sabato 28 giugno 2014

Segnali preoccupanti dal mondo: il rischio "default" dell'Argentina


Da Ansa Economia

Allarme Argentina, rischio default e crisi economica

Tre giorni per trattare, non c'e' accordo. Se Baires dovesse rispettare sentenza americana, dovra' pagare 120 miliardi di dollari

26 giu 2014

Cristina Fernandez de Kirchner, presidente dell'Argentina (foto: ANSA )
Cristina Fernandez de Kirchner, presidente dell'Argentina

Un accordo ancora non c'è con gli hedge fund. 
E l'Argentina attende che il giudice americano Thomas Griesa si pronunci sulla richiesta di stop temporaneo della sentenza prima di effettuare la prossima mossa. Nella consapevolezza che ''le trattative'' avviate non si chiuderanno in tre giorni, quelli che mancano al 30 giugno, termine per il pagamento dei creditori che hanno aderito al concambio e per quello - secondo quanto stabilito dalla giustizia americana - agli hedge fund.
   
Il ministro dell'economia dell'Argentina, Alex Kicillof, interviene all'Onu e lancia l'allarme: se Buenos Aires dovesse rispettare la sentenza americana si troverebbe a pagare, con le cause che ne seguirebbero, fino a 120 miliardi di dollari, una cifra che e' ''conservativa''. A meno di una sospensione temporanea della sentenza ci sarà ''probabilmente un default tecnico. Tutte le strade mettono l'Argentina a rischio di una crisi economica''. Kicillof annuncia che Buenos Aires scriverà sia al governo americano sia al giudice Griesa per chidere ancora una volta trattative eque.
   
L'Argentina e gli hedge fund hanno avviato contatti ma - afferma Daniel Pollack, lo 'special master' nominato per gestire e facilitare le trattative fra Buenos Aires e i fondi speculativi - ''nessuna soluzione'' è ancora stata raggiunta.
   
Una nota secca, quella diffusa da Pollack, che arriva mentre Kicillof attacca i fondi ''avvoltoi'' che spingono il paese verso il default.
   
Kicillof usa parole dure ma, allo stesso tempo, ribadisce la volontà dell'Argentina di onorare i propri impegni e di trattare in buona fede. La palla è nelle mani del giudice Griesa, la cui sentenza è stata convalidata dalla Corte Suprema americana.
 
Griesa ha stabilito che l'Argentina deve pagare per intero gli hedge fund che non hanno aderito allo swap del debito e deve farlo per poter pagare coloro che invece hanno accettato il concambio. Un pagamento, questo, in programma il 30 giugno: se l'Argentina non lo effettuerà ci sarà un default tecnico. Da qui la richiesta avanzata nelle ultime ore di sospendere temporaneamente la sentenza per poter pagare chi ha aderito allo swap e avviare trattative ''eque'' con gli hedge fund. Sulla richiesta Griesa non si è ancora pronunciato, ma i fondi speculativi gli hanno chiesto di respingerla. A guardare con attenzione agli sviluppi è Task Force per l'Argentina, che rappresenta i creditori italiani. Critica la posizione statunitense l'Unctad, l'agenzia per il commercio e lo sviluppo dell'Onu, secondo la quale la decisione della Corte Suprema americana avrà un impatto sul sistema finanziario globale, rendendo più difficili le future ristrutturazioni del debito.
   
Pagare simultaneamente chi ha aderito al concambio e chi non lo ha accettato significherebbe per Buenos Aires violare la clausola 'Rufo' (Rights upon future offers), che consente ai titolari di bond di chiedere rimborsi maggiori nel caso in cui l'Argentina paghi di più chi non ha accettato lo swap. L'Onu si spinge anche oltre e ritiene che la sentenza americana non rispetti la normativa statunitense della U.S. Foreign Sovereign Immunities Act

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