
I processi per ingiusta detenzione ed errori giudiziari sono più di 2000 ogni anno. Solo nel 2011, tanto per citare un caso, lo Stato ha dovuto sborsare 46 milioni. E ancora: la media di attesa per una causa civile è di 4 anni; per una penale, di 7. 
I processi civili hanno raggiunto il numero di sei milioni e sono costati agli italiani 96 milioni in termini di «mancata ricchezza». 
Il «braccio lento della legge» costa ad ogni azienda 371 euro, e i ritardi della giustizia 23 miliardi all’anno. 
Non basta? Per quanto riguarda i processi civili, che hanno una durata media di oltre due anni, lo Stato italiano spende 70 euro ad abitante. Quello francese 56. 
E in Francia la durata del procedimento è della metà del tempo. C’è poco da aggiungere.

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