domenica 29 giugno 2014

Papa Francesco e la corruzione...

In Italia gli scandali delle tangenti Mose ed Expo.
Francesco: «Voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall'altra parte? No, sarà difficile andare dal Signore»

di Andrea Tornielli, 11 giu 2014



«Penso alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere...». 
A due giorni di distanza dall'eloquente omelia della messa mattutina a Santa Marta ieri Papa Francesco è tornato a parlare della corruzione durante l'udienza generale del mercoledì, di fronte a una piazza San Pietro colma di folla nonostante il caldo opprimente. Riferimenti continui, che sembrano quasi fotografare la situazione delle inchieste venete, sul diffuso e organizzato sistema di tangenti del Mose, e delle inchieste lombarde sull'Expo. 

«Nessuno può portare con sé dall’altra parte né i soldi, né il potere, né la vanità, né l'orgoglio. Niente! - ha detto il Papa, alternando la lettura del testo preparato con ampie aggiunte a braccio - Possiamo soltanto portare l’amore che Dio Padre ci dà, le carezze di Dio, accettate e ricevute da noi con amore. E possiamo portare quello che abbiamo fatto per gli altri». 

«Attenzione a non riporre - ha ammonito - la speranza nei soldi, nell’orgoglio, nel potere, nella vanità, perché tutto ciò non può prometterci niente di buono! Penso per esempio alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere; voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall’altra parte? No, tutto il frutto della sua corruzione ha corrotto il suo cuore e sarà difficile andare dal Signore». 

Lunedì scorso, nell'omelia di Santa Marta, Francesco aveva detto: «È tanto facile entrare nelle cricche della corruzione», in «quella politica quotidiana del do ut des» dove «tutto è affari»: «Quante ingiustizie, quanta gente che soffre per queste ingiustizie». 

Un tema ricorrente che l'allora cardinale Bergoglio aveva trattato in una meditazione nel 2005, parlando della corruzione che corrode la politica, l'economia, la società, arrivando a minacciare la stessa Chiesa. In quel testo - pubblicato l'anno scorso dalla Emi con il titolo «Guarire dalla corruzione» - il  futuro Papa spiegava che dalla corruzione si deve guarire proprio come da un male. «Potremmo dire che il peccato si perdona, la corruzione non può essere perdonata. Semplicemente per il fatto che alla radice di qualunque atteggiamento corrotto c'è una stanchezza della trascendenza: di fronte al Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell'espressione della sua salvezza». La corruzione, spiegava ancora Bergoglio, «odora di putrefazione». Il corrotto però, «come succede con l'alito cattivo», non se ne accorge. 

Nella catechesi di ieri Francesco  ha denunciato con forza anche la «tratta di persone e del lavoro schiavo»; gente che «sfrutta le persone con il lavoro schiavo» e che  «non hanno timore di Dio e non sono felici». Ed è tornato a citare anche i fabbricanti d'armi, dei quali ha già parlato in varie occasioni, durante un Angelus in relazione al conflitto in Siria e ancora durante il recente viaggio in Terra Santa. «Penso a coloro che fabbricano armi per fomentare le guerre; ma pensate che mestiere è questo». Questi «fabbricano la morte, sono mercanti di morte e fanno mercanzia di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio». 

Il Papa è apparso in buona forma: quella di ieri è stata per la prima apparizione pubblica da lunedì mattina, dopo la lieve indisposizione che lo ha fatto riposare per un giorno.  

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