mercoledì 11 giugno 2014

L'agroalimentare nazionale ormai non è più italiano...


I FRANCESI di Lactalis mangiano il Bel Paese


di Rodolfo Ricci, 6 feb 2014

Galbani vuol dire fiducia. 
Uno slogan vincente che sembra aver fatto il suo tempo. 
Come il formaggio Bel Paese, finito da anni in mani francesi. Una vera beffa. 

La novità, si fa per dire, è che Lactalis chiude di fatto altri due stabilimenti in Italia. 
Il gruppo francese, che controlla le filiere nazionali del latte e dei formaggi con marchi come Parmalat, Galbani, Invernizzi, Cademartori e Locatelli, ha dato il via ad un'operazione di razionalizzazione degli impianti produttivi. 

Dopo il ridimensionamento delle strutture Parmalat, ora a subire simile destino sono gli stabilimenti Galbani, che diventeranno quattro invece di sei. 

L'ultimo piano di riduzione costi in ordine temporale riguardano la realtà di Caravaggio in provincia di Bergamo, storico stabilimento in cui lavorano 218 dipendenti, e il reparto di confezionamento gorgonzola dell'impianto di Introbio in provincia di Lecco, dove sono impiegate 8 persone. 

L'annuncio dei vertici della multinazionale Lactalis Italia è arrivato dopo un incontro con le rappresentanze sindacali e gli amministratori della Lombardia: la decisione è quella della chiusura parziale di Introbio e quella totale di Caravaggio, dove già due anni fa erano stati tagliati 60 dipendenti. Alla base della scelta ci sarebbe la volontà della proprietà di ridurre i costi fissi delle strutture, mentre per i dipendenti sarebbe già pronto un piano di ricollocamento in altre aziende del gruppo in Lombardia.

"Abbiamo deciso di intervenire sui costi della nostra struttura industriale chiudendo uno dei sei stabilimenti lombardi per proteggere il nostro intero sistema industriale in Italia - ha dichiarato Giulio Ferrari, direttore industriale di Gruppo Lactalis Italia - Ciò ci consentirà di ritrovare efficienza attraverso la riduzione dei costi strutturali e non dei posti di lavoro, ricollocando tutti i dipendenti negli altri impianti produttivi che abbiamo in regione".

Una decisione che non è piaciuta per niente a Fai, Flai e Uila: "In occasione dell'incontro presso l'Assolombarda, il Gruppo Galbani Lactalis, ha comunicato l'esigenza di un nuovo piano industriale che, partendo dalla necessità di ridurre i costi industriali, prevede la chiusura dello stabilimento di Caravaggio (Bergamo) che occupa 218 dipendenti e il reparto Gorgonzola di Introbio (Lecco) che occupa 8 dipendenti". 

L'azienda - dicono i sindacati - ha dichiarato di riallocare i volumi produttivi all'interno del gruppo Lactalis/Galbani Italia ricollocando i lavoratori negli stabilimenti che acquisiscono quelle produzioni (Casale Cremasco, Certosa e Corte Olona). 

Il coordinamento unitario esprime "un giudizio estremamente negativo in quanto tale decisione modifica sostanzialmente la strategia del gruppo francese decidendo di intervenire in modo drastico sulla struttura Lactalis\Galbani in Italia". Fai, Flai e Uila e il Coordinamento hanno pertanto deciso di dichiarare lo stato di agitazione con il blocco di tutti gli straordinari; l'avvio immediato di una campagna d'informazione generalizzata in tutti gli stabilimenti, la richiesta d'incontro urgente all'azienda e a tutti gli Enti Locali direttamente e indirettamente coinvolti. Il coordinamento, anche in relazione a come si evolverà la vertenza, si riserva di assumere ulteriori e più incisive iniziative. E in particolare, la Rsu dell'impianto di Caravaggio ha proclamato una mobilitazione per l'intera giornata di venerdì che interesserà tutti i reparti del sito. La Rsu ha chiesto la partecipazione delle rappresentanze e dei lavoratori dei siti del Gruppo Galbani a sostegno della rivendicazione alla mobilitazione.

"Abbiamo appreso con sorpresa la notizia dell'incontro tra il sottosegretario alle Politiche Agricole on. Maurizio Martina e l'amministratore delegato del Gruppo Lactalis Italia s.p.a. Jean Marc Bernier", ha commentato anche Claudio Risso, segretario nazionale Fai Cisl. "Sorpresa soprattutto perché - prosegue Risso - lo stesso giorno, 10 febbraio, è stato convocato presso l'Assolombarda di Milano il primo incontro di trattativa a fronte della comunicazione, da parte di Lactalis Galbani Italia, di voler procedere alla chiusura dello stabilimento di Caravaggio e alla chiusura di un reparto (gorgonzola) ad Introbio". 

Tale operazione - sottolinea il Segretario nazionale - coinvolge oltre 200 lavoratori a Caravaggio ed 8 lavoratori ad Introbio". "Di fronte ad una vertenza così delicata e complessa - conclude Risso - apprezziamo l'interessamento del Governo italiano ma chiediamo, con determinazione, che venga sentito anche il sindacato. Attendiamo quindi una convocazione da parte del Mipaaf per poter affrontare e risolvere insieme le complesse problematiche che investono l'intera filiera lattiero-casearia".

Per Lactalis Italia chiudere i battenti di Caravaggio significa risparmiare su una produzione che ogni anno è in grado di lavorare 250 mila tonnellate di latte per 40 mila tonnellate di formaggi come gorgonzola, taleggio, quartirolo. 

Volumi produttivi che con il nuovo piano di intervento saranno riallocati in altre aziende del gruppo Lactalis/ Galbani Italia.

Una storia, quella della Galbani, che ha origini lontane, nel 1882, dal caseificio di Davide ed Egidio Galbani, situato a Ballabio, all'imbocco della Valsassina e successivamente trasferito a Maggianico; in un'epoca in cui in Italia la produzione casearia era per lo più di tipo artigianale ed i prodotti erano commercializzati solo localmente, i Galbani si ispirarono ai prodotti francesi, che già allora erano esportati in Italia, e producevano una robiola simile al brie. 

Il primo grande successo risale al 1906 con il lancio del Bel Paese, un formaggio stagionato che prese il nome dall'omonimo libro di Antonio Stoppani, e che è diventato famoso in tutto il mondo. Agli anni Venti risale l'acquisizione degli stabilimenti di Certosa di Pavia, che sorge a Guinzano, nel comune di Giussago proprio tra la Stazione di Certosa di Pavia ed il monumento cistercense della Certosa di Pavia (da cui presero il nome le crescenze Certosa e Certosino) e di quello di Corteolona, dove tuttora vengono prodotte. Il successo della Galbani è dovuto anche all'efficiente flotta di camioncini ed alla rete di depositi in grado di rifornire i numerosi punti vendita in cui è ancora frammentato il mercato dei latticini.

Una storia caratterizzata anche da molti passaggi di proprietà. Già negli anni trenta la Galbani apparteneva ad un ramo della famiglia Invernizzi di Melzo, imparentato con i proprietari dell'azienda omonima. Nel 1974 gli Invernizzi cedettero l'azienda a quattro finanziarie con sede nel Lussemburgo e nel Liechtenstein, con proprietari ignoti; negli anni settanta ed ottanta l'identità dei proprietari della Galbani rimase sconosciuta. Il volto "pubblico" dell'azienda era l'amministratore delegato Luigi Campominosi, che assunse anche incarichi nell'associazione di categoria degli industriali caseari; nonostante questo, la riservatezza dell'azienda sull'assetto proprietario rimase assoluta. Nel 1989 fu acquisita da Ifil e Bsn-Danone, che nel corso degli anni rilevò progressivamente l'intera azienda. Nel 2002 Danone vendette al fondo di private equity Bc Partners, che operò una profonda riorganizzazione, esternalizzando la logistica e suddividendo l'azienda in tre entità: Egidio Galbani, che comprende le attività produttivo-industriali; BiG, che si occupa della vendita e della distribuzione; BiG Logistica, che gestisce il grande magazzino centrale di Ospedaletto Lodigiano. 

Nel 2006 Bc Partners monetizzò il proprio investimento cedendo Galbani al gruppo lattiero-caseario francese Lactalis, che già aveva rilevato la proprietà di tre storiche aziende casearie italiane come Locatelli, Invernizzi e Cademartori. Un Bel Paese conquistato proprio dai francesi.

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